26 Dicembre 2004. Eccolo qui. Finalmente è il gran giorno. Ieri ho riempito il mio fedele borsone, che sembra sempre troppo piccolo, ma alla fine si chiude perfettamente senza bisogno che io cominci a saltarci sopra!!! Mi alzo, ma non mi va per niente di partire, sono morta di sonno… allora mi prendo a schiaffi e mi dico “oh Concetta, scema! Stai andando in TUNISIA con i tuoi amici, vedi di darti una mossa!!!”.
Arrivo in cucina e vedo la caffettiera sul fuoco:
“Mamma, hai messo la giusta quantità di acqua e di caffè, tutto perfetto?!”…
espressione di mia madre: “Concetta è solo un caffè!!!”…
e io: “ ma è l’ultimoooo”.
Già, per una caffeinomane come me stare senza caffè per 5 giorni è una tragedia, so già che troverò solo orzo o nella migliore delle ipotesi cafiata molto diluita e per questo ho fatto scorta di Pocket Coffee che tengo direttamente nel mio fedele zaino.
Tempaccio tremendo, ha piovuto tutta la notte e ha tirato un vento tremendo e spero che almeno in Tunisia andremo a goderci un po’ di caldo…queste diventano le ultime parole famose e ce ne accorgeremo presto. Siamo tutti: io, Noemi, Luciana, Giulia e Gianluca. Si parte. Io e Noemi ci attacchiamo immediatamente al lettore mp3, arriviamo dopo un’ora e mezza di autobus a Catania e presto siamo finalmente sul nostro charter Meridiana: posto vicino al finestrino e vicino a Giulia, il cielo è bellissimo pieno di nuvole bianche che sembrano panna: adoro volare con il cielo così!!!
Alla hostess ordino caffè, ma cominciamo male: anche questo è orzo!!! Guardo tutto il tempo il mare di sotto, finchè arriva Giulia “Cos’è quello qui sotto”, e io “Cosa vuoi che sia?! Mare!!” …Segue un grottesco quarto d’ora di intensa disquisizione su cosa sia quella distesa strana tutta azzurra e tutta uguale sotto di noi, disquisizione che termina quando siamo ormai vicini a Monastir, la nostra destinazione, e vediamo una strana cosa rotonda verde… “Giulia secondo te cos’è quella?”, “Ehm, un’isola…”, “E quindi quello tutto intorno cos’è?!”, “Ehm…ecco…sì…è mare…” . Fine .
A Monastir troviamo un aeroporto tutto bianco in stile arabo naturalmente, con musichetta araba inquietante: siamo finalmente in TUNISIA! Ci dà il benvenuto anche la compagnia che permetterà ai nostri cellulari di funzionare, la Tunisiana, a tutti tranne che a Gianluca, che perseguitato dalla sua celeberrima e ormai assodata sfiga prende una certa TT che renderà il suo cellulare inutilizzabile per tutta la vacanza.
Alla dogana siamo convinti che nessuno ci capisca e parliamo tranquillamente, davanti a me c’è Noemi che quando arriva davanti al banco, che è piuttosto alto, si gira verso di me e mi tira la solita battuta sulla mia “bassezza”:“Ma quando arrivi qui ti vede?”. Scoppiamo tutti a ridere e in effetti quando arrivo lì mi si vedono appena gli occhi, ma il tunisino evidentemente ha capito tutto quello che abbiamo detto e mi saluta con un “ Ciau ciau” piuttosto ebete, evidentemente mi ha scambiata per una bambina…!
Usciti dall’aereoporto ci accoglie il nostro autobus con la nostra guida che si chiama Murhad, è simpaticissimo e parla perfettamente l’italiano. Partiamo subito alla scoperta della Tunisia, delle strade, delle persone che ci salutano vedendo passare il nostro autobus. La nostra destinazione è Sfax, ma lungo la strada ci fermiamo a El Jem, città romana dove c’è un anfiteatro molto simile al Colosseo che io mi precipito a fotografare. Così ho subito modo di verificare che qui c’è un freddo terribile! Proviamo ad andare in un bagno pubblico ma ce ne schifiamo immediatamente… in effetti la differenza dei nostri canoni di pulizia con quelli tunisini sarà il più grande inconveniente del viaggio.
