L’articolata iniziativa dedicata a Bernardino di Betto detto il Pintoricchio, promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la collaborazione di Regione Umbria, Provincia di Perugia, Comune di Perugia, Comune di Spello, Diocesi di Foligno, Camera di Commercio di Perugia e Fondazione Cassa Risparmio Perugia, ha lo scopo di celebrare il 550° anniversario della nascita di un protagonista del Rinascimento Italiano, artista-simbolo della città di Perugia, ma soprattutto di rinnovare l’attenzione del pubblico e della critica nazionale e internazionale per il patrimonio umbro.
La mostra dedicata al Pintoricchio, realizzata in occasione delle celebrazioni per il 550° anniversario della nascita di uno dei più interessanti protagonisti del Rinascimento italiano, simbolo della città di Perugia, è un ulteriore tassello che si inserisce nel grande progetto di valorizzazione del territorio e del patrimonio umbro, che è stato portato avanti dalla Galleria Nazionale dell'Umbria a partire dagli anni novanta del secolo. Dopo il successo delle mostre dedicate a Benedetto Bonfigli nel 1996, a Beato Angelico e Benozzo Gozzoli nel 2002, al Perugino nel 2004 e ad Arnolfo di Cambio nel 2006, la nuova rassegna monografica prosegue l’opera di valorizzazione dei grandi artisti umbri per rinnovare l’attenzione del pubblico e della critica nazionale e internazionale sul patrimonio artistico e culturale della regione e sulla sua straordinaria diffusione nel territorio.
La mostra monografica, che raccoglie più di 100 capolavori tra dipinti e disegni del grande maestro, tra cui la sua massima prova su tavola, la Pala di Santa Maria dei Fossi, è allestita nella sale della Galleria Nazionale dell’Umbria, una delle più importanti raccolte della pittura medioevale e rinascimentale italiana, dove nel dicembre del 2006 sono stati completati i lavori di recupero e di ampliamento degli spazi espositivi.
Una seconda sede espositiva è a Spello, nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Qui, nella Cappella Baglioni, più conosciuta come “cappella bella”, si trova un ciclo di affreschi considerato, insieme alla pala di Santa Maria dei Fossi, il capolavoro umbro dell’artista. Per garantire una migliore fruizione del prestigioso ciclo di pitture è stato approntato un accurato apparato didascalico e un nuovo impianto illuminotecnico permanente. Nella vicina Pinacoteca Civica è stata inoltre allestita una piccola mostra su “Pintoricchio e le arti minori”.
Le manifestazioni sono arricchite da percorsi e itinerari regionali che conducono il visitatore a scoprire nei luoghi di origine le testimonianze che ancora vi sono conservate dell’opera di Pintoricchio e della straordinaria stagione rinascimentale.
L’evento è stato realizzato grazie all’impegno congiunto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ha istituito un apposito Comitato Nazionale presieduto da Francesco Buranelli, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria e della Soprintendenza per i Beni Architettonici, per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico, della Regione dell’Umbria, della Provincia di Perugia, del Comune di Perugia, del Comune di Spello, della Diocesi di Foligno, della Camera di Commercio e della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Di fondamentale importanza è stato il supporto dell’Università degli Studi di Perugia.
Il programma, elaborato da un comitato scientifico presieduto da Vittoria Garibaldi e composto da studiosi e specialisti di rilievo internazionale, si svilupperà intorno a una mostra principale, che sarà realizzata a Perugia, nella sede della Galleria Nazionale dell’Umbria. Uno speciale collegamento esterno all’esposizione, ma di complementare riferimento, sarà realizzato a Spello, per la valorizzazione della “Cappella Bella” nella locale Chiesa di S. Maria Maggiore, capolavoro dell’artista. Per l’occasione sarà inaugurato un particolare allestimento illuminotecnico che consentirà la migliore fruizione del prestigioso ciclo pittorico, accompagnato da un accurato apparato didattico per la presentazione degli aspetti storico-artistici, iconografici e tecnici dell’opera. Nella stessa sede spellana, saranno inoltre realizzate originali iniziative di accoglienza con proposte teatrali e percorsi guidati inediti alla città.
Un particolare interesse sarà riservato alla “riscoperta” delle testimonianze pintoricchiesche ancora presenti nei luoghi di origine, che permetterà di ampliare l’offerta culturale con itinerari sul territorio coinvolgendo altri centri umbri, quali Trevi (Complesso Museale di San Francesco), Spoleto (Duomo), Orvieto (Duomo) , Città di Castello (Museo del Duomo), San Martino in Colle di Perugia (Chiesa della Madonna del Feltro), Spello (Chiesa di Sant'Andrea).
La Mostra alla Galleria Nazionale dell’Umbria
Nella rassegna monografica di Perugia vengono esposte gran parte delle opere mobili esistenti del Pintoricchio, alcune delle quali mai viste in Italia.
