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Racconti & Turismo

Viaggio nel mondo delle sensazioni: itinerario in Sicilia

Il racconto di Gattaminerva è l’occasione di questo racconto. Da Vendicari a Marzamemi fino a Marina di Modica una descrizione di sentimenti visivi.

Di Giovanni Gelmini


Marzamemi, che bel ricordo. Mi ci ha portato Concetta quando siamo stati a visitare la costiera della punta sud della Sicilia, non era una vista “programmata”, ma è stata una delle cose più belle che ho visto e la consiglio a tutti quelli che pensano di fare qualcosa di simile a quello che abbiamo fatto noi.

Siamo partiti al mattino dalla riserva naturale di Vendicari a sud di Noto.

Si entra nella riserva passando dalla baracca dei custodi; qui si devono fornire alcune indicazioni sulla vista, nulla di particolare, sono dati che ai gestori della riserva servono per capire gli interessi e la provenienza delle persone.

Dalla baracca parte un largo sentiero che attraversa tutta la riserva, prima sulle palafitte per superare la zona degli acquitrini, poi sulle dune di sabbia. Intorno vegetazione allo stato naturale e animali selvatici.

Si tratta di una vegetazione veramente lussureggiante ed con colori incredibili per noi abituati alle spiagge dove ci sono solo sdraio, ombrelloni e pedalò. Questo è il mare che mi piace, libero da sovrastrutture e vissuto dalla natura.

Ecco un lucertolone che attira Concetta e che è più brava di me a fargli la foto. Poi fiori di tutti i tipi: i colori hanno le sfumature più incredibili dal rosso bruciato, all’azzurro, al bianco con macchie di vegetazione verde cupo.

Il paesaggio cambia e vi è vegetazione diversa, anche dei pini marittimi, dove è possibile fermasi alla loro ombra per un picnic. Sul ciglio del sentiero un gruppo di asfodeli in fiore si fa ammirare in tutta la sua meraviglia

Si prosegue con il sole che adesso è alto e batte sulla pelle. Ad un certo punto appare una striscia d’acqua tra le dune. Il contrasto tra la vegetazione rossastra, il verde intenso dei prati macchiati di giallo dai fiori e lo scuro delle zone arboree è una meraviglia assoluta e nelle lingue d’acqua luccicanti ecco finalmente i fenicotteri a riposo sulle loro lunghe zampe.




Queste immagini ti tolgono il fiato e vederle gratifica la scarpinata fatta fino a qui nella sabbia.

Dopo un poco di riposo a godere il paesaggio stupendo, eccoci di ritorno. Ripercorriamo il sentiero con ancora negli occhi le immagini di quell’acqua vissuta e ci si presentano i colori dei ciuffi di timo, degli asfodeli e i colori della vegetazione che variano in continuazione.












Quando arriviamo alla Tonnara andiamo a sbirciare tra i ruderi. Ci sono dei lavori in corso e non ci avventuriamo oltre. Concetta esprime dei dubbi, dice che troppo spesso i “restauri” qui danneggiano le realtà storico - architettoniche.


Si ritorna al bivio e da lì ci avventuriamo verso la laguna al limite nord della riserva.

Una specchio d’acqua tra le canne mi attira per i colori sul grigio azzurro, i riflessi di questi intrichi che evocano ricordi di letture, ma quello che mi trasmettono è una pace sottolineata dal silenzio rotto solo dai richiami degli uccelli. Proseguendo per il sentiero ci avviciniamo allo specchio, quando un cartello scolorito dal tempo ci dice “VIETATO L’ACCESSO”. È evidente che la voglia di vedere ci spinge a superare questo divieto antico.

Ecco che la laguna si apre, acqua e isolotti e una costruzione diroccata. Quali sogni si agitano dietro il colore rosso dei mattoni e il buio delle arcate? Sarebbe possibile raggiungerla e passare una giornata e magari una notte a guardare le stelle? Seguire nel silenzio i piccoli movimenti dello stagno, lasciarsi andare nel silenzio e liberare tutti i pensieri che nella nostra vita frenetica non trovano modo di esprimersi?

Penso che siano cose impossibili, ma sono cose che mi piacerebbe fare. È quello che da un poco cerco di fare anche se non è facile.

Passeggiamo sui bordi dello stagno quando arriviamo ad uno spiazzo dove c’è un'“agave” gigante.
Non sono abituato a cose di questo tipo, magari per chi vive qui sono cose normali. Io non posso che meravigliarmi ed annotarmelo attentamente.