Arriviamo a Sfax, la città borghese della Tunisia del Sud, la più ricca quindi, dove ci sono le industrie per la lavorazione del fosfato estratto nelle miniere di tutto il paese. L’hotel Abu Nawas è a 4 stelle, molto bello a vedersi, anche le camere non sono malaccio, sebbene non corrisponda nemmeno lontanamente ad un 4 stelle italiano. Il cibo fa finta di essere europeo ma fa schifo, facciamo razzia di pane nascondendolo negli zaini e saliamo in camera, dove ci sarà un innocente incidente con il mio barattolo di latte detergente per il quale Noemi mi sbranerà viva, ma avrà modo di rendersi conto che in Tunisia non è il caso di fare le schifittose! Lei resta a farsi la doccia perché è stanca, mentre noi scendiamo giù a cambiare gli euro in dinari tunisini e poi usciamo a fare una passeggiata in giro per Sfax. Rischiamo la vita perché ci accorgiamo subito che i tunisini hanno meno di noi la cultura delle strisce pedonali e hanno pure la faccia tosta di farci ciao con la manina mentre stanno per investirci…. Incontriamo persino uno che appena ci vede comincia a cantare Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano… In effetti i tunisini, anche nei giorni successivi capiranno subito dall’aspetto che siamo italiani e addirittura siciliani, così la maggior parte di loro parlerà con noi in italiano. Insomma non avremo problemi di lingua, anche se Noemi, la poliglotta del gruppo, aveva tutte le intenzioni di fare sfoggio del suo francese perciò ci saranno scene in cui Noemi parlerà in francese e i tunisini le risponderanno in italiano….
La Medina deserta ha un aspetto triste, sporco, direi quasi squallido, perciò non tardiamo a decidere di tornare indietro, seguiti da bambini, alcuni anche molto piccoli, che giocano con un pallone sgualcito e ci chiedono delle sigarette… è evidente che delle caramelle sarebbero state sufficienti a renderli felici, ma noi non abbiamo neanche quelle. La cosa ci lascia un po’ di amaro in bocca e torniamo in hotel. La nostra prima notte in viaggio è una dormita comodissima !
27 Dicembre 2004. Sveglia alle 6:00 in punto……………
Quando Noemi è già quasi pronta e io comincio a prendere i primi contatti col mondo, zac! Si toglie la luce…… Apro la porta della camera e vedo che anche tutti gli altri, una schiera di zombie, escono dalle camere con un punto interrogativo stampato in fronte… assistiamo ad una scena bellissima mentre Noemi chiama la reception cercando di spiegare il problema in francese e noi ci facciamo tantissime risate, finchè finalmente ritorna la luce. Partiamo, noi 5 ci conquistiamo immediatamente l’ultima fila dell’autobus, dove resteremo per tutto il viaggio lungo gli ampi tratti in autobus, saremo comodissimi e dormiremo quasi sempre.
La nostra prima tappa è Gabes con le sue oasi marittime. Ci fermiamo subito a visitare il mercato delle spezie.
Il primo banco che troviamo è quello dell’ henne, la polvere ricavata dalle foglie macinate della pianta di henne che cresce nelle oasi che con l’acqua serve a colorare la pelle e viene tradizionalmente usata dalle donne tunisine per dipingere mani e piedi al momento del matrimonio. Può essere di colore rosso o nero e, una volta applicato sulla pelle, dura circa un mese. Qui comincia subito il festival dei contratti, come da tradizione nelle compravendite arabe, che darà vita agli episodi più divertenti del viaggio. All’inizio non siamo molto bravi a contrattare sul prezzo e a me non va nemmeno di farlo perché a noi non cambia nulla dare un dinaro in più o in meno ma a loro, viste le condizioni in cui vivono, cambia tantissimo.
Incontriamo subito i primi personaggi caratteristici, ognuno dei quali sarà accompagnato da un mio urlo “BELLISSIMOOO!!!”, dalla mia corsa per rincorrerlo e fotografarlo, ricevendo in cambio occhiatacce sconvolte, e dalle risate ilari dei miei compagni di viaggio.
Ripartiamo, ora siamo diretti a Medenine. Comincia a fare caldo, il sole diventa cocente
e così possiamo toglierci un po’ degli strati con cui ci eravamo coperti la mattina per non congelare.
A Medenine visitiamo le Ghorfas, le abitazioni scavate nella roccia che costituivano l’antico mercato dei berberi, dove adesso i tunisini hanno trovato un modo per sopravvivere realizzando negozietti di souvenir.