Si può così finalmente comprendere la statura del maestro e cogliere, a dispetto della critica vasariana, apertamente ostile nei suoi riguardi, il peso da lui avuto nelle vicende artistiche del Rinascimento italiano. Tutto parte da Perugia e dalla straordinaria stagione artistica che la città conosce nel corso del Quattrocento. La presenza in città di grandi maestri come Gentile da Fabriano, Beato Angelico, Domenico Veneziano, Piero della Francesca, Filippo Lippi, Benozzo Gozzoli e il costante rapporto con Firenze, favoriscono la formazione di una cultura figurativa locale molto ben aggiornata.
Il fascino che emanano le famose otto tavolette con storie di san Bernardino, datate 1473, eccelso paradigma della pittura perugina di quegli anni, deriva, come gli studiosi hanno sempre rimarcato, dalla loro raffinatissima, superlativa qualità. Bartolomeo Caporali, Sante di Apollonio, Pierantonio di Niccolò del Pocciolo, il Perugino, e il giovane Pintoricchio si dividono la paternità di questi dipinti, presentati in mostra nella originaria sequenza verticale secondo l’ordine suggerito dalle più recenti e accurate osservazioni tecniche.
Un risalto particolare assumono, nelle prime due sale, le opere di artisti come Bartolomeo Caporali, autore del bellissimo Gonfalone di Montone, di Benedetto Bonfigli, presentato attraverso la giovanile Annunciazione della collezione Von Thyssen di Madrid, e di Fiorenzo di Lorenzo, autore della deliziosa Madonna con il Bambino tra i santi Cristoforo e Sebastiano dello Städelesches Kunstinstitut di Francoforte, da alcuni ritenuta dello stesso Pintoricchio. Uno spazio di rilievo è riservato ai codici miniati che vedono all’opera abili maestri come Giapeco Caporali, fratello di Bartolomeo, Pierantonio di Niccolò di Pocciolo, Tommaso di Mascio detto “Scarafone” e lo stesso Pintoricchio.
E’ all’interno di questo vivace e informato circuito culturale che si colloca la prima educazione di Bernardino, propenso a recepire “da un lato la cronaca colorita e lucidissima delle opere del Bonfigli, a cominciare dagli affreschi della cappella dei Priori, straordinario diorama della società contemporanea, nitidissimo quadro di storia e di costume; dall’altro le smaltate preziosità dei manufatti che uscivano in gran copia dall’atelier di Caporali, artista poliedrico, versatile, esperto in molti campi compreso quello miniaturistico. Al mondo della miniatura si ispirano, del resto, le stesse tavolette bernardiniane, che, fin nella cornice, decorata a finti castoni, assomigliano a grandi pagine istoriate” (F.F.Mancini).
Agli esordi di Pintoricchio appartengono, probabilmente, il Crocifisso tra i santi Girolamo e Cristoforo della Galleria Borghese di Roma e il San Girolamo penitente della Walters Art Gallery di Baltimora, raffinati dipinti sulla cui paternità ancora oggi si discute, nonostante portino avanti con coerenza le brillanti sperimentazioni intraprese dal giovane maestro nelle tavolette di san Bernardino.
Le tappe della progressiva, formidabile ascesa del Pintoricchio, che nel giro di pochi anni diviene l’artista più apprezzato e ricercato dell’Urbe, passano attraverso una serie di prove murali che fanno conoscere la sua capacità di apparatore disinvolto ed estroso. Il suo ingresso nell’ambiente romano, sicuramente legato a particolari, fortunate circostanze, coincide quasi certamente con la decorazione della cappella del cardinale Domenico della Rovere in Santa Maria del Popolo, opera da datare, secondo una recente ipotesi, tra il 1477 e il 1479. Attivo a fianco del Perugino nel più grande lavoro di squadra della pittura quattrocentesca italiana, il ciclo figurato della Cappella Sistina (1481-1483), Bernardino si distingue, poco dopo, per la realizzazione dei murali della Cappella Bufalini in Aracoeli (1484-1485), per la decorazione del palazzo del Belvedere in Vaticano (1488) e per la decorazione del palazzo di Domenico della Rovere in Borgo (1490).
Ma l’impresa più stupefacente, quella per quale il pittore acquisisce grande fama e visibilità, è la decorazione dell’ appartamento di Alessandro VI Borgia in Vaticano, un estesissimo lavoro ad affresco, condotto in tempi brevissimi (1493-1494), pensato per soddisfare le aspirazioni autocelebrative del “papa di Valencia” e per compiacere il suo gusto ridondante e sfarzoso. A dividere con Pintoricchio la responsabilità di questa grande impresa è l’umbro Piermatteo d’Amelia, il mitico Maestro dell’ Annunciazione Gardner, caro a Federico Zeri. Di lui la mostra presenta lo strabiliante polittico della Pinacoteca Comunale di Terni (1483-1485), un’opera di impianto monumentale, indicibilmente accurata nella definizione delle forme e nell’analisi dei dettagli.
