REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno IV n° 10 OTTOBRE 2008 - IL MONDO - cronaca dei nostri tempi |
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Sulle possibili cause del CCD (Colony Collapse Disorder), che ha fatto sparire fino al 90% delle api operaie sulla costa ovest degli Stati Uniti e che oggi ha raggiunto anche l’Italia, ci sono varie teorie: c'è chi all'inizio dava la colpa alle emissioni dovute ai ripetitori per telefonia mobile. Si pensava infatti che le onde elettromagnetiche prodotte dai nostri amati cellulari, mandassero in palla il TomTom delle api e che per questo si perdessero come una famiglia in vacanza senza mappa dell'ACI. Questa teoria è stata poi in parte smentita da una ricerca condotta dall'università di Landau, con la quale si sono potuti riscontrare delle sensibilità minime nei confronti delle onde prodotte da un cordless, ma che comunque non spiegavano una tale ecatombe. Altri vogliono mettere al rogo alcuni pesticidi che si sarebbero rivelati particolarmente pericolosi per le api, l'uso di questi prodotti infatti crea a lungo andare ceppi resistenti di parassiti e come se già questo non bastasse uccide, oltre le api, anche le protezioni naturali, come gli uccelli insettivori l'ultimo baluardo di madre natura per le nostre amichette produttrici di miele. Ma la legislazione va controcorrente. Infatti dall' 1/09/2008 i limiti legali massimi ammessi per i pesticidi nei cibi aumenteranno considerevolmente a causa della nuova legislazione che porta i limiti di tolleranza a quelli previsti dalla UE. “Le api non muoiono solo per neonicotinoidi, ma a causa dell’intero arsenale chimico non testato” denuncia con forza Massimo Ilari, Direttore Editoriale di Apitalia. E aggiunge. “A proposito di neonicotinoidi se fanno male alle api fanno male anche agli altri animali e all’uomo.” Il mais, ad esempio, che è trattato con queste sostanze è utilizzato per la preparazione di olio, biscotti, cibi per celiaci e altro. Quindi i danni sono per tutti noi. E’ giunto il momento di vedere il fenomeno nella sua completa interezza e ammettere che stiamo attraversando un momento di crisi veramente delicato dal quale difficilmente si potrà uscire. Il fenomeno della moria della api imperversa su scala mondiale, basti pensare che in Italia, solo nel 2007 si è registrata la perdita di 200.000 alveari. Forse abbiamo realmente superato il limite stavolta, forse le api sono un segno, forte, deciso. Ci stiamo spingendo troppo oltre? Sì. Stiamo chiedendo troppo senza dare nulla in cambio? Sì. Perché un frutto della terra possa essere pronto da mettere a tavola è necessario un preciso lasso di tempo, né più né meno...esattamente quello che serve per catturare in sé tutta la magia della creazione e poi offrirla in dono a chi la coglierà. Mentre invece l'uomo non ha più tempo...deve fare in fretta, deve avere tanto e subito, perché come un bambino viziato, non riesce ad aspettare che i tempi e i frutti della terra siano maturi...e allora via con gli OGM, con la soia che può sostituire la carne, vai con le mele così rosse e grosse da sembrare quella di Biancaneve, per scoprire poi che è stata raccolta da tanto di quel tempo da far pensare che forse è veramente quella della strega cattiva... Soluzioni? Apparentemente nessuna. Certo si sta facendo qualcosa per tamponare le perdite, per evitare il diffondersi a macchia d'olio del problema: “la decisione del Ministro Zaia riguardo l’utilizzo dei pesticidi killer delle api è senz’altro positiva. Ora, però, non bisogna davvero perdere più tempo, anche perché fra poche settimane per molte colture è previsto il trattamento con prodotti a base di neonicotinoidi, le sostanze imputate di essere responsabili della moria delle api”, così Ermete Realacci, Ministro dell’Ambiente del Governo Ombra del Pd, commenta la notizia di un possibile blocco da parte del Ministero dell’Agricoltura di pesticidi killer. La tempestività è ora l’unica arma per cercare di sconfiggere questo male che ha pesantemente colpito un settore tanto importante della nostra agricoltura”. Non capiamo che, se in natura ci sono le mucche, nate per diventare fiorentine ai ferri, per quale motivo devo andare a mangiarmi la soia che sa di quarto di bue? Anziché pensare ai surrogati di qualcosa, che grazie al cielo esiste ancora, perché non coccoliamo, curiamo e facciamo sviluppare queste risorse fondamentali per noi? Ma la cara vecchia e non nociva coltura con i ritmi naturali e biologici dove è andata a finire? Lo sfruttamento del terreno al massimo delle sue potenzialità e del suo rendimento, sia in termini di spazio che di coltivazione è stato usato dagli egizi mica da dei pinco pallino qualsiasi, e se loro sono riusciti a costruire le piramidi con la sola forza di possenti braccia chissà come dovevano fare bene le cose che mangiavano... Riprendere le vecchie abitudini non vuol dire dare un calcio al progresso e tornare a zappare i campi con il bue e l'aratro, ma credo sia necessario al giorno d'oggi smettere di sperimentare, di giocare a fare Dio con qualcosa che se si arrabbia ci sotterra tutti senza tanti complimenti... Ma intanto i nostri campi sono diventati “sterili”, senza umus, e producono solo se irrorati da schifezze chimiche e le api muoiono.
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