Sto leggendo con interesse il saggio: “L’arte della vita”, Editori Laterza, di Zygmunt Bauman, insigne pensatore e professore di sociologia nelle Università di Leeds e Varsavia.
Ve ne parlo consapevole del fatto che si avvicinano le vacanze e che questo non è un libro “da ombrellone”, poiché richiede concentrazione, pur non essendo affatto un’opera per soli addetti ai lavori. Quella che desidero qui proporre, però, non è una recensione, ma una riflessione su parte dei suoi contenuti, attraverso alcune frasi che per me sono state particolarmente significative e che vi sottopongo, sperando di suscitare una conversazione, con voi stessi o anche (volentieri!) con me (seppure solo virtuale).
Ragionare sul senso della vita non è mai, a mio avviso, una perdita di tempo e anzi sono convinta che aiuti a vivere meglio!
“La nostra vita è un’opera d’arte, che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no”, recita la frase sul retro della copertina. Credo di avere acquistato il libro per questo.
“Dobbiamo tentare l’impossibile”, ecco uno degli imperativi dell’autore. Porci delle sfide che, nel momento in cui vengono poste, appaiono nettamente al di sopra della nostra portata. Non “lasciarsi vivere”, dunque, ma essere registi e artefici, per quanto possibile, dell’avvenire. Già questo suggerimento ha provocato in me diciamo tre (in realtà di più, ma le riduco per semplificare) domande: come sto vivendo? Perché, da un po’ di tempo a questa parte, non mi pongo più sfide? Cerco ancora la felicità?
Non vi svelerò le risposte che mi sono data, che peraltro (purtroppo) nemmeno a me sono così chiare… forse la mia confusione specchia quella generale della nostra società post-moderna, da Bauman definita ′liquida′ (cioè che tutto modifica e consuma con rapidità), in cui non ci è data la possibilità di mettere nulla bene a fuoco.
“Pascal sostiene che gli uomini evitano di guardare dentro sé stessi e non smettono mai di correre, lo fanno nella vana speranza di sfuggire a un incontro faccia a faccia con la loro condizione […] E’ quella morbosa inclinazione a correre […] la vera colpevole, secondo lui, di ogni infelicità”. (pag.48).
…Quanto mi riconosco! Non so a voi, ma a me spesso sembra che l’unico scopo non sia arrivare, bensì correre…
Mi è chiaro quanto risulti impossibile riportare qui le frasi che ho sottolineato, devo forzosamente compiere un’ampia selezione. Come nella vita. Scegliere significa questo. Ogni volta che si fa una scelta, anche in apparenza piccola, si rinuncia ad altro e s’imprime una forma al proprio futuro. Qualsiasi cosa facciamo o non facciamo, produciamo una differenza, anche se non ne siamo consapevoli. Così, almeno in teoria, dovrebbe essere. Così forse è stato fino ad alcuni decenni fa.
Come mai, invece, il nostro presente è tanto informe? Siamo condannati a non imparare niente dalle nostre esperienze, visto che ormai ogni cosa muta alla velocità della luce?
Oggigiorno, secondo Bauman, non siamo in grado di fare scelte che ci accompagneranno a lungo, tutto è instabile e ha una durata circoscritta, nessuno è più disposto ad abbracciare “in toto” un impegno. “[…] l’idea d’impegno […] ha perso popolarità…” (pag. 52).
Ecco il principale motivo per cui le relazioni tra le persone, i legami di ogni genere, sono così precari.
“Non sembriamo avvertire più che abbiamo un compito o una missione da svolgere sul pianeta […] La preoccupazione per come viene gestito il mondo ha lasciato spazio a quella per la gestione di sé”. (pag. 54-5).
Ora, la domanda che mi sorge spontanea è la seguente: davvero amare significa occuparmi dell’altro dimenticando me stesso? La mia ricerca personale è incompatibile con una relazione amorosa? Quando diventa puro narcisismo? Visto che tutto è instabile, è tanto disdicevole cercare di fare di me stesso un punto, non dico fermo, ma un poco meno traballante? Come posso impegnarmi per la società se non coltivo l’interiorità? Certo, il rischio dell’individualismo esiste eccome… forse ne siamo tutti affetti… Quali i rimedi?
Basta. Finisco qui, non temete.
Questa fuggevole estate 2009 va anche vissuta in leggerezza!
Se poi sono riuscita in qualche modo a coinvolgervi, se le mie domande sono anche le vostre o ne hanno generate altre, concedetevi una pausa meno ′liquida′ del solito e leggete il libro di Bauman.
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