A richiamare l’impegno romano del Pintoricchio compaiono in mostra brevi sequenze filmiche, incisioni, disegni, acquerelli; ma soprattutto un bellissimo frammento, asportato in epoca storica dall’appartamento Borgia, oggi di proprietà della Fondazione Guglielmo Giordano di Perugia. Uno “snodo” fondamentale nel percorso artistico del Pintoricchio è rappresentato dalla Madonna della Pace di San Severino Marche, eseguita tra il 1488 e il 1499 su incarico di Liberato Bartelli, priore della cattedrale: un’ opera di rara bellezza, che consolida la fama dell’artista “capace, non meno del conterraneo Perugino, di trattare con affettuosa dedizione, con delicata quasi pudica finezza, un tema sentimentalmente devoto, raggiungendo un’unità di tono poetico” (F.F.Mancini).
La produzione su tavola degli anni novanta, ricca di opere “da cavalletto” distribuite in vari musei del mondo, è documentata attraverso la Madonna con il Bambino del Museum of Art di Raleigh, la Madonna che insegna a leggere al Bambino del Museum of Art di Philadelphia, la Madonna con il Bambino dell’Academy of Art di Honolulu, la Madonna del latte della Sarah Campbell Blaffer Foundation di Houston, la Madonna con il Bambino e san Girolamo della Gemäldegalerie degli Staatliche Museen di Berlino. Questa scelta selezione di dipinti, mai messi a confronto fino ad oggi, consente di approfondire la conoscenza dello stile maturo del maestro, caratterizzato da sofisticate squisitezze formali e da brillanti intonazioni cromatiche.
L’indiscusso capo d’opera di questo felice momento creativo è il grande polittico della Galleria Nazionale dell’Umbria, commissionato nel 1495 dai canonici regolari di sant’Agostino per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria dei Fossi a Perugia. Il magnifico complesso, ancora dotato della cornice originale, è senza dubbio la prova più alta lasciata dal Pintoricchio in patria, oggi al centro di nuovi approfondimenti; non a caso il percorso espositivo riserva a quest’opera uno spazio di assoluto rilievo.
La affiancano il magnifico Angelo di Raffaello, conservato nella Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, frammento della pala di San Nicola da Tolentino, capolavoro giovanile dell’Urbinate realizzato tra il 1500 e il 1501 per la chiesa di Sant’Agostino a Città di Castello, la cimasa della pala dei Decemviri (1495) e la pala Tezi (1500), entrambe di Pietro Perugino. Questa selezione di dipinti consente di comprendere come Perugia, a cavallo tra Quattro e Cinquecento, sia toccata da fatti artistici di formidabile spessore.
Mentre Bernardino rifinisce con grande cura la pala di Santa Maria dei Fossi, Perugino si accaparra due grandi commissioni: il polittico per l’altare maggiore della basilica benedettina di San Pietro (1495) e la decorazione delle pareti del Collegio del Cambio (1498). E’ a questo punto che Bernardino, dopo aver affrescato la Cappella Baglioni nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Spello (1500-1501), conscio di non poter reggere la concorrenza del più anziano rivale, abbandona il campo, accettando di lavorare per committenti senesi (primo fra tutti Francesco Tedeschini Piccolomini) e romani.
A eccezione di un breve intervallo, durante il quale l’artista torna in Umbria per dipingere la pala di Santa Maria della Fratta (1503), oggi nella Pinacoteca Vaticana, Pintoricchio non rientra più in patria. Se si escludono poche opere su tavola, di cui una presente in mostra, il bel tondo della Pinacoteca Nazionale di Siena, gli sforzi del Pintoricchio (e della sua attivissima équipe) si concentrano, in questa fase, nella decorazione murale.
Di tale produzione la mostra dà conto attraverso acquerelli ottocenteschi provenienti dal Victoria and Albert Museum di Londra (affreschi della Libreria Piccolomini di Siena), due affreschi provenienti dall’Art University Museum di Princeton, staccati da Palazzo Petrucci a Siena, incisioni provenienti dall’Istituto Nazionale della Grafica a Roma (affreschi di Santa Maria del Popolo a Roma).
La parte conclusiva del percorso è dedicata al non piccolo numero di maestri che hanno trovato alimento nello stile di Bernardino oltre che in quello di Perugino e Raffaello. In serrata sequenza sono presentati dipinti di Eusebio da San Giorgio, Berto di Giovanni, Sinibaldo Ibi, Mariano di Ser Austerio, Giovan Battista Caporali e Tiberio d’Assisi, maestri che con la loro operosa attività contribuiscono a delineare il famoso stile umbro, una precisa e riconoscibile linea espressiva basata più su un comune sentire, sulla condivisione di uno stesso clima culturale, che su una piatta e acritica imitazione dei modelli. In chiusura vengono esposti quattro tondi su tavola, uno in modo dubbio attribuito ad Eusebio da San Giorgio, due riferiti al cosiddetto Maestro del Tondo di Cortona, uno del cosiddetto Maestro del Tondo Campana. La problematicità di questi “casi”, tutti di grande interesse, dimostra che la ricerca è ancora aperta, che molti aspetti sono ancora da chiarire, che molte identità devono ancora essere svelate.