Il sole ora è alto nel cielo, è meglio tornare all’auto per proseguire, ma poco prima di arrivare alla baracca dei custodi, mi scappa l’occhio sulla sinistra; in un'interruzione della siepe vedo uno spettacolo stupendo. Un uliveto con le piante nodose e le foglie grigio argento con un prato fiorito giallo brillante: colori, colori , ancora i colori del sole, colori che cambiano, ma sempre colori luminosi.


Raggiungiamo l’auto, è rimasta tutto il tempo al sole ed è bollente. Non ho ancora imparato a far funzionare il condizionatore e così lascio aperte le portiere e metto il ventilatore al massimo. Per fortuna la mamma di Concetta ci ha obbligato a prendere una bottiglia di acqua minerale che ci permette di dissetarci.
Quando la temperatura dell’auto è diventata sopportabile saliamo e partiamo. Raggiunta la provinciale prendiamo a sinistra in direzione della prossima meta: Capo Passero.

Per informazioni su Vendicari:
http://www.siracusa-sicilia.it/vendicari.htm
http://xoomer.virgilio.it/giuvila/vendicari/index.htm


Lungo la strada ad un certo punto Concetta mi dice: “se trovo la strada ti porto in un posto che a me piace molto, rallenta un poco………. ecco lì, prendi a sinistra dovrebbe essere questa la strada” e con questo mi indica la strada con un segno deciso fatto con la mano. Quando ci siamo incontrati le avevo detto che da buon mancino, che è stato “rieducato” da suor Melania all’uso della mano destra, confondo sempre destra e sinistra pertanto di indicarmelo con la mano. Così ha inventato questo gesto molto preciso ed evidente che mi ha aiutato sempre a districarmi nelle stradine della Sicilia Iblea. La strada scende verso il mare e dopo una svolta appaiono le prime case di un qualcosa che mi sorprenderà: Marzamemi.

Arriviamo nella zona del porto, è quasi mezzogiorno.
Parcheggio l’auto, ho sete. Entriamo in un bar per bere qualche cosa.
Quando usciamo propongo di pranzare e poi proseguire nella visita. Poco più avanti c’è un ristorante pizzeria che sembra buono, proviamo ad entrare, ma non viene nessuno.

Dopo un poco torniamo ad uscire e proseguiamo sulla strada che costeggia il mare.

Le case di questo borgo di mare sfilano con i loro colori, qua e là appaiono segni di un tempo passato mescolati a segni di oggi: i condizionatori, le insegne.

Percorriamo la strada, vedo un ristorante, ma Concetta ha paura che sia troppo caro, allora proseguiamo.

Non troviamo altro su quella via, alla fine incrocia una strada, ma anche in quella nessun ristorante che ispiri, così decido: andiamo in quello che abbiamo visto, i profumi che escono mi convincono.

Con tutti gli anni che ho dovuto mangiare mezzogiorno e sera al ristorante, per lunghi periodi, ho imparato a riconoscere i buoni ristoranti dall’odore di cucina e ora difficilmente sbaglio.

Anche questa volta il mio naso non ha sbagliato. Un buon pranzo ed alla fine un conto veramente economico, certo non pensiamo a pranzi “speciali”, solo una buona e sana cucina , con piatti ben preparati e gustosi in un grande ambiente fresco.

Terminato il pranzo iniziamo a vistare il paese.

La prima cosa che noto è un battello perfettamente parcheggiato sulla strada, mi viene da pensare: “ma usa il disco orario o no!”
Poi appare una grande piazza, che costeggia il molo (ho appena letto nel racconto di Gatta Minerva che si chiama “Balada”). E lì la nostra vocazione di fotografi si scatena.

A questa grande piazza fanno da corona il molo con le barche ormeggiate e case in pietra. Attraverso una serie di vicoli si entra nell’abitato. Le case povere da pescatori si alternano a antiche case di pietra che mostrano rifiniture di qualità, ma tutto dà una sensazione omogenea di pace. La stessa forse provata a Vendicari, ma qui è trasmessa dalle pietre delle case, dai portoni, dalle finestre in pietra con le inferiate.