Ognuno di loro ci invita a entrare nel suo negozietto. Un tunisino gioviale si tira dietro Gianluca e ce lo vediamo tornare con una piccola rosa del deserto in mano, l’espressione un po’ stupita e un po’ sconcertata, che ci dice : “mi ha regalato questa però vuole che gli porto qualcun altro”, naturalmente tutti si dileguano, la vittima sono io e Gianluca mi ci trascina di peso… “Questa tua amicia?Tu troppo bella! Tu italiana troppo bella! Tu guardare mio negozio, su guardare…” …Abbiamo capito… guardiamoci sto negozio… A dire il vero mi esalta scoprire cosa si nasconde in quel bazar e mi viene l’infelice idea di chiedere come si mette quel turbante bianco lassù…. “Sììììì io mettere te turbante, tu italiana troppo bella, tu siciliana? Ragusa? Guarda come mettere turbante!”… Non ho scampo!!! Meglio comprare sto turbante se no da qui non me ne vado più, ma Mohamed-ma-mi-faccio-chiamare-Alejandro non mi fa schiodare da lì finché non mi regala una rosa del deserto e mi dà il suo indirizzo dovessi aver bisogno di marito… Nel frattempo fuori è successo qualcosa a mia insaputa: il tunisino della porta accanto li aveva agganciati chiedendo “Chi è il capo?!”, naturalmente tutti facevano finta di niente e si indicavano a vicenda, così appena sono spuntata io immediatamente tutti mi hanno puntato il dito addosso “Lei è il capo!”… io non capivo, ma tutto mi è stato chiaro appena il simpatico tunisino mi stava trascinando nel suo negozio… La situazione è tragicomica… Ma la sequela di eventi grotteschi è lungi dall’esser conclusa… Dopo ulteriori peripezie con i vu cumprà fatti in casa, ripartiamo.
Siamo diretti a Matmata, nella zona abitata dai berberi, quelli che sono i veri abitanti della Tunisia, ritiratisi in queste zone con l’arrivo degli arabi. Il paesaggio cambia, per tutta la mattina abbiamo avuto accanto il mare e gli uliveti, adesso si vede la scenografia di “Guerre stellari”. Le abitazioni dei berberi, che ormai vivono a contatto con gli arabi, sono ugualmente delle abitazioni ancora trogloditiche, con gli ambienti scavati nelle viscere della terra e solo un ingresso tra le rocce, circondato dai simboli tipici musulmani contro il malocchio: la mezza luna, il pesce o la manina di Fatima.
Ci fermiamo a visitarne una con la tipica capanna berbera, il dromedario di famiglia, e una simpatica indigena che ci offre del buon pane berbero.
A questo punto abbiamo una fame da morire. Per fortuna stiamo andando al ristorante… ma non facciamo in tempo a dirlo che già Murhad si mostra entusiasta di portarci in un ristorante nella nuova Matmata, realizzato in una antica abitazione berbera, dove ci prepareranno piatti tipici tunisini… TERRORE! Il ristorante si presenta bene…ma abbiamo persino difficoltà ad andare alla toilette, perché ci dobbiamo affollare nell’unico bagno non alla turca. E poi il cibo è solo cous-cous di montone e sugo piccantissimo: insomma assaggiamo il couscous e poi restiamo a pane e acqua, anzi a pane e basta perché le bibite si pagano a parte. Solo Gianluca coraggiosamente assaggia una salsa di peperoncino puro, che poi accompagnerà il resto del nostro viaggio.
Fuori becco un altro personaggio caratteristico
“ BELLISSIMOOO!!!” che tenta di rifilarci le sue cartoline e un ragazzino in bicicletta che dice a Noemi: “Tu venire con me?? Tu vuoi venire con me per un dinaro??”……… Ripartiamo e io e Gianluca cominciamo a fare le equivalenze sul valore di Noemi=1 dinaro= 6 cartoline tunisine=1 bagno turco semplice=1 rosa del deserto finta, ecc ecc…. Tiro fuori i miei provvidenziali Pocket Coffee che da questo momento saranno adottati come essenziale forma di sostentamento.
