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 Anno II n° 7 del 13/04/2006    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



Lo sviluppo cinese: le sfide da affrontare e la pace.

Di Giovanni Gelmini


Lo sviluppo tumultuoso dell’economia cinese preoccupa e stimola tutto il mondo occidentale. Spesso, quando si parla di sviluppo, si indicano dei punti, che i cinesi chiamano sfide, come limiti che potrebbero mettere fine in tempi rapidi a questa crescita: il “dissenso sociale”, le difficoltà al reperimento delle risorse energetiche necessarie e i problemi di inquinamento. Sicuramente questi sono possibili “impedimenti gravi”, ma quello cinese è un popolo malleabile, che crede nei sui capi e i vertici cinesi sono abituati alla riflessione, così, in buona parte, hanno previsto anche come superare le difficoltà.

Fin dall’inizio degli anni ottanta, quando è iniziata la rivoluzione delle “modernizzazioni”, la Cina ha predisposto le tappe da percorrere per avere uno sviluppo possibile e questo percorso si prevede che proseguirà per altri 40-50 anni. Per prima cosa il governo cinese afferma di non avere mire imperialistiche, ma di avere scelto la via di una “crescita pacifica”. Questo è abbastanza credibile, se si considera che la filosofia cinese mira più a controllare commercialmente che militarmente e d’altra parte fino ad ora ha mostrato di sapersi ben adattare, per rispondere alla domanda di beni dei paesi occidentali anche con prodotti che non erano nella loro cultura.

Il problema delle risorse, in particolare quelle energetiche, è già grave. La crescita economica cinese è molto elevata, ma i livelli di sviluppo tecnologico delle fabbriche non è elevata, si basa ancora moltissimo sul basso costo del lavoro. L'industria manifatturiera cinese è così ai primi posti per il consumo di energia per prodotto. Questo può essere un elemento di conflitto, sia in termini di impatto sulla crescita, sia di necessità di accaparramento delle fonti.

La crescita veloce e la carenza di diffusione di tecnologie moderne e di una cultura di attenzione ai problemi del territorio, come è nell’Europa, porta come diretta conseguenza un preoccupante livello d'inquinamento. Da ciò ne consegue un continuo e rapido degrado ambientale; le cause sono facilmente identificabili nell'eccessivo dispendio di materie prime e nella scarsa capacità di riciclaggio. Per questo è necessario porre un controllo attento dello sviluppo galoppante di questo paese.

Il problema piu difficile resta quello di conciliare il progresso economico con quello sociale. Affinché questo possa avvenire si devono tenere sotto controllo moltissimi fattori, spesso in conflitto fra loro.
L’establishment tende a controllare i problemi che gli sono congeniali, cioè a operare sui parametri quali occupazione e distribuzione del reddito in linea con la crescita dell’economia. Uno dei problemi più gravi da risolvere è di equilibrare lo sviluppo delle province orientali con una crescita di tutto il paese e che il processo di urbanizzazione non vada a scapito delle zone rurali, ma anzi ne risolva i problemi.
Uno dei limiti è che un eccessivo controllo della ridistribuzione del reddito potrebbe essere un freno al dinamismo sociale, all'aumento dell'efficienza e all'incentivazione degli investimenti stranieri. La crescita della Cina non può prescindere dalla presenza di investimenti esteri.

La necessità di collegamento con il mondo esterno, per attirare tecnologie e investimenti in un paese che, in larghissima parte, si trova ancora nelle condizioni culturali nelle condizioni culturali di post-feudalesimo, apre le porte al libero scambio delle idee e a richieste che possano non essere intese nella loro dimensione e nella esigenza esistenziale dai vertici di comando locale e dello stato. Credo che questo sia il più grande rischio: che la crescita economica, sotto controllo, induca cambiamenti sociali che i vertici, ai vari livelli territoriali, non riescano a comprendere e a guidare. Quindi la “Sfida della crescita sociale” è il punto cruciale per lo sviluppo armonico e pacifico della Cina e di conseguenza perché questo non si traduca in conflitti internazionali.