Appendice importantissima della mostra è una selezione di venticinque disegni provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, dalla Biblioteca Reale di Torino, dal Courtauld Institute di Londra, dallo Statens Museum di Copenaghen, dal Kupferstichkabinett di Berlino, dal British Museum di Londra, dal Départment des Arts Graphiques del Louvre, dal Castello di Windsor, dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dalla Graphische Sammlung Albertina di Vienna, dalla Biblioteca Palatina di Parma, dal Palais des Beaux Arts di Lille.
Il problema della grafica del Pintoricchio non era mai stato affrontato in modo organico. Basti dire che nella pur fondamentale esposizione di disegni umbri del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, curata nel 1982 da Sylvia Ferino Pagden, compariva un solo disegno attribuito alla bottega del Pintoricchio.
Già Oskar Fischel, nel 1917, aveva sottolineato la complessità di uno studio sulla grafica del maestro perugino, data l’assenza quasi totale di disegni preparatori per dipinti, con l’unica eccezione di un foglio con grottesche, conservato a Berlino (e ovviamente presente in mostra), riferibile alla decorazione della cappella Bufalini all’Aracoeli.
La selezione di disegni proposta per l’occasione da Claudia La Malfa si pone come “lavoro preliminare per l’identificazione di un nucleo di opere le cui caratteristiche stilistiche possano essere messe in relazione con la produzione di Pintoricchio”. I temi “che si sono rivelati più ricchi di novità ruotano intorno alle questioni dell’identificazione della cifra stilistica del Pintoricchio disegnatore, del suo rapporto con Perugino, della modalità di lavoro dei numerosi artisti coinvolti nelle botteghe dei due pittori, e, infine, del rapporto tra Pintoricchio e Raffaello, in particolar modo dell’impatto che il primo ebbe sull’attività del secondo”.
Vittoria Garibaldi
Francesco Federico Mancini
Pintoricchio a Spello:
La cappella Baglioni o “cappella bella”
Conclusa la decorazione della cappella Eroli nel Duomo di Spoleto (1497), Pintoricchio fa ritorno a Perugia. Gode della protezione di personaggi influenti come Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI, il quale non esita a intervenire (14 ottobre 1500) in suo aiuto, sollecitando la tesoreria apostolica perugina affinché conceda al pittore il “consueto” sussidio per la cisterna di casa.
Sarà Troilo Baglioni, fratello di Gian Paolo, il più autorevole esponente della nota e potente dinastia perugina, ad offrire al pittore l’occasione di iscrivere il suo nome nel capitolo più luminoso della storia artistica regionale; quello che vede nascere, praticamente in parallelo, le tre maggiori imprese decorative dell’ Umbria: il Collegio del Cambio a Perugia, la cappella di San Brizio ad Orvieto e la cappella Baglioni a Spello.
E’ stato detto che sulla scelta di Troilo dovette pesare più che il desiderio di “celebrare una tappa della sua carriera ecclesiastica” (l’elezione a priore della collegiata), l’intento di “contrastare, o meglio cancellare, l’effetto provocato dalla cappella di Grifonetto Baglioni, dipinta pochissimi anni prima” nella vicina chiesa di Sant’Andrea. In tal caso la decorazione della cappella Baglioni assumerebbe un preciso significato politico e il suo squillante cromatismo potrebbe essere letto come “fragoroso” manifesto del clan vincente, intenzionato a rendere apprezzabile, attraverso una vistosa prova artistica, la sua autorevole presenza a Spello, cittadina che per tutto il Quattrocento era stata al centro delle lotte di potere tra le avverse fazioni della “casa bagliona”.
E’ sorprendente scoprire che Giorgio Vasari non segnali, tra le opere del Pintoricchio, gli affreschi di Spello. Eppure doveva conoscerli, se a guidarlo nella visita di Assisi e del circostante territorio, era stato il pittore umbro Dono Doni, ottimo conoscitore della situazione locale. La sua omissione è dunque intenzionale, il suo oblio è “programmato” e non può avere altra spiegazione se non quella di tenere lontano il lettore delle “Vite” da un autentico capolavoro, da un’opera che è difficile giudicare “goffa”, “eretica”, priva di sapienza prospettica e di misura formale.
Di fronte alla cappella Baglioni lo storiografo aretino si trova in difficoltà e non potendo, come per la Libreria Piccolomini, attribuire ad altri il merito dell’eccellente risultato, preferisce sorvolare. Se la cava collocando il ciclo spellano tra le “infinite altre opere”, realizzate dal Pintoricchio “per tutta Italia”, ma “che per non essere molto eccellenti, ma di pratica, le porrò in silenzio”.
