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Malgrado internet la nostra burocrazia resta arretrata Il cittadino e i misteri della burocrazia Anche nei paesi “arretrati” a volte hanno una burocrazia più efficiente della nostra, alcuni casi emblematici che danno l’idea di quanto ci sia ancora da fare per essere coerenti coi tempi Di Roberto Filippini Fantoni
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Nonostante gli enormi progressi fatti alcuni anni or sono, quando una persona intelligente come Bassanini inventò “l’autocertificazione”, non tutto si è risolto a livello di burocrazia proprio perchè rimangono ancora cose inspiegabili nell’era dell’informatizzazione globale.
Mentre il mondo industriale avanza a grandi passi ed è possibile gestire con un unico programma aziende sparse nelle più disparate parti del mondo, a livello di imprese statali c’è ancora qualche buco nero dal quale non si riesce ad uscire. Noi che ci consideriamo tra i paesi industrializzati del terzo mondo non abbiamo idea del fatto che alcuni paesi che consideriamo, ingiustamente, più arretrati, sotto il profilo della snellezza della burocrazia ci hanno bagnato il naso da tempo. Vi farò un esempio che ben conosco. In Brasile già dodici anni or sono si poteva fare la dichiarazione dei redditi tramite un dischetto che ti forniva l’amministrazione delle imposte e che conteneva il template della dichiarazione dei redditi. Lo si riempiva e si riconsegnava il dischetto. Ma al di là della maggior facilità della cosa, quello che mi faceva più rabbia era il fatto che un individuo che aveva da dichiarare pensione, stipendio supplementare, due abitazioni e aveva una famiglia composta da quattro persone, compilava la dichiarazione dei redditi in meno di due ore, quando io, più o meno con le stesse cose da dichiarare perdevo almeno un paio di interi pomeriggi. Questo è frutto degli innumerevoli, cavilli, modifiche casi speciali che le nostre leggi fiscali prendono in considerazione. La differenza tra loro e noi divenne ancora più evidente quando circa otto anni fa il brasiliano faceva la dichiarazione dei redditi scaricando il modulo via internet e lo rimandava per la stessa via compilato all’amministrazione delle imposte. In quel periodo in Italia nemmeno i commercialisti o i centri CAF potevano farlo. Adesso da tre anni anche il cittadino italiano può, volendo, fare la dichiarazione via Internet, cosa che però si consiglia vivamente di non fare a chi non ha pratica di internet e che ha dichiarazioni che non siano più che semplicissime. Già con questo esempio ci si rende conto dell’arretratezza della nostra burocrazia statale. Ma non mi fermo qui. Una trentina d’anni fa chiedevo a una parente che da sempre lavorava all’INPS come mai chi avesse una pensione propria e una di reversibilità era costretto a fare la dichiarazione dei redditi e a versare il dovuto conguaglio, conguaglio che alcune volte era pure di notevole entità e mandava in crisi i poveri pensionati che, non tenendo conto del fatto di ricevere ogni mese qualcosa in più, si trovavano a versare tutto d’un botto una cospicua somma. L’entità della quale era difficile da spiegare e far digerire a chi la doveva sborsare. Chiesi a questa mia parente come mai l’INPS non provvedeva automaticamente a conguagliare, anche parzialmente e in sede di previsione, mese per mese le due pensioni così da fare un conguaglio finale di piccola entità e soprattutto evitare che si dovesse fare la dichiarazione dei redditi solo per quelle due pensioni che si cumulavano. A me sembrava una cosa logica e fattibile ma lei mi guardò inorridita dicendo che le due pensioni erano gestiti da funzioni diverse dell’INPS che era impossibile far interagire. Mi sembrava impossibile non ci fosse una soluzione. Poi l’era informatica ha cominciato a consentire questo genere di conguaglio che oggi addirittura si fa tra pensioni provenienti da differenti istituti previdenziali. L’impossibile era diventato possibile. Alla stessa maniera oggi mi domando come mai per la richiesta di aggiungere un gancio di traino alla mia auto sia necessario pagare due vaglia differenti a due enti