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Questo appare dai risultati dell'indagine 2004

I laureati di oggi sono migliori di quelli di ieri!

VII° Indagine di AlmaLaurea sul

Di C.B.

All'ultimo Convegno del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, tenutosi a Firenze il 26 Maggio, è stata presentata la VII Indagine AlmaLaurea sul Profilo dei Laureati (consultabile su www.almalaurea.it).
La popolazione osservata, composta da tutti i laureati tra gennaio e dicembre 2004 in 35 degli atenei consorziati, sfiora complessivamente le 140mila unità con la presenza di oltre 47mila, che hanno portato a termine i corsi di primo livello introdotti con la Riforma dell'ordinamento didattico universitario del “3+2” del 1999, attivata nel 2001.
Lo scopo che si propone l'indagine è quello di verificare lo stato di avanzamento della Riforma e quindi di “analizzare una popolazione di laureati diversificata secondo i percorsi adottati prima e dopo la Riforma” e perciò “l'analisi coinvolge un numero di laureati post-riforma assai consistente”, rappresentato dalle lauree di primo livello (le cosiddette "lauree triennali"), le lauree specialistiche e le specialistiche a ciclo unico.

I risultati registrati appaiono buoni, tanto che nell'indagine possiamo leggere: “le prestazioni dei laureati post-riforma dovrebbero tendere, almeno nei primissimi anni, a migliorare progressivamente” e ancora “è evidente che i primissimi laureati post-riforma non possono che essere i migliori laureati in assoluto e, come tali, raggiungere livelli di eccellenza nella gran parte degli aspetti rilevati nell'indagine AlmaLaurea.”. Ma vi leggiamo anche che “Un tema di grande interesse e delicatezza, sul quale il mondo accademico e quello del lavoro e delle professioni, gli organi di governo e l'opinione pubblica si stanno interrogando e confrontando riguarda la reale efficacia della Riforma universitaria e l'impatto che questa ha avuto sulle scelte dei giovani laureati.” Per questo AlmaLaurea ha scelto come fonte non solo le informazioni raccolte direttamente dalle singole università e le elaborazioni compiute sulla documentazione fornita dagli atenei, ma anche la valutazione da parte degli stessi laureati delle proprie capacità formative, nonché l'apprezzamento dei laureati nei confronti dell'esperienza di studio appena terminata.

Uno dei fenomeni studiati con particolare attenzione è quello dell'attività lavorativa svolta durante gli studi con risultati diversi sulla base delle seguenti distinzioni: “I lavoratori-studenti, cioè i laureati che hanno svolto attività lavorative continuative a tempo pieno per almeno la metà della durata degli studi sia nel periodo delle lezioni universitarie sia al di fuori delle lezioni, costituiscono il 7,7 per cento del totale dei laureati 2004. Gli altri laureati che hanno compiuto esperienze di lavoro nel corso degli studi, che abbiamo definito studenti-lavoratori, costituiscono ben il 68,2 per cento del totale; nella gran parte dei casi hanno svolto solo attività di lavoro occasionale. Il 23,3 per cento dei laureati, gli studenti-studenti, non ha svolto alcuna attività di lavoro, nemmeno occasionale, nel corso degli studi universitari.” Tale caratteristica è stata assunta come fattore discriminante i diversi utenti dell'università, insieme disaggregazione per gruppo disciplinare (“I 16 gruppi disciplinari in cui si articola l'offerta formativa ufficiale secondo il MIUR e l'ISTAT sono 8 riconducibili all'area tecnico-scientifica, ed altrettanti all'area delle scienze umane e sociali”) e, all'interno di ciascun gruppo disciplinare, i corsi di studio fortemente differenziati rispetto alle principali caratteristiche dei laureati (“il profilo del gruppo medico risulta fortemente disomogeneo, distinzioni in parte già note sono state verificate all'interno del gruppo agrario e di quello chimico-farmaceutico, altre distinzioni, meno evidenti, sono emerse nel gruppo letterario, nel gruppo politico-sociale ed ancora nel gruppo economico-statistico”).