In questi insiemi di diroccato, restaurato, antico e moderno, ci si può aspettare di tutto; ecco che ad un certo punto Concetta inizia a fotografare attraverso la fessura del portone della vecchia chiesa diroccata, io sto fotografando la piazza e man mano che la vedo trafficare mi incuriosisco e mi avvicino.
Mi dice: “guarda là, secondo te cosa è?”.
Anche io provo a vedere e mi appare un paesaggio incantato: l’interno della chiesa scoperchiata.
I muri scrostati e fessurati sembrano una tela di un pittore astratto, residui di intonaco bianco da cui traspaiano i mattoni rossi corrosi dalle intemperie.
A sinistra un altare è ricoperto dalle erbe selvatiche, come il pavimento che è di un verde smeraldo. Su un lato un cactus ricorda una forma antropica orante.
Sul fondo l’abside contornata da un’arcata, ma non è questo paesaggio che ha attratto l’attenzione di Concetta. È una “cosa” strana che in mezzo a tutta questa distruzione indica che qualcuno usa questo posto abbandonato: nell’arco sul fondo dell’abside si vede una rete chiusa a scacco appesa con qualche cosa dentro, forse delle cipolle o qualche cosa d’altro messo ad essiccare.

In questo mondo mi piacerebbe fermarmi e passare le giornate a riflettere e creare, ma quello che mi viene offerto non è certo una reggia che mi attiri, alla fine a me piacciono case in ordine anche se spartane, non catapecchie.

Dopo un po’ di giri per l’abitato spuntiamo sulla diga che protegge dalla mareggiate ed ammiriamo il mare con l’acqua cristallina. E la scogliera su cui si frangono le onde.

Con fatica Concetta riesce a ricordarmi che il tempo passa, resterei qui a sentire le vibrazione che queste case mi trasmettono.




Ci avviamo verso l’auto, ma prima di rimettermi in viaggio scatto la foto dell’unica cosa che ho trovato che stoni, che se potessi cancellerei: un albergo dalla facciata assurda.

Si riprende il viaggio. La prossima tappa è Capo Passero: la punta più a sud delle Sicilia. Passiamo a fianco della Grotta di Calafarina che è interessante per tracce di insediamenti preistorici, ma non riusciamo a vederla.







Alcune informazioni su Marzamemi.
Il nome deriva dall'arabo Marsa-al-haman cioè porto delle colombe. Alla fine dell’800 è stato realizzato il porto vicino alla tonnara ed alla seicentesca casa padronale dei Villadorata.


Il paesaggio si snoda interessante ed anche a Capo Passero trovo i colori stupendi che già mi hanno entusiasmato, ma forse ora non mi emozionano più come prima.

Riprendiamo il viaggio verso Pachino. Ad un certo punto, superata una collina ci appare una piana inondata da serre e sullo sfondo Pachino. In quelle serre oggi si coltiva il famoso pomodorino, che ha quel sapore particolare perché cresce sul terreno sabbioso.

Una volta qui si coltivava la vite e si produceva il Nero d’Avola. Me ne ricordo perché spesso mio padre veniva qui per la vendemmia e da piccolo confondevo Pachino con Pechino.

Pachino è una classica città del sud Italia che si sviluppa attorno alla piazza e la piazza è il centro della vita. Secondo i ricordi di mio padre lì si trovavano al mattino i ragazzotti che aspettavano l’ingaggio per la giornata di lavoro (in effetti non credo che questo ricordo si riferisca alla piazza di Pachino, ma molto più probabilmente a quella di Novoli nella Puglia); all’ora in cui passiamo ci sono dei pensionati che seduti sulle panchine e le sedie dei Bar circostanti, prendono il fresco all’ombra delle piante e chiacchierano fra di loro. Qualche difficoltà a fotografarli, c’era qualcuno che non so cosa pensasse, che fotografassi i loro pensieri, di poter essere riconosciuti dall’amante, o chissà cos’altro; alla fine sono riuscito a fermare queste immagini di momenti che sembrano di un passato, ma sono di un presente, di un presente che faticosamente al nord cerchiamo di recuperare.

Proseguiamo lungo la strada verso Marina di Modica. I colori e le sensazioni mi continuano a colpire, ma ora sono felice. Come non si fa ad essere felici nel vedere immagini con questi colori?


I rosa ed i galli dei fiori che rompono il verde della vegetazione l’ocra della sabbia ed in fondo il mare azzurro, sulla battigia qualche persona e degli scheletri di baracche da utilizzare in estate.

Lungo il percorso ci fermiamo in vari luoghi tra cui un altro posto sconosciuto e bellissimo, a cui si accede per una strada sterrata, Porto Ercole.

Arriviamo infine al regno estivo di Concetta: Marina di Modica. È la classica cittadina da vacanze estive e ora che non sono quei mesi è tutto chiuso, case e negozi hanno porte e finestre sbarrate. Triste vedere questi spazi vuoti e senza vita, che differenza con Marzamemi. Anche là si sentiva il “vuoto” della mancanza di turisti, ma là vibravano di antichi ricordi e anche se le piazze erano vuote scorrevano in loro i segni della vita. Alla fine però possiamo godere di uno stupendo tramonto.


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