Una valutazione obiettiva della cappella Baglioni lo avrebbe portato a rivedere il clichè storiografico che dipingeva l’arte umbra come un fenomeno di provincia e il Pintoricchio come un illustratore a metraggio, trito e volgare.
Ma tant’è.
Il silenzio del Vasari pesò sugli affreschi di Spello come un macigno.
E’ significativo che a loro difesa si levò soltanto la voce, flebile ma appassionata, di un erudito locale attivo tra Cinque e Seicento, Fausto Gentile Donnola, che nella Historia della terra di Spello, parlando di quella che “per antonomasia è da tutti nominata la cappella bella” si preoccupò di annotare che lì “tutte le pitture sono di naturale d’homini e di donne che vivevano l’anno 1500, nel quale furono dipinte da Bernardino Pittoricchio pittore da Perugia e celebratissimo” e che “li colori di dette pitture sono finissimi e chiunque le mira resta stupito”.
Gli affreschi vennero realizzati tra l’autunno del 1500 e la primavera del 1501. Come nella cappella Bufalini, la decorazione si sviluppa sulla volta e su tre delle quattro pareti, essendo la quarta occupata dall’arco d’ingresso. E come nella cappella Bufalini un finto telaio architettonico funge da cornice prospettica. Un parapetto dipinto, intarsiato con marmi colorati, consente alle scene di “sollevarsi” da terra quanto basta perché l’occhio si allinei con il punto dell’orizzonte.
Non ci sono concessioni a iperboli prospettiche o a vedute angolari. L’artista costruisce lo spazio pittorico ponendosi al centro del quadro; l’osservatore deve fare altrettanto. Che Pintoricchio intenda stabilire un “dialogo” con chi ammira le sue pitture, lo dimostra il bellissimo, penetrante, ritratto allo specchio inserito nella scena dell’Annunciazione. Il volto del pittore, girato di tre quarti, incontra lo sguardo di chi entra nella cappella. Non incute soggezione, non è retorico o pomposo neanche nella scritta che lo accompagna: “Bernardinus Pictoricius Perusinus”. Siamo molto lontani dal sussiegoso compiacimento con cui “Pier della Pieve” si espone al pubblico della sala del Cambio, in cerca di applausi, consapevole, come recita la sottostante iscrizione, di aver portato l’arte della pittura alle vette più alte.
Gli eventi fondanti del cristianesimo, il Concepimento, la Natività e l’Epifania di Cristo, preannunciati dalle Sibille sulla volta della cappella, sono illustrati sulle pareti attraverso i temi dell’Annunciazione, del Presepio e della Disputa con i dottori.
La vasta erudizione antiquaria che sta alla base di queste scelte decorative, si coglie nella prima scena del ciclo (che tale non è in ordine di esecuzione), quella con l’Annuncio a Maria, dove non mancano citazioni dall’antico, a cominciare dalle decorazioni dei pilastri che sostengono le volte o dal pavimento a intarsi marmorei, ricordo di una giovanile frequentazione della bottega del 1473.
Costruito con notevole sapienza prospettica, questo interno è raccontato con lucida obiettività. I virtuosi artifici dell’illusione pittorica si esercitano nel solo nel trompe-l’oeil che contorna il ritratto del pittore, ma anche nel portalino di sinistra, chiuso da un naturalistico battente in legno con tiretto di metallo e toppa per la chiave, nella finestrella di destra, protetta da una grata metallica dietro la quale fa bella mostra di sé un’ anfora biansata, nel leggio, che sembra prelevato “di peso” da un coro monastico e che nel motivo dei cavalieri in lotta, rappresentati nel nodo, si rifà a modelli classici, forse ai rilievi dell’arco di Costantino (il motivo era già stato utilizzato dal Pintoricchio nella pala di Santa Maria dei Fossi, esattamente nel postergale del trono della Vergine).
L’iconografia sviluppata nella scena del Presepio (la prima ad essere realizzata) è più complessa di quanto appaia a prima vista. Premesso che episodi accaduti in luoghi e momenti differenti sono riuniti sotto lo stesso cielo (Natività, Annuncio ai pastori, Adorazione dei Magi), la prima cosa che balza all’attenzione è la molteplicità delle fonti utilizzate.
La storia dipinta non è ipirata ai Vangeli canonici, che ambientano la nascita di Gesù a Betleem (Luca 2, 1-20; Matteo 1, 24-2; 2, 1-12), ma al Vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo e alla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, concordi nel collocare il parto di Maria fuori della città; in una grotta, secondo lo Pseudo Matteo, sotto una tettoia adibita a stalla, secondo Jacopo da Varazze.