Ecco quali sono i più importanti risultati rilevati dall'indagine:

  • Aumenta la regolarità dei laureati : fra i laureati del 2003 la regolarità era salita a 24,9 laureati su cento, nel 2004 la regolarità coinvolge quasi un terzo dell'intero collettivo dei laureati (32,5).
  • Si riduce l'età alla laurea: fra il 2001 e il 2003 l'età media alla laurea si contrae da 28 a 27,6 anni, fra i laureati dell'ultimo anno l'età alla laurea si riduce ulteriormente fino a raggiungere il livello 27,3.
  • Più assidua la frequenza alle lezioni nei corsi post-riforma: poco più della metà dei laureati pre-riforma del 2004 ha frequentato oltre i tre quarti degli insegnamenti previsti, fra i laureati di primo livello la medesima frequenza ha coinvolto il 77 per cento del totale.
  • Più ampia utilizzazione degli stage-tirocini nei corsi post-riforma: fra i laureati di primo livello l'esperienza di stage-tirocini ha coinvolto 60 studenti su cento,nel pre-riforma l'esperienza di stage-tirocini ha coinvolto solo 20 studenti su cento.
  • L'esperienza di studi all'estero risulta dimezzata fra i laureati triennali: l'esperienza di studio all'estero coinvolge 13,3 laureati del vecchio ordinamento su cento e solo 7 laureati di primo livello.
  • Molto sostenuta la domanda di formazione post-laurea, soprattutto fra i laureati di primo livello : sono oltre 76 su cento quelli che intendono proseguire gli studi con una laurea specialistica o una scuola di specializzazione, un master o altre attività di formazione.
  • Carico di studio sostenibile per quasi 90 laureati su cento:l'87,7 per cento dei laureati ritiene gli insegnamenti complessivamente sostenibili. Più basse le valutazioni dei laureati dell'area tecnico-scientifica rispetto a quelle dell'area delle scienze umane e sociali.
  • Aumenta ma resta modesta la capacità attrattiva del sistema universitario italiano nei confronti dei giovani esteri.


Terreno di approfondimenti di particolare interessa è costituito dalla diversa riuscita di femmine e maschi: “Gli esiti risultano a favore delle prime per quanto riguarda la votazione negli esami (26,6 contro 25,7) e la votazione di laurea (104,3 contro 101,1), la regolarità e, di conseguenza, la durata degli studi (il ritardo alla laurea è mediamente di 2 anni per le laureate e di 2,1 anni per i loro colleghi).” [...] “Nei corsi del nuovo ordinamento la presenza femminile continua ad essere largamente maggioritaria nei gruppi insegnamento, linguistico, psicologico, e si afferma inoltre (nella misura del 75 per cento), come era prevedibile vista la natura dei corsi, in quello medico. Le laureate sono minoritarie, invece, nel gruppo agrario, scientifico e, soprattutto, ingegneria.” [...] “Le conoscenze linguistiche delle laureate sono migliori di quelle dei loro colleghi per tutte le lingue esaminate (francese, spagnolo e tedesco) ad eccezione dell'inglese, meglio conosciuto fra i maschi, così come avviene per gli strumenti informatici. Nel complesso la diffusione del lavoro durante gli studi non registra differenze di genere, ma le attività svolte con continuità a tempo pieno sono più frequenti fra i maschi.” [...] “fra i laureati di primo livello fra complessivamente l'intenzione di proseguire gli studi si dilata in misura rilevante: intendono procedere nella formazione quasi 75 laureate su cento contro il 78 per cento dei laureati.” [...] “Quanto alle prospettive di lavoro, la documentazione fa emergere un profilo di laureata - rispetto ai suoi colleghi - meno interessata alla carriera, che punta molto più di questi ad un'occupazione nel settore pubblico (22,1 per cento contro 11,6) e meno a lavorare in conto proprio, che più dei maschi attribuisce maggiore importanza alla stabilità del lavoro (61 laureate su cento contro il 50 per cento dei colleghi) e alla coerenza dell'attività lavorativa con gli studi compiuti (50 laureate rispetto a 42 laureati).”

Per quanto riguarda il contesto socio-economico di provenienza, 78 laureati di primo livello su cento provengono da famiglie in cui il titolo di studio universitario entra per la prima volta.
“D'altra parte, il titolo di studio dei genitori interviene già nella scelta del tipo di scuola secondaria superiore e nel voto di diploma. Infatti, sia nel pre che nel post-riforma, la presenza di diplomi di liceo classico o scientifico aumenta al crescere del titolo di studi dei genitori; la stessa relazione vale per le votazioni. Il titolo dei genitori ha un ruolo rilevante anche nella riuscita degli studi universitari. Al crescere del livello di studi dei genitori si amplia anche l'opportunità di realizzare un'esperienza all'estero durante gli studi.”
Per quanto riguarda invece il diploma conseguito “Tra i laureati la maturità scientifica rimane il diploma di scuola secondaria superiore più diffuso (36,9 laureati su cento), seguito dalla maturità tecnica (26,1) e da quella classica (16,6). Questa graduatoria è confermata anche per le nuove lauree che vedono però una maggiore presenza dei diplomi tecnici (30 per cento tra le lauree triennali, 24,5 tra i vecchi corsi di laurea)”.

