Una delle novità importanti, introdotte dal Governo Prodi per la difesa dei consumatori dalle “piccole frodi” perpetrate in continuazione su una grande massa di utenti, è stata la “Class Action”, cioè l’azione di difesa collettiva. Con questa dizione si intendono genericamente quei meccanismi processuali idonei ad ottenere il risarcimento del danno, subito singolarmente, da un gruppo di cittadini a causa dell’illecito prodotto da un soggetto professionale in modo seriale.
Il nuovo articolo 140 bis del Codice del consumo sarebbe dovuto entrare in vigore dal 1° luglio 2008, ma il governo disse che nella formulazione dell’articolo c’erano dei “problemi” e che questi avrebbero potuto, senza un’adeguata definizione, creare casi problematici. Sicuramente problemi gravi avrebbero dovuto sostenere Poste e Ferrovie i cui servizi troppo spesso non rispondono agli impegni presi. Chi ha provato a chiedere un rimborso alle ferrovie o alle Poste sa quali e quanti sono i cavilli a cui questi enti si attaccano e sicuramente per qualche euro a nessuno viene in mente di scomodare un avvocato per fare causa. Ma non sono solo questi due enti enormi, sia per le dimensioni che per la quantità di disservizi, ad essere interessati a evitare che la ”Class Action” li costringa a essere corretti nell’adempimento degli impegni sottoscritti
Vi è un gran numero di imprese, che operano spesso al limite del truffaldino, ma che per la minima dimensione del contestabile la passano liscia; e poi molti enti erogatori di servizi come: telefono, luce, acqua e gas commettono irregolarità, ma, sempre a causa della esiguità economica degli “errori” e della difficoltà a giungere ad un accordo benevolo, queste irregolarità non vengono nemmeno fatte rilevare.
La “Class Action” dovrebbe proprio eliminare quella barriera causata dal “minimo importo” e dagli alti costi di una causa e quindi garantire i consumatori e togliere dal mercato una concorrenza sleale, fatta dalle imprese che ricorrono alla “microtruffa”, verso quelle che si comportano nella in modo corretto.
A luglio il governo aveva rinviato l’entrata in vigore della legge al 1 gennaio 2009, appunto per procedere ai necessari chiarimenti, ma in questi giorni è emersa l’intenzione di una revisione più complessiva dell'articolo 140-bis, che renderebbe molto più difficile il ricorso all’azione collettiva.
Le modifiche, fino a qualche giorno fa, erano coperte da una specie di “segreto” e nessuno ne parlava, ma il silenzio è stato rotto dall’Unione Consumatori che ha reso pubblico il progetto di modifica della legge.
“Avevano tutte le ragioni per tenerlo nascosto nel cassetto, perché è evidente la mano di Confindustria”, commenta Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori. “Abbiamo deciso di divulgare il testo - prosegue l’avv. Dona - non appena ne siamo entrati in possesso, perché non è ammissibile questo assordante silenzio su un tema così importante per tutti i cittadin,i che sono quotidianamente offesi dalle scorrettezze delle grandi aziende”. “Nel merito -continua il Segretario generale- si comprendono le ragioni della inusuale riservatezza adottata dal Governo rispetto al nuovo testo di legge: una procedura completamente nuova rispetto all’attuale articolo 140-bis del Codice del consumo che, invece di risolverne le criticità, è tutto ispirato dalla preoccupazione di realizzare meccanismi tali da proteggere le aziende scorrette dal rischio di dover concretamente rispondere ai cittadini in caso di danni seriali: in tal senso si devono interpretare la previsione di un controllo del Giudice circa il fatto che il proponente appaia ‘in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe’ (con forti dubbi di costituzionalistá) e l’irrigidimento della competenza territoriale (rimessa ai tribunali del capoluogo di Regione evidentemente ‘più controllabili’). Ma lascia perplesso anche l’onere di pubblicità a carico di chi avvia l’azione, come condizione di procedibilità”. “Un altro aspetto caratterizzante della nuova disciplina -conclude l’avv. Dona- è certamente quello della legittimazione attiva oggi estesa a ciascun individuo e non più consentita solo agli enti collettivi: essa nasconde il tentativo di annacquare il ruolo delle associazioni dei consumatori e di favorire la lobby dell’avvocatura, che evidentemente ha avuto modo di interferire sull’attività legislativa molto più di quanto non abbiano potuto fare i rappresentanti dei cittadini”.
L’importante associazione ha individuato nella modifica della legge un escamotage per renderela inapplicabile; infatti nel nuovo testo il costo dell’azione legate, in caso di perdita della causa, sembrerebbe gravare in modo ponderante sul proponente e quindi a nessuno verrebbe in mente di correre questo rischio.
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