Né l’uno né l’altro fanno riferimento al Bambino nudo, steso per terra, quale appare in questo caso e quale si vede in altre opere del Quattrocento, certamente conosciute dal maestro, prima fra tutte l’Adorazione dei pastori di Bartolomeo Caporali. E’ Santa Brigida nelle Celesti Rivelazioni a raccontare che “così improvviso ed istantaneo era stato quel modo di partorire, che io non potei scorgere né distinguere come il parto era avvenuto.
Io vidi subito il Bambino giacere a terra glorioso, nudo ma pulitissimo: la sua pelle era nitidissima e sul suo corpo non c’era ombra di lordura e di immondezza. In quell’istante, io udii anche il canto, di mirabile soavità e di grande dolcezza, degli Angeli”.
Numerose sono le figure che affollano questo Presepe: alcune sono “vecchie conoscenze”, “comparse convocate per l’occasione”, immagini facenti parte del repertorio del pittore. Originale è, invece, il gruppo dei Re Magi, “cavalcata principesca della Rinascenza (con giovani uomini riccamente vestiti, il cane, il falco ecc.) ricca di bei particolari e di colore” dove, a parte qualche figura convenzionale, si coglie l’impegno dell’artista nel conferire carattere ai personaggi: “molle e lezioso” è il paggio attempato che si appoggia al cavallo bianco, “soavi e leggiardi” sono i giovani che cavalcano due bruni destrieri, elegante e malinconicamente pensieroso è il giovane mago che mostra il contenuto della sua ampolla.
Superbi brani di pittura sono anche i pastori in adorazione del Bambino, rappresentazioni spietate di un’ umanità emarginata e derelitta. Pintoricchio, scrive Cesare Brandi, osservando la Natività ancor fresca di restauro, dipinge “una esplosione della primavera”; “l’aria è limpida come il vetro, il verde miracolosamente verde, senza alterazione, e l’azzurro fondo e sonoro”. La luce passa “attraverso il fitro depurante di tanto verde, di tanto celeste”. Il fascino di questo grande intarsio colorato risiede nei mille particolari, che a prima vista quasi non si vedono. “Bisogna cercarli - è ancora Brandi a parlare - come in quei giochi di linee confuse dove, dato il cacciatore, va trovata la lepre. Ma non che l’affresco sia confuso; niente si può immaginare di più limpido, di più botanico, di più fresco”.
L’ultima scena, la Disputa di Gesù con i dottori, è costruita con un doppio punto di fuga; il primo, che coincide con i piedi di Gesù, è determinato dalla convergenza delle diagonali visive che partono dall’arcone di raccordo tra lo spazio reale e la finzione pittorica; il secondo, più elevato, è determinato dalle direttrici prospettiche del pavimento che convergono verso il tempio di Salomone. I personaggi si dispongono ordinatamente all’interno di queste due “scatole” spaziali.
Non tutte le figure rivelano l’imprinting pintoricchiesco. Il committente ha fretta di concludere e il maestro velocizza il lavoro affidando le figure di repertorio, “di pratica” come le chiama il Ricci, a qualche abile allievo. Si è fatto il nome di Eusebio da San Giorgio, che proprio a Spello collabora col Pintoricchio portando a termine la pala della chiesa di Sant’Andrea (1506); ma si è anche parlato di Tommaso Corbo, il pittore spellano scelto dal Pintoricchio per custodire il bozzetto della pala.
Si è infine chiamato in causa l’anonimo autore degli affreschi della chiesa San Girolamo, annessa al convento dei minori osservanti di Spello. Il problema è indubbiamente complesso. Una cosa è ad ogni modo certa: Pintoricchio interviene personalmente in buona parte dei personaggi collocati alla destra di Gesù: particolarmente riusciti sono il ritratto di Troilo Baglioni, “attempato e grinzoso”, che indossa l’abito nero, distintivo del suo rango, e il ritratto dell’ uomo che gli sta accanto, “fine di volto, dalla bocca stretta e dal naso arguto”, identificato nel tesoriere dell’impresa. Di eccellente qualità sono anche i due fanciulli in primo piano che si scambiano gesti affettuosi e che “formano una nota di tenera piacevolezza”. (tratto da Francesco Federico Mancini, Pintoricchio, Milano, Silvana Editoriale, 2007, pp. 183-202)
Spello, Pinacoteca Comunale
Pintoricchio e le arti “minori” a cento anni dalla Mostra di Antica Arte Umbra
Bernardino di Betto detto il Pintoricchio, fu uno degli artisti più celebri del suo tempo, chiamato da pontefici come Alessandro VI, e dalle principali famiglie aristocratiche tra Roma, Perugia e Siena.
