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 Anno I n° 2 del 23/06/2005    -   TERZA PAGINA


Zibaldone
Diego Cugia - Jack Folla.  Lettere dal silenzio - Mondadori
Dentro questo libro non c’è nessuna apologia partitica, c’è solo la voce di un italiano che dice 'Ho soltanto me stesso da darvi, un vocabolario, una penna.'
Di Concetta Bonini


E’ da poco uscito l’ultimo romanzo di Diego Cugia, Un amore all’inferno. Ma di questo, semmai, ci occuperemo in seguito. Questa volta parliamo del suo penultimo libro, uscito nel 2004 e ristampato nel 2005 da Mondadori: Jack Folla. Lettere dal silenzio.
Sarò sincera, neanche io lo volevo leggere. Nonostante ne avessi sentito parlare entusiasticamente, stentavo a credere di poter trovare qualcosa di interessante in una raccolta di lettere pubblicate su “l’Unità”, proprio io che non mi sono mai sentita né mi sento nemmeno lontanamente di sinistra. Ma la curiosità è stata più forte dello scetticismo e così mi sono fatta prestare una copia e… l’ho divorata in un paio di giorni!
Semplicemente ho scoperto che Diego Cugia è proprio come me, come noi: innamorato della Politica e del Giornalismo, punto e basta. Dentro questo libro non c’è nessuna apologia partitica, c’è solo la voce di un italiano che dice “Ho soltanto me stesso da darvi, un vocabolario, una penna.” e un’onestà intellettuale che risplende come una scintilla nel pattume squallido del giornalismo venduto e dei “marchettari”.
Diego torna con Jack Folla, l’evaso da Alcatraz, una potenza della comunicazione senza peli sulla lingua e senza macchie sulla coscienza, creatura scomodissima per la destra e per la sinistra.
Perché la politica di Diego Cugia è la stessa che vorremmo noi, non quella mortificata che ogni giorno fa della televisione e del giornalismo il suo feudo-passerella facendoci passare i suoi abusi come elementi della più regolare normalità. Qui ci troviamo di fronte ad una persona che vuole guardare nella realtà come è e non come ce la fanno apparire.
E se, a modo suo, è un antiberlusconiano convinto, lo è perché ha fatto la sua analisi e vi resta coerente. Proviamo a leggere:

Berlusconi è il riassunto dell'italiano medio così come la lucertola è il riassunto del coccodrillo.
Craxi non era un italiano medio, Andreotti di medio ha solo due dita, Berlinguer era un signore dalla parte dei poveri
. Berlusconi no, è perfettamente medio, è l'italiano più comune d'Italia, nella luce e nell'ombra.
Berlusconi pensa, agisce e si comporta come farebbe un italiano da bar, se avesse la fortuna, o perché no, la tragedia, di trovarsi al suo posto.
La sinistra su questo punto tace perché è terrorizzata dall'infinita potenza di questa simbiosi.
Tra l'italiano medio e Berlusconi c'è stata una premessa: Io sono ciò che tu hai sempre sognato di essere, e una promessa (di quelle che possono fare solo il Cristo o i marinai): seguimi e diventerai come Me.
Questo formidabile patto mediatico fra nature simili è stato reso possibile da tre fattori concatenanti. Il primo l'ho già detto: Berlusconi, in alto come in basso, è la sintesi (e la sublimazione) dell'italiano medio
. Secondo. Grazie alle sue televisioni (e ora anche alla Rai) Berlusconi sta completando l'opera, facendo gli italiani a sua immagine e somiglianza.
Terzo. Gli ultimi cinquant'anni di storia d'Italia, intessuti di appalti truccati e di bancarottieri impuniti, di segreti di Stato e di stragi, di corruzione generalizzata e di scellerate alleanze politica-mafia, sembravano aver trovato un minimo argine con l'inchiesta di Tangentopoli. Una volta sporcate (per colpa degli uni, degli altri, o di tutti) anche quelle Mani pulite, negli italiani sono sopravvenuti il cinismo e la caduta di ogni remora morale, anche per l'assoluta mancanza di esempi alti.
In questo Paese Senza Modelli è comparso lui, un esempio medio, ma così assurdamente medio da sembrare un fumetto, mezzo Paperino mezzo Paperone, un italiano modello che si è fatto indossare dalla maggioranza degli italiani come il golf più comodo del nostro guardaroba, addirittura rivendendocelo come nuovo, perché è un venditore così cinico che neanche la fantasia orwelliana avrebbe potuto architettarlo, e per quanto riguarda 1'autopubblicità, con le sue Tv, è stato secondo solo al Cristo con i Vangeli.
Sorvolando o addirittura ignorando come facciamo noi, i fondamenti "spirituali" (c'è poco da ridere) dell'avvento di Berlusconi, la sinistra rischia di rimanere a bocca aperta per altri cinquant'anni.