Ora siamo diretti a Toujane, villaggio dei berberi veri e propri, non contaminati da alcun contatto con gli arabi. Il villaggio è proprio in mezzo alle montagne e quando ci fermiamo ci accorgiamo che i berberi non hanno perso le loro tradizioni, ma ormai sono un po’ più civilizzati… sono evidenti infatti i fili per la trasmissione della corrente elettrica. Questo però crea dei contrasti impressionanti con i personaggi “ BELLISSIMIII!!!”.
Quando ripartiamo la strada da fare è tanta, dobbiamo arrivare a Douz, la porta del deserto. Per questo il paesaggio diventa sempre più arido e sabbioso, sempre più monotono e desolato.
Comincia a piovere e appena la pioggia si calma, possiamo goderci dall’autobus lo spettacolo unico dell’arcobaleno nel deserto.
Siamo fortunati: il cielo si schiarisce appena in tempo per goderci anche lo spettacolo del tramonto sul deserto. L’atmosfera del deserto fa concentrare l’attenzione sul cielo infuocato e rende tutto ancora più prezioso… ci fermiamo solo per gustarlo.
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Arriviamo finalmente a Douz: la porta del deserto. Il nostro hotel si chiama Hotel Sahara, infatti basta attraversare la strada per trovarsi in pieno deserto del Sahara. Il cielo è bellissimo, c’è una luna bellissima, sembra quasi che si lasci toccare. Ma il freddo è incredibile, l’escursione termica è paurosa, i nostri jeans diventano quasi un unico pezzo, le nostre mani sono gelide… commento di Gianluca “ci manca solo la scritta Algida e poi siamo perfetti”… già, meglio rientrare e andare a cena! L’albergo ha un aspetto da favola, ma le camere sono al dir poco terribili: i materassi sono appoggiati su lastre di pietra e il bagno non è proprio pulito…tra l’altro è questo il primo albergo in cui veniamo a contatto davvero con le assurdità e le contraddizioni degli hotel tunisini: architetture bellissime, che poi si riducono a camere quasi pietose e poi strutture immense, ma labirintiche, fatte di scale che si incrociano, curve, piani tutti diversi.
Arrivati al ristorante troviamo una tunisina“ BELLISSIMAAA!!!” di notevole stazza che sotto una tenda berbera prepara il pane berbero semplice o condito con la salsa di peperoncino e Gianluca, non contento della lezione a pranzo, prende al buffet questa famosa e micidiale salsina riducendosi alla perdita del senso del gusto. Dopo cena ci “allietano”
con una pseudodanzatrice del ventre alla quale preferiamo l’idea di una doccia. Ma Luciana esce subito dal bagno con un’espressione sconvolta…. Ci guarda e urla “Ma l’acqua è salataaaaaaaaaaaa”…e già… l’acqua corrente è proprio salata… io e Noemi
siamo traumatizzate , non abbiamo intenzione nemmeno di lavarci i denti con quell’acqua… meno male che esistono le daygum… tiriamo un sospiro di sollievo pensando che ci dovremo passare solo una notte. Ma che notte ci aspetta…. Ci svegliamo più volte nel corso della notte perché la nostra stanza è freddissima e siamo coperte solo con un lenzuolino e un copriletto ridicoli… aggiungiamo strati al nostro “pigiama” ma è difficile combattere contro quel freddo. Alle 5 ci svegliamo e non c’è più verso di riaddormentarci, il freddo è tremendo e non abbiamo nemmeno la forza di muoverci, ormai lo sentiamo fino alle ossa
28 dicembre 2004. Sveglia alle ore 6.15…....…….
Scendiamo e le prime persone che incontriamo sono proprio Luciana e Giulia…il primo commento “Che caldo stanotte, non si poteva stare!!!”…espressione sconvolta di me e Noemi… “caaaaldooooo??!!” “Sì quel condizionatore era messo al massimo!”… “condizionatoreeeee??!!”…. morale: c’era il condizionatore e noi non ce ne eravamo nemmeno accorte: razza di deficienti!…e non ci eravamo accorte nemmeno che nell’armadio c’erano le coperte di lana… no comment…………….. ………………
Ma fa freddo davvero: noi ce lo abbiamo addosso, ma le temperature fuori sono incredibilmente basse.
La nostra prima tappa è la cammellata nel deserto, ci addentriamo verso la stalla con i cammellieri e il deserto è gelido… credo che abbiamo avuto la fortuna di goderci uno spettacolo assolutamente non comune, è spettacolare, ma c’è un freddo incredibile . Ci imbacuccano con mantello e turbante, ma la situazione non cambia . I cammellieri fanno parte dei personaggi “BELLISSIMIIII!!!”.