Era soprattutto un abilissimo ‘illustratore’ ad affresco, ma nei suoi racconti per immagini emerge uno speciale interesse e una spiccata curiosità verso il mondo delle cosiddette “arti minori”, un termine nato solo più tardi, perché fino al primo ‘500 non si faceva alcuna distinzione d’importanza tra le varie discipline artistiche che avevano tutte pari dignità. Le arti suntuarie, come l’oreficeria, e le arti applicate, come la miniatura, l’intarsio in legno, la maiolica dipinta e le arti tessili, erano strettamente correlate con l’attività degli artisti più noti. Nelle loro botteghe spesso si praticavano più discipline, e non di rado erano i pittori a fornire disegni per gioielli, ricami, tarsie e quant’altro. Le opere di Pintoricchio sono colme di dettagli raffiguranti oggetti d’oreficeria e gioielli di ogni tipo, ceramiche, tessuti, paramenti sacri e capi d’abbigliamento alla moda, libri miniati, intagli e tarsie lignee, sempre disegnati e dipinti con un gusto e una fantasia che sottintendono spesso una consapevolezza tecnica e formale.
La mostra, attraverso l’esposizione di questi oggetti, in molti casi quasi identici a quelli che il pittore ha riprodotto fedelmente, documenta in primo luogo l’interesse di Bernardino verso ogni campo delle arti applicate. All’opposto, con alcuni pezzi dietro ai quali è chiarissima la dipendenza dai disegni di Pintoricchio o dal ricchissimo repertorio della sua pittura, intende sottolineare come questo mondo di artisti-artigiani recepì le suggestioni del linguaggio pintoricchiesco, in Umbria come a Siena, sua seconda patria.
La sezione d’apertura è invece dedicata al ricordo della Mostra di Antica Arte Umbra del 1907, perché proprio tra fine ‘800 e primo ‘900 la critica riscopre Pintoricchio dopo la spietata sentenza di Vasari che aveva determinato oltre trecento anni di ‘isolamento’.
Ma il clima era cambiato e ai primi del secolo la moda delle arti decorative e del gusto Liberty era in tutto affine al disegno lineare, elegante e colorato del nostro pittore.
E in questa temperie non si poté che rivalutare anche le arti “minori” del Medioevo e del Rinascimento, che in centinaia di esemplari trovarono spazio alla Mostra del 1907, un evento che spostò oltre 30.000 visitatori.
Vedi anche IL PINTORICCHIO A PALAZZO BALDESCHI AL CORSO
Rientra definitivamente in Italia la “Madonna col Bambino” di Pintoricchio. L’ha acquisita a Vienna la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia Sarà esposta a Palazzo Baldeschi in concomitanza con le mostre umbre sul Maestro
Informazioni utili
Pintoricchio
Dal 2 febbraio al 31 agosto 2008
www.mostrapintoricchio.it
tel 199 199 111 e-mail: servizi@civita.it
tel 199.151.123 e-mail: infoline@sistemamuseo.it
PERUGIA
Galleria Nazionale dell’Umbria
Corso Vannucci, 19
ORARI:
Tutti i giorni
2 febbraio - 30 marzo 2008 dalle ore 9.30 alle 19.00
31 marzo - 31 agosto 2008 dalle ore 9.30 alle 20.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
BIGLIETTI (comprensivi di deposito borse)
intero € 10,00
ridotto € 8,00 minori di 18 e maggiori di 65 anni, gruppi (minimo 15 persone), universitari con tesserino, possessori della Card Perugia Città Museo, titolari di convenzioni
ridotto scuole € 4,00
gratuito minori di 6 anni, diversamente abili, due insegnanti accompagnatori, giornalisti con tesserino
integrato € 12,00 (Mostra+Galleria Nazionale dell’Umbria)
cumulativo € 12,00 (Mostra a Perugia+Cappella Baglioni e Pinacoteca
Civica di Spello)
Pintoricchio Card € 17,00 (Mostra a Perugia+Cappella Baglioni e Pinacoteca Civica di Spello+Galleria Nazionale dell’Umbria e altri siti e vantaggi del circuito Perugia Città Museo).
PRENOTAZIONE € 1,50 per persona,
€ 0,50 a studente
AUDIOGUIDE € 5,00
VISITE GUIDATE (per gruppi di massimo 25 persone)
Scuole Visita guidata (1h) € 60,00
Visita con animazione (1h 1/2) € 75,00
Visita a tema Mostra + Galleria Nazionale dell’Umbria (2h) € 90,00
Gruppi (radioguida inclusa)
Visita guidata (1h) € 100,00
Visita guidata Mostra + Galleria Nazionale dell’Umbria (2h) €165,00
In lingua (radioguida inclusa)
Visita guidata (1h) € 125,00
Visita guidata Mostra + Galleria Nazionale dell’Umbria (2h) € 210,00
RADIOGUIDE € 30,00
L’uso delle radioguide (sistemi con microfono per la guida e apparecchi riceventi per i visitatori) è obbligatorio anche per i gruppi con guida propria
SPELLO
Cappella Baglioni nella Chiesa di Santa Maria Maggiore
e Pinacoteca Civica Piazza Giacomo Matteotti
ORARI
Cappella Baglioni
l’accesso è programmato nel rispetto delle funzioni religiose ed è possibile per un massimo di 25 persone ogni 15 minuti.
