10 Settembre 2005. Il giorno dei giorni di Luciano Ligabue. Dopo tre anni di assenza dalla scena live, il mito del rock italiano ritorna a regalare un sogno a tutti i suoi fan. Vengono da tutta Italia per vederlo, ascoltarlo, cantare a squarciagola tutte le sue canzoni. Dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Puglia fino alla Lombardia, il Veneto e naturalmente l’Emilia Romagna.
Perché il grande ritorno del cantautore di Correggio non poteva che avvenire qui, a due passi da casa sua, nel Campovolo di Reggio Emilia. Il grande spazio che nel 1997 era diventato il cuore musicale dell’Europa ospitando il mega concerto degli U2, oggi è il tempio del Liga e del suo popolo che, dopo aver fatto la gara ai biglietti sin da quando il concerto è stato ufficializzato in primavera, adesso non può che fare la gara al posto migliore, quello sotto al suo palco, il più vicino alla sua magica chitarra.
I cancelli di Campovolo, dentro l’enorme area della Festareggio, si aprono alle 12. Ma già dall’alba gruppi di fan agghindati di magliette e di bandane targate “LIGABUE” sono ansiosi di prendere posto all’interno del campo ed attendere per ore ed ore sotto il sole cocente l’inizio del concerto.
E già dall’alba le autostrade intorno a Reggio Emilia si bloccano. Sulla A1 i pannelli luminosi consigliano le uscite migliori per raggiungere il concerto, i caselli sono intasati da chilometri e chilometri di coda, sulla tangenziale per Reggio Emilia si procede fino a sera (o meglio fino all’indomani mattina) a passo d’uomo. E tutte le automobili, i pulmini, gli autobus tappezzati con i manifesti del Liga, vivono il loro esodo, potremmo dire quasi il loro pellegrinaggio, facendo risuonare persino le strade con la sua voce che urla da tutte le autoradio.
Sin dal primo pomeriggio cominciano i concerti dei supporter: dallo sconosciuto gruppo emiliano dei “Piccoli Omicidi” ad artisti affermati come Il Nucleo, L’Aura, Edoardo Bennato ed infine Elisa quando tutto è ormai pronto per quello che si presenta senza ombra di dubbio come un evento nella storia della musica italiana. Un’area attrezzata di 150 mila metri quadri, più di un mese di preparazione, 5 milioni di euro spesi, 4 palchi attrezzati per circondare il pubblico con un esperimento che nessuno aveva mai tentato finora, 800 metri tra il Palco Main e il Vintage sul retro, 8 megaschermi per far arrivare a tutti l’immagine del Liga e delle sue dita sulla chitarra, 1000 punti luce, 300 diffusori audio, 9 milioni di watt in tutto. Purtroppo, come dice Luciano stesso, “nessun concerto è perfetto” e in effetti l’idea dei 4 palchi non ha avuto il successo sperato: infatti l’acustica dei palchi non era uniforme, così che potevano ascoltarlo bene solo coloro che erano di fronte al palco in cui di volta in volta si esibiva e solo al centro di Campovolo si poteva ascoltare tutto, ma da lì ovviamente Liga era troppo lontano.
Ma Campovolo è già leggenda e tra i numeri del concerto c’è n’è uno più importante di tutti gli altri: 180 mila fan in trepidazione.
Durante gli ultimi ritocchi tecnici ci sono palloni che passano tra il pubblico: stasera siamo tutti amici, tutti un unico popolo che si diverte, pronto al momento in cui sa che si emozionerà.
Alle 21, con estrema puntualità, si accendono gli schermi e un'immagine satellitare ci mostra dove siamo: il globo, l’Europa, l’Italia, Reggio Emilia e… Campovolo pieno di gente, di mani, di urla, pieno del Liga. Ed eccolo che arriva sul palco con il suo ultimo singolo uscito il 2 Settembre, anteprima dell’album Nome e cognome che arriverà sul mercato il 16 Settembre. Già tutti lo conoscono a memoria e lo cantano come i suoi vecchi successi.
E ancora mani, urla, striscioni, birra che scorre a fiumi, salti e sudore, le “casse zeppe” dei suoi sogni di rock’n’roll.
Cominciano le canzoni storiche come “I ragazzi sono in giro”, “Vivo o morto o x”, “Eri bellissima”, “Non è tempo per noi” , poi passa al Palco Solo con le versioni da solista di alcuni pezzi come “L’odore del sesso” e l’anteprima di “Sono qui per amore” dedicata alle vittime di New Orleans. Poi, mentre un coro intona una sorta di versione gregoriana di “Libera nos a malo” , Liga corre in macchina al palco Vintage dove lo attende la sua vecchia banda, i Clandestino. È questo il momento del primo Ligabue, quello dei pezzi mitici come “Bambolina e Barracuda”, “Marlon Brando è sempre lui”, “Sarà un bel souvenir”, “Salviamoci la pelle” e tanti altri tra cui naturalmente “Bar Mario” mentre il manager Claudio Maioli gli porta un caffè con la maglietta di Mario e una scopa a mo di chitarra. Poi è la volta del Palco Teatro dove interpreta “Una vita da mediano” con Mauro Pagani e dedica “Il giorno di dolore che uno ha” agli amici perduti. E infine di nuovo sul Palco Main a far impazzire le casse e la folla con i suoi più bei successi di 15 anni di carriera: “Balliamo sul mondo”, “Ho perso le parole”, “Questa è la mia vita”, “Tutti vogliono viaggiare in prima” e canzoni a sfinire.
Tre ore piene di musica, più di trenta meravigliosi pezzi. Il concerto è finito: un’incantevole notte che ci ha fatto perdere la voce “urlando contro il cielo” , con i fuochi d’artificio a fare da stelle nella magia di Campovolo, una di quelle indimenticabili “certe notti” alla Luciano Ligabue.
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