Per lo sviluppo industriale, anche a loro è ben chiaro che il vecchio modello di industrializzazione, caratterizzato da alti livelli di produzione, di consumo e di inquinamento, non è più mantenibile e quindi deve introdurre nuovi metodi di produzione industriale ad alta tecnologia, grande redditività, basso consumo di materie prime, scarsi livelli d'inquinamento, pieno sfruttamento dei vantaggi derivanti dal capitale umano.

Non sembra loro intenzione seguire il tradizionale modello di sviluppo dei paesi arretrati, pervaso dai concetti della “guerra fredda”, ferma sull’ideologia, ma sono intenzionati a partecipare attivamente al processo di globalizzazione. La Cina non seguirà una politica estera basata sulla contrapposizione ideologica, come all'epoca dello scontro tra i due blocchi, o della rivalità tra superpotenze che ha caratterizzato il secondo dopoguerra. Ma questo è realizzabile con una potenza come gli Stati Uniti d’America, che vuole controllare il mondo? Qui forse sta una delle vere sfide della Cina e qui sta l’interesse dell’Europa.

Se la capacità di gestire la politica estera della Cina può essere considerata all’”altezza di questa sfida”, il grande dubbio è se sia possibile controllare il conflitto sociale interno.

Una delle risposte attuali per superare le difficoltà è la trasformazione graduale delle strutture burocratiche, al fine di favorire la mobilità sociale, armonizzare gli interessi, garantire la sicurezza sociale e gestire efficacemente situazioni di crisi. Per una dimensione di stato così estesa, con elevatissime differenze, economiche e culturali e con un forte accentramento del potere, la prima cosa per potere agire al meglio è di disporre di un ottimo grado di coordinamento fra vari meccanismi di controllo: scientifico, democratico e regole basate sullo “stato di diritto”.

Le previsioni di sviluppo economico danno il raddoppio entro il 2010 del prodotto interno lordo raggiunto nel 2000, la sua quadruplicazione entro il 2020. Se la “carenza di risorse” è ben evidente come problema e quindi la Cina concentra i propri sforzi per migliorare i processi e ridurre la dipendenza dall’energia prodotta da combustibili fossili, il problema di raggiungere questi obiettivi in “modo pacifico” resta quello del controllo della crescita del mercato interno e della pace sociale.

Il progetto, che oggi viene utilizzato, individua la possibilità di sviluppo del mercato interno attraverso la diffusione dell’attività industriale e terziaria, anche nelle zone ora a prevalenza rurale; questo permetterà di assorbire l’eccesso di forza di lavoro rurale e creare un ceto a redito medio in grado di sostenere la domanda interna. Ma questo avverrà in modo “ordinato”?

L'economia cinese è un sistema socialista basato sulla proprietà pubblica, ma che convive con molte altre forme di proprietà. Questa struttura ha contribuito ad attirare investitori, dai capitali privati dell'entroterra a quelli di Hong Kong, Macao e Taiwan, come pure quelli stranieri, e a rilanciare le attività imprenditoriali. A questo si deve aggiungere una forte capacità di sviluppo dell'innovazione scientifica e tecnologica.

500 milioni di persone, questa è la forza impegnata in Cina in agricoltura. È previsto che nei prossimi vent'anni 200 milioni di persone affluiranno verso le città. Il problema generato da questo flusso, per mantenere la pace, deve essere regolato e assorbito all’interno della struttura stessa cinese. Non possiamo però non sottolineare che se 200 milioni sembrano un cifra enorme questa si distribuisce su una popolazione che supera abbondantemente il miliardo e che spostamenti di interi aggregati abitativi non sono un fatto raro in Cina.

Il vero problema è quello di trovare una combinazione fra libero mercato, democrazia, progresso e tradizione. Il rischio più grosso è che la classe di governo non comprenda istanze nuove e le trascuri, magari reprimendole e creando così una scollatura maggiore dell’attuale tra paese reale e classe di governo.
Questa è la più grande sfida che una società in evoluzione abbia mai affrontato. Se la Cina riuscirà a farlo in pace, sarà una grande conquista sociale per tutto il mondo.



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