2 febbraio–30 marzo dal lunedì al sabato dalle ore 9.30 alle 19.00
le domeniche e il 24 marzo dalle ore 12.30 alle 19.00
31 marzo–31 agosto dal lunedì al sabato dalle ore 9.30 alle 20.00
le domeniche dalle ore 12.30 alle 20.00
Chiuso il 25 maggio (Corpus Domini)
Pinacoteca Civica Tutti i giorni dalle ore 10.30 alle 18,30
(le biglietterie chiudono 30’ prima)
BIGLIETTI (comprensivi di deposito borse)
intero € 5,00
ridotto € 4,00 minori di 18 e maggiori di 65 anni, gruppi
(minimo 15 persone), universitari con tesserino, possessori della Card Perugia Città Museo, titolari di convenzioni
ridotto scuole € 2,00
gratuito minori di 6 anni, diversamente abili, due insegnanti accompagnatori, giornalisti con tesserino
cumulativo € 12,00 (Mostra a Perugia+Cappella Baglioni e Pinacoteca Civica di Spello)
Pintoricchio Card € 17,00 (Mostra a Perugia+Cappella Baglioni e Pinacoteca Civica di Spello+Galleria Nazionale dell’Umbria e altri siti e vantaggi del circuito Perugia Città Museo).
PRENOTAZIONE € 1,50 per persona,
€ 0,50 a studente
AUDIOGUIDE € 4,00
Il catalogo e le altre pubblicazioni
In occasione della mostra verrà realizzato un prestigioso catalogo a cura di Vittoria Garibaldi e Francesco Federico Mancini, che costituirà la più completa monografia su Pintoricchio. Con saggi di illustri studiosi e contributi dei curatori, il volume sarà corredato da ampi apparati e da un regesto illustrato di tutte le opere.
Silvana Editoriale realizzerà inoltre la guida di Paola Mercurelli Salari dedicata agli itinerari pintoricchieschi in Umbria e riediterà il volume Pintoricchio a Spello.
La Cappella Baglioni in Santa Maria Maggiore a cura di Giordana Benazzi.
Verrà infine realizzato un filmato, disponibile in DVD, dedicato a Pintoricchio in Umbria. Presenterà tutte le sue opere nel territorio regionale raccontando quindi i luoghi e le città che le custodiscono.
La “Pintoricchio Card”
D'intesa con il Consorzio Perugia Città Museo, che gestisce con successo le card per i musei della città, durante la mostra è stata attivata la PINTORICCHIO CARD.
La Pintoricchio card permette l’ingresso:
- alla MOSTRA DI PERUGIA
- alla MOSTRA DI SPELLO
- alla GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA
- agli altri MUSEI ADERENTI AL CONSORZIO:
Cappella di San Severo
Ipogeo dei Volumi
Museo Archeologico Nazionale dell'Umbria
Museo Capitolare
Museo delle Porte e delle Mura urbiche
Nobile Collegio del Cambio
Nobile Collegio della Mercanzia
Palazzo della Penna
Pozzo etrusco
Centro servizi museali della Rocca Paolina
Palazzo Baldeschi al Corso
La card permette, inoltre, l’accesso ad altri servizi, prevedendo riduzioni e sconti:
sulla tariffa di sosta giornaliera presso il Parcheggio Sipa di Piazza Partigiani;
presso alcuni esercizi commerciali del centro storico di Perugia, aderenti al “Collegio Arti e Mestieri”;
sul biglietto d’ingresso del cinema “Teatro del Pavone”;
sul biglietto del “Perugia City Bus”.
sul biglietto d’ingresso ai musei che aderiscono alla Convenzione Intercomunale Musei:
AMELIA: Museo Archeologico
BETTONA: Pinacoteca Comunale
BEVAGNA: Circuito Museale (Museo, Ed. Termale, Teatro Torti)
CASCIA: Museo-Chiesa di Sant’Antonio
CASCIA: Museo Comunale di Palazzo Santi
DERUTA: Museo Regionale della Ceramica
DERUTA: Pinacoteca Comunale
GUALDO TADINO: Museo Civico – Rocca Flea
MONTEFALCO: Chiesa Museo di San Francesco
MONTONE: Museo Chiesa di San Francesco
MONTONE: Museo civico “Il Tamburo parlante”
NOCERA UMBRA: Museo Civico di San Francesco
TREVI: Complesso museale di San Francesco
UMBERTIDE: Museo di Santa Croce
La PINTORICCHIO CARD è in vendita nelle sedi di mostra e nei musei elencati al costo di Euro 17,00. Per l’ingresso nei musei sarà valida 3 giorni dal primo accesso, mentre per le mostre è valida per tutto il periodo di apertura.
Argomenti correlati: #arte, #mostra, #perugia, #pintoricchio
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