che potrebbero benissimo dialogare tra di loro a livello informatico: pago un totale per la voce “gancio di traino” e il computer splitta la cifra pagata verso i due enti che la devono ricevere. Nell’era dell’informatica è un giochino da nulla ma a livello della Motorizzazione Civile sono ancora abituati a gestire tanta carta straccia tanto che probabilmente......... si sono affezionati!!!!! Mi domando cosa facciano i capi di questi Enti oltre che interessarsi di salvare la propria poltrona nei cambi a livello politico che potrebbero crear loro danni irreversibili. Ma il colmo è stato raggiunto quando ho chiesto una “targa ripetitrice” da inserire sul carrello che è trainato dal gancio. In questo caso i vaglia sono diventati tre. Non faccio commenti perché la cosa si commenta da sé! Oltretutto compilare attentamente tre vaglia senza sbagliare è difficile e poi devi pagare tre tasse (una per ogni vaglia) e questo è un altro onere aggiuntivo: basterebbe una modifica ai sistemi informatici e la cosa si aggiusterebbe benissimo e in breve tempo con gran soddisfazione di tutti. Ma le cose facili, residuo della vecchia burocrazia, sembrano impossibili da realizzare a chi ci sta dentro per poi scoprire fra qualche anno, quando qualcuno più sveglio ci penserà, che era fattibilissima. Oltre a questi “problemi insolubili” ci sono poi situazioni tragicomiche che è difficile digerire e vi faccio un esempio, suggeritomi dal Direttore Editoriale, che l’ha vissuto in prima persona. Forse tutti voi siete al corrente dei recenti tentativi fatti da organizzazioni criminali di farsi dare i codici dei vostri Conti Correnti, entrando nella vostra posta per invitarvi a contattare un sito della vostra banca, l’indirizzo del quale era riportato nella mail. Il sito che si apriva era la copia esatta di quello della banca solo che vi si chiedeva un controllo sui vostri conti correnti e sul User name e Password per entrarvi via internet. A me questa richiesta era arrivata, mi sono insospettito e sono andato in Banca a chieder spiegazioni del fatto che mi scrivevano in inglese: venni a sapere di non rispondere perché era una truffa nella quale qualcuno era già caduto e così mi salvai il conto in banca. In televisione consigliarono di non dare mai le coordinate bancarie a nessuno via Internet e avvisare la polizia. In nostro Direttore Editoriale ricevette una mail (di domenica!) che cercava di carpirgli i codici segreti attraverso un fantomatico conto bancoposta e così avvisò la Forza Pubblica con una telefonata al 118. Risposa chiara: “del caso si occupa la Polizia Postale e chiami il n°......”. Detto e fatto: ma il numero risulta inesistente. Richiama il 118 e allora forniscono il numero della Prefettura. Da qui scopre che la Polizia Postale fa orari d’ufficio e si deve attendere il lunedì. Facendo presente che la truffa è alquanto pericolosa e i truffatori lavorano meglio alla domenica, mi viene passata la “sala operativa” la quale dice di rivolgersi lunedì ai Carabinieri e fare denuncia. Anche a loro viene spiegato che la truffa non fa “orari d’ufficio” e allora gli dicono di contattare il 112 e che avrebbero mandato una volante. Ma a che serve la volante a casa? A nulla. Bastava che io girassi la E-mail ricevuta e loro d’autorità avrebbero potuto cominciare ad indagare e bloccare il bloccabile via Polizia Postale. Evidentemente alla PS devono seguire procedure inventate all’epoca della “biro” e assolutamente inadatte a combattere una delinquenza informatica che viaggia “a velocità della luce” e contro la quale ogni secondo perso può essere vitale. Il bello dell’informatica la Polizia lo sa usare a livello di Controlli Internet contro la Pedofilia e il Terrorismo (tutte cose auspicabili ed eccellenti) o a livello di intercettazioni telefoniche (non sempre così limpide e cristalline): per altre cose è sempre la carta che la fa da padrona .... con grande gioia dei truffatori informatici. Ma così va il mondo! Argomenti: #burocrazia , #giustizia , #internet , #polizia , #sicurezza Leggi tutti gli articoli di Roberto Filippini Fantoni (n° articoli 30) |
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