La Riforma a quanto pare a permesso un successo per quanto riguarda la regolarità degli studi: “Se prendiamo in considerazione i laureati pre-riforma e post-riforma nel loro insieme, rileviamo che fra il 2001 e il 2004 il ritardo alla laurea rispetto ai tempi ufficialmente previsti si è ridotto in media di circa un terzo, passando da 2,9 a 2 anni.
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I laureati in corso, che nel 2001 erano solo il 9,5 per cento del totale, sono ora il 32,5 per cento.
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I laureati in corso in età canonica, ossia gli studenti che non hanno accumulato ritardi negli studi né prima né dopo l'immatricolazione, sono cresciuti dal 7,5 al 20,1 per cento.
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La consistenza dei laureati in ritardo di almeno cinque anni rispetto ai tempi previsti dagli ordinamenti, per quanto in calo, risulta ancora elevatissima, sfiorando il 17 per cento. La gran parte di questi ritardatari, oltre il 90 per cento, si concentra fra i laureati pre-riforma.”
Altrettanto si può dire dell'età della laurea che “risente strettamente del ritardo negli studi universitari, ma sono importanti anche altre due sue componenti: l'età all'immatricolazione e la durata ufficiale del corso di studi.” Ma “l'età alla laurea si è ridotta mediamente di 0,7 anni”, “L'età all'immatricolazione è salita dai 20,3 anni del 2001 ai 21 del 2004. Infine la durata ufficiale dei corsi conosce in questi quattro anni una riduzione di 0,5 anni (da 4,4 a 3,9).”
Un problema continua invece ad essere costituito dalle difformità nelle votazioni per area disciplinare e per sede: “Votazioni negli esami ed alla laurea, complessivamente elevate, sono rimaste pressoché invariate negli ultimi anni. Fra il 2001 e il 2004 il punteggio degli esami è rimasto costantemente 26,2; alla laurea la votazione è passata da 102,5/110 a 103. Nel complesso non ci sono differenze fra il pre e il post-riforma.
L'analisi dei punteggi degli esami e delle votazioni di laurea conferma la difformità dei criteri di valutazione adottati nelle diverse aree disciplinari e, in alcuni casi, mostra anche sensibili differenze fra un Ateneo e l'altro. Difformità che, anche nell'università del post-riforma, continuano a legittimare incomprensioni nella società e ad alimentare sperequazioni nell'accesso al mondo del lavoro, soprattutto laddove (concorsi pubblici in particolare) la votazione acquisita si traduca in punteggi determinanti per la formazione di graduatorie.”

Un ottimo risultato è la buona soddisfazione dei laureati per l'esperienza universitaria complessiva: “L'esperienza universitaria appena conclusa viene valutata come soddisfacente dall'87,3 per cento del complesso dei laureati; il 36 per cento è decisamente soddisfatto.
Si pone su livelli elevati anche la valutazione dei rapporti con i docenti, per i quali la soddisfazione complessiva raggiunge l'80,9 per cento; su questo aspetto si verifica una maggiore soddisfazione (7,3 punti percentuali in più) tra i laureati post-riforma rispetto a quelli pre-riforma. Positiva anche la valutazione delle biblioteche, servizio del quale oltre 27 laureati su cento si dichiarano decisamente soddisfatti, ma che raccoglie il giudizio complessivamente positivo dell'80,8 per cento dei laureati.”
E addirittura “I laureati nel 2004 che, se potessero tornare ai tempi dell'immatricolazione, sceglierebbero lo stesso corso di studi appena concluso e nello stesso ateneo sono il 68,6 per cento del totale. Su cento laureati, 12 si iscriverebbero all'università ma cambierebbero corso di laurea all'interno dell'ateneo, altri 10 frequenterebbero lo stesso corso ma in un ateneo differente, 7 cambierebbero sia corso di studi che ateneo, mentre meno di 2 non si iscriverebbero ad alcun corso universitario.”

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