Mentre stendiamo queste brevi note il prezzo del barile di petrolio si aggira attorno ai 65 dollari, poco sotto la quota record dei 70 di qualche giorno fa.
Si tratta di un temporale estivo di breve durata o di un segnale di tempo brutto costante?
Una mano a capire meglio ciò che ci attende e la fornisce uno studio di fine anni '90 che predice che la quantità di energia necessaria per sostenere le attività umane nel 2070 porterà ad un consumo di oltre quattro volte superiore a quello del 1994, assunto come anno di base. Di interesse può essere anche il fatto che oggi il paese che consuma maggiori quantità di energia sono gli Stati Uniti, con circa il 25% del consumo mondiale, nel 2070 è previsto che il primo consumatore sia la Cina, con una fetta intorno al 40% del consumo mondiale.
Queste cifre, sia pure previsionali, ci danno già una chiave di lettura: i consumi energetici sono destinati a salire in termini sensibili parallelamente all'emergere e al consolidarsi di alcune strutture sociali ed economiche che oggi, per quantità di prodotto e livello di vita, incidono relativamente. Questo movimento è già in corso ed è noto l'impatto esercitato sui prezzi di energia e di alcune materie prime, influenzati dalla cresciuta domanda, soprattutto della Cina. La situazione è in forte evoluzione, probabilmente inarrestabile, perchè non è pensabile che un sesto dell'umanità produca un prodotto nazionale lordo nel 2002 era uguale a quello italiano, ma con la non piccola differenza che noi ce lo spartiamo tra 57 milioni di abitanti e loro fra un miliardo e mezzo di cittadini.
Tutti sono convinti che il problema del prezzo dell'energia si andrà progressivamente acuendo, ma sul cosa fare ci sono, con innumerevoli sfumature, due scuole di pensiero.
La prima, i pessimisti, formata da economisti, politici, giornalisti e simili, ritengono che, allo stato dell'arte, non vi siano praticamente alternative: siamo la civiltà del petrolio, il petrolio è il motore del nostro sistema economico e il livello del consumo di energia assolve al compito di mantenere elevata la qualità della vita. Di conseguenza,dicono, non essendoci alternative credibili per quanto riguarda la produzione di energia, dobbiamo rassegnarci a subire un aumento di costi del petrolio che si trasferiranno sui costi praticamente di tutti i prodotti, per cui aspettiamoci un futuro di lacrime e sangue.
L'altra scuola di pensiero, formata da coloro che ritengono che le fonti alternative - energia eolica, fotovoltaico, utilizzo delle biomasse, e simili - possano garantire in tempi brevi una valida alternativa al petrolio. Anzi normalmente questa visione si accomuna esplicitamente al sospetto che, se già oggi non abbiamo i tetti ricoperti di fotovoltaico, i prati abbelliti dalle eliche dei processi eolici, questo è dovuto ad una orrenda congiura addebitabile a Bush, piuttosto che alla CIA, piuttosto che alle compagnie petrolifere.
Come spesso succede i fondamentalismi e le semplificazioni aiutano poco a capire e
ancora meno a decidere.
A mio modesto giudizio è corretta una valutazione abbastanza pessimistica sul futuro, diciamo su quei vent'anni che uno può illudersi di interpretare: dobbiamo dirci con tutta sincerità che non esistono alternative economicamente e radicalmente gestibili che riescano a produrre quote significative di energia con i cosiddetti sistemi alternativi. Un po' più il fotovoltaico, molto meno l'eolico e relativamente le biomasse, riescono a mala pena nei Paesi in cui queste esperienze sono molto più avanzate che da noi a raggiungere livelli che sono molto al di sotto del 10% del fabbisogno energetico nazionale. Meglio, molto meglio che niente, ovviamente; l'aumento del prezzo del petrolio,tra l'altro renderà competitive tecnologie di produzione di energia che oggi non lo sono, ma siamo ancora ben lungi dal poter dire di esserci affrancati dalla servitù del petrolio.
In questa situazione e con queste previsioni, appare opportuno che vengano effettuate alcune scelte strategiche:la diversificazione delle fonti energetiche (bilanciamento tra petrolio e metano, ad esempio); la ricerca mirata a ridurre la dipendenza dal petrolio; la non dipendenza da un unico fornitore per ridurre il rischio politico; soprattutto una strategia globale di risparmio energetico.
Facciamo un esempio: a seconda delle fonti tra il 45 ed il 50% del consumo di energia elettrica nel mondo viene assorbito dalle abitazioni; grossomodo il restante 50% è diviso a metà fra trasporti ed industria.
L'opinione pubblica, anche per l'evidenza dei danni ambientali che possono essere prodotti dai mezzi di trasporto e dall'industria, è fortemente focalizzata verso questi settori; meno si pensa al consumo nell'interno delle case. Anche qui, per il passato, gli interventi sono stati relativamente poco incidenti: è banale ripeterlo, ma il compratore di un'auto sa tutto sui consumi della macchina cha sta acquistando, nessuna indicazione viene data, né richiesta , invece, quando si acquista una casa.
La scarsa sensibilità del compratore non invoglia certo il costruttore a massimizzare le capacità di risparmio energetico che la moderna edilizia è in grado di raggiungere. Perché prevedere nella costruzione di nuovi edifici interventi che aumenterebbero il costo dell'abitazione del 5% per produrre una diminuzione dei consumi energetici, se non è un vantaggio commerciale competitivo? Perché quel 5% di maggior costo iniziale consente una diminuzione nell'ordine di ben il 43% dei costi energetici nel ciclo di vita prevedibile dell'edificio.
In buona sostanza il problema del reperimento di risorse energetiche si pone, nel breve e medio periodo, in termini preoccupanti: a fronte di una prevedibile, notevole richiesta per l'aumento dei consumi, non vi sono soluzioni alternative che possano seriamente sostituire il petrolio come la maggior fonte energetica del pianeta.
Prospettive più a lungo (l'idrogeno?) si collocano, nelle previsioni, in una fascia di tempo di una ventina d'anni. Nel frattempo una buona politica è senza dubbio quella di differenziare le fonti , di incentivare comunque impianti che generino energia alternativa, di incidere drasticamente con un'apposita legislazione che imponga tutte le più moderne tecnologie atte a ridurre i consumi energetici. Il risparmio energetico non può essere un’opzione del settore, dev'essere un obbligo; non deve riguardare solo le industrie e i trasporti, ma anche l'utilizzo domestico.
Comunque non illudiamoci. La situazione è delicata e vi è un'unica certezza: che il prezzo della benzina salirà ancora.
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