Non a caso con questo libro aveva lanciato una “profezia autoavverante” della caduta del Governo il 25 Aprile 2005 (la Liberazione 2), se non altro per portargli iella. In realtà la profezia autoavverante voleva essere un augurio che gli italiani fossero capaci, tutti insieme, di prendere coscienza della realtà e di cambiarla. Non per dare il potere alla sinistra, ma per restituirlo all’Italia degli italiani :

Io sono un italiano ma questo non è più il mio Paese.
Straniero mi ero sempre sentito, ma è una categoria dell’anima. Clandestino una vocazione del cuore. Vagabondo una passione. Senza patria no, è uno stato civile. Vivi e non vivi. Esisti, ma è come se non ci fossi. Parli ma non hai più voce. Ti senti soffocare ma sai che nessuno correrà in tuo aiuto. Il ponte che ti univa con radici profonde e secolari agli altri e al tuo Paese è stato fatto saltare. Sei dentro e fuori, solo insieme, libero in carcere. Sei un italiano senza l’Italia.
Si può essere un cittadino apolide? No, è un controsenso.
Ma io sono certo che migliaia e migliaia di persone, in questo momento, stanno pagando questo controsenso sulla loro pelle. Io sono certo che migliaia e migliaia di italiani, nella testa e nel cuore, si sentono derubati della loro appartenenza civile. Io sono certo che migliaia e migliaia di presenza invisibili, in Italia, saluterebbero, come una liberazione, la nascita di un grande movimento di resistenza culturale.

Non so a voi che cos’altro rimane, fratelli senza passaporto, presenze invisibili di un Paese spogliato e offeso. Mi auguro per voi, sinceramente, qualcosa di più. Ma qualunque coccio di valore sano vi sia rimasto, di sinistra, di centro, di destra, prima o poi dovremo incollarlo insieme, vedrete, al di là delle nostre distinzioni e delle nostre bandiere che ancora ci infiammano, come sarebbe giusto in un Paese normale, ma che in questo silenzio indicibile, in questo baratro antidemocratico nel quale stiamo precipitando, muti, stentano a rappresentarci, sono etichette mobili e basta, per chi ormai ha scoperto di vivere Altrove, nell’Italia degli Invisibili.


Ironia e profondità disarmanti. Ironia di un Jonathan Swift del nuovo millennio, innamorato dell’umanità e incazzato (Arrabbiato, adirato, irato, infuriato, furibondo, imbestialito, irritato, furioso. Otto sinonimi che anche se li metti uno sull’altro non arrivano alla bestiale poesia di un “incazzato” …giusto per il piacere di parafrasare l’incipit della lettera “Stronzi sotto le stelle” ) perché sta diventando una fogna. E il vagabondo Jack Folla viaggia nei sotterranei d’Italia, lontano da un’umanità che puzza di indifferenza, vagabondo fuggitivo da una schiera di cervelli lillipuziani che fanno della sua, della nostra Italia tutto quello che vogliono.
E questo mentre i giornalisti sputano sulla nobiltà della loro professione, quella che potrebbe essere il modo più pulito di fare politica e il più compiuto di realizzare la democrazia e invece è diventato un territorio profanato da avvoltoi che scelgono cosa dirci e cosa no, in che pagina recondita confinare notizie scomode e a quale conveniente committente fare la più ampia e fasulla pubblicità. E poi ci si meraviglia di chi sono i giovani oggi…

Ma loro, questi ragazzi italiani di oggi, su quali certezze possono progettare? Su quali avventure possono sognare? Noi, gli uomini, i padri, non gli abbiamo lasciato un mistero da svelare, una tentazione vergine, un nemico definito. Noi sapevamo contro chi estrarre gli artigli: il Vietnam, i professori, la famiglia, le stragi. Ma loro hanno bersagli mobili e virtuali. O s’incazzano a vanvera o stanno in letargo. Non siamo riusciti a trasmettergli un solo valore da difendere, una speranza per la quale lottare.
Si sono amati nel mondo dell’Aids. Sono diventati lavoratori nel mondo della più scostumata flessibilità. Diventeranno anziani in un mondo di assistenza che non sia cash: o paghi o crepi.
Il nostro mondo dell’informazione, inoltre, li ha tramortiti. Non si chiedono neanche se una notizia sia vera o no, li abbiamo educati al sapore del marcio, preferiscono credere a Harry Potter piuttosto che a un politico. Sono diffidenti e ingenui, riescono a scendere in piazza solo per la pace o contro la globalizzazione, una parola che, per certi versi si potrebbe anche amare, ma che va di moda odiare. Cavalcano come possono l’unica rivoluzione della loro vita, quella tecnologica, e grazie ai nostri colossi informatici si sono costruiti un alfabeto minimo da scimpanzè, quello degli SMS e delle chat. C’è altro? Sì. Noi portavamo i capelli lunghi, loro si piacciono pelati.
Perché i ragazzi italiani di oggi sono come quelli di ieri, tali e quali a noi, ma spaventati a morte. I loro Bambi sono stati film come Apocalypse Now, i loro idoli sono fiorellini come Marilyn Manson, il loro concetto di storia si è formato sul campo, tra gli eccidi nella ex Jugoslavia e gli aerei crocifissi nelle torri gemelle.

… E con un ultimo sguardo a Roma, dal basso in alto, ce ne siamo tornati a casa in tre, un’ombra, un cane ed io, che mi voltavo continuamente indietro perché avevo la netta sensazione che fossimo in migliaia. Erano tutti giovani silenziosi, una generazione invisibile e gentile, che non faceva rumore, ma se solo avesse trovato la rabbia e la compassione necessarie per superare lo schifo e la paura, si sarebbe sbarazzata degli orrori che le abbiamo lasciato, imboccando quella nuova strada al crocevia fra due generazioni, che noi, i padri, non avevamo visto e, forse, neppure cercato.

Tutto questo e molto molto altro è Jack Folla…io vado subito a comprare la MIA copia da rileggere e sottolineare. Voi che fate?



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