Le elezioni europee hanno sancito alcune cose, che a qualcuno erano già note: gli italiani si fanno prendere per il naso, ma non troppo, e che per vincere si deve convincere.
Allora, se queste affermazioni sono vere, vediamo chi non ha convinto.
Per prima la classe politica nel suo insieme, l’assenteismo ha toccato un livello record che si avvicina a un italiano su due.
Poi la sinistra: nessuno è riuscito ad arrivare al famigerato 4%. I capi forse non hanno capito quanto il loro messaggio ideologico-litigioso sia lontano dagli interessi della gente comune e, malgrado non ci fosse la necessità di votare “tappandosi il naso”, i partiti dell’area marxista non hanno raccolto consensi se non dagli aficionados anche se avevano messo in campo nomi importanti come Maregherita Hack.
Simile ragionamento vale per i Radicali: basta con le sfuriate di Pannella, la gente ne è stomacata e anche se riconosce le qualità della Bonino, non vota un partito fantasma, ridotto alla trasparenza da una ormai consolidata abitudine allo sciopero della fame: vuole fatti e non verbosità.
Per la destra estrema, anche quella coalizzata con Lombardo, non c’è stata storia.
Il PD ha quasi non perso (n.d.r si deve ricordare che nelle politiche ha ricevuto anche i voti dei radicali e quindi la differenza è di pochi punti percentuali), perché è riuscito a recuperare il disastro della gestione Veltroni, parlando chiaro, senza peli sulla lingua e mettendo i paletti all’invadenza di Berluscon; ma per vincere, e questo deve ovviamente essere il suo obiettivo, ci vuole ben altro. Forse dovrebbe azzerare i metodi di cooptazione esistenti all’interno del PD e utilizzare al massimo il sistema delle elezioni primarie, anche per la formazione delle liste, dando spazio così alla gente che non siede nei consessi politici e spostando il sistema dal “delegare” al “partecipare”.
Credo che abbia anche ragione il filosofo-sindaco Cacciari: si deve passare ad un sistema federale in modo da rendere più aderente l’azione del partito alle esigenze del territorio. La gestione “romana” non sembra trovare il consenso al Nord. Questo credo sia reso ben chiaro dai successi eclatanti registrati da Bossi, che invece possiede una presenza sul territorio molto efficace e radicata.
Giusto per cattiveria ricordo che Francescini è del Nord e, oltre a Bossi, anche l’altro “vincitore” delle elezioni , Di Pietro, ha avuto modo di avere una “formazione” nordica, ma sembra ineluttabile che la politica debba essere in mano a personaggi del Sud, chissà perché?
Non è per caso perché lì è più facile la costruzione di “pacchetti di tessere” di democristiana memoria?
La “non vittoria” del PD sembra sia più imputabile al passato che al presente, ma per vincere deve “convincere” altri milioni di elettori e così non sembra sia in grado di farlo. Deve sicuramente risolvere anche le sue tendenze storiche a far l’occhiolino a Casini. Chi vuole Casini lo vota e mi sembra che anche il suo partito non abbia un risultato esaltante, ma di questo ne parleremo poi.
I veri vincitori sono Lega Nord e Italia dei Valori; entrambi i partiti sono in effetti satelliti del partito di riferimento, rispettivamente PDL e PD, entrambi hanno un linguaggio chiaro, ben comprensibile dalla gente e riescono a esprimere il disagio dei loro elettori di fronde alla conduzione fallimentare della politica fatta da “altri”, anche dai loro partiti “sole”, attorno a cui orbitano.
Il PDL ha tenuto, ha perso un poco di elettori, forse a favore di Casini, effetto del fatto che non c’è stata la necessità di votare per “chi deve vincere e governare”; evidentemente gli elettori ritengono che li rappresenti, anche se non rappresenta la maggioranza degli italiani, ma solo il 21,9% degli elettori.
Il Governo è uscito stabile grazie alla grande vittoria della Lega, Berlusconi invece ne esce fortemente ridimensionato: non ha raggiunto quel minimo del 41% che aveva annunciato e che spavaldamente aveva trasformato addirittura in un possibile 51%. La sua politica di chiacchiere e battute non convince più; alcuni settori che lo sostenevano, più o meno esplicitamente come Confindustria e la Cei, sembrano ora avere difficoltà a dargli fiducia e questo sicuramente creerà tensioni all’interno del neonato PDL, con la conseguente rimessa in discussione dei ruoli e della leadership.
Non ci sarebbe da meravigliarsi che lo scandalo innescato dall’affaire Noemi lo obblighi alle dimissioni con il suo rimpiazzo con altro personaggio che gestisca il post-Berlusconi prima che si avvicini troppo la fine della legislatura. È fantapolitica, ma ricordo che Formigoni sta per lasciare il trono di Lombardia e potrebbe essere disponibile a fare il traghettatore con l’appoggio della Lega.
l’UDC, malgrado abbia stretto alleanza con l’ex sindacalista Pezzotta e abbia accolto a braccia aperte l’esiliato De Mita, si è piazzato in coda e probabilmente ha superato la soglia del 4% solo grazie al fatto che non c’era da eleggere chi deve governare .
Il voto comunque dimostra che vengono presi in considerazione solo i partiti che possono essere realmente di peso nei giochi. La vera scommessa per chi vuole governare è riconquistare chi non ha votato.
Allora la domanda da porsi è: perché la gente non è andata a votare?
In tutti i modi si voglia analizzare il non voto si arriva a una semplice conclusione: la gente non crede di poter fare qualcosa, non crede nei politici o non crede di poter cambiare le cose. Chi saprà comunicare davvero con la gente, e non fare spot televisivi e basta, potrà stravincere sovvertendo la situazione attuale. Saprà qualcuno capire questa piccola verità e fare come ha fatto Bossi 15 anni fa?
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