Ci avviciniamo per pagare la cammellata, 10 € , anche se si tratta di dromedari perché in Tunisia non esistono cammelli. Naturalmente, siccome tutti mi prendono in giro perché sono bassa, anche i cammellieri non sono da meno: “Tu no preoccupare, per te cammellino piccolino…!”… e mi sono presa anche questa…. La salita sul dromedario non è proprio esilarante, mi devo aggrappare alle maniglie di canna sulla gobba e con le mani gelide non è facile; il dromedario si alza prima sulle gambe davanti e poi su quelle dietro. I dromedari, ci hanno spiegato, si abbassano e si fermano con uno strano verso gutturale, mentre partono con il comando “Za!” che ci hanno raccomandato di non pronunciare se vogliamo evitare di ritrovarci in Libia…. Per sicurezza stiamo tutti zitti, tanto ci sono i cammellieri che ci pensano, tutti tranne la rompicoglioni del gruppo particolarmente esilarata e divertita all’idea di stare su un dromedario, tanto da urlare in continuazione “za za za?!”…noi siamo terrorizzati perché i nostri dromedari sono legati al suo e questa è capace di tutto , il suo dromedario si muove in modo sospetto ma per fortuna ci sono i cammellieri a tenere sotto controllo le innocue bestioline… dopo quasi 3 quarti d’ora di cammellata scendiamo. La discesa è tutt’altro che piacevole, anzi io resto terrorizzata: il mio dromedario obbedisce subito a scendere con le gambe anteriori, ma non ne vuole sapere di far atterrare quelle posteriori per cui io sto per cadere quando finalmente il mio dromedario anzi il mio cammellino piccolino obbedisce e mi riporta sulla terra. Ci troviamo in mezzo al deserto, ma anche fin lì ci sono tunisini che ci hanno seguito per venderci qualcosa e c’è anche chi si porta dietro la volpe del deserto per farla fotografare a pagamento.
Dopo la drammatica esperienza preferisco tornare sul calesse il cui proprietario ha appena imparato da qualcuno Caravan petrol
e la canta ribadendoci l’incredibile capacità di apprendimento dei tunisini. Lui in particolare adora le canzoni italiane.
Ripartiamo. Siamo diretti a Tozeur, ma c’è una tappa importante da fare prima: il grande deserto di sale del Chott El Jerid, il più grande della Tunisia, il lago dei miraggi.
Il posto è evidentemente splendido, semplicemente incantevole. Scendiamo e ci fermiamo un bel po’ di tempo ad ammirarlo. La strada è circondata da bancarelle con le rose del deserto. Murhad ci informa che è qui che le rose vengono raccolte e perciò è qui che conviene comprarle. Il Chott El Jerid separa la regione di Kebili da quella di Tozeur, conosciuta per le sue oasi rigogliose. Difatti appena entriamo nella regione di Tozeur ci circondano le palme e ce ne sono a perdita d’occhio. Raggiungiamo un villaggio immerso nell’oasi e qui ci attendono i calessi per portarci proprio in mezzo ai palmeti. Il freddo è pungente anche qui, il vento è gelido, noi siamo uno spettacolo da polo sud… in pratica a restarci un altro po’ avremmo visto i pinguini che ci salutavano felici … Fuori dal villaggio, in mezzo alla sabbia, le case sono abbandonate o incomplete, lo spettacolo è vagamente desolante. Ma presto ci immergiamo nel palmeto con i calessi, il verde ci inonda, è meraviglioso. Scendiamo proprio al centro dell’oasi dove ci sono tutte le palme da datteri, i datteri migliori del mondo dedicati all’esportazione, i famosi Degla. Presto arriva un tunisino nanetto, 70 anni, scalzo, pronto a mostrarci come si sale sulle palme per raccogliere i datteri. Ha un’agilità tale che sembra di avere davanti una scimmia, comincia anche con una serie di acrobazie, mostrandoci la sua abilità a muoversi su tronco di palma senza cadere. Alcuni di noi cominciano, scherzando, a urlargli “Ora buttatiiii!”… e anche in questa occasione i tunisini fanno sfoggio della loro estrema capacità di apprendimento perché anche il nostro simpatico amico dopo poco, sempre dall’alto della sua palma, comincia a dire “Buttati buttati!!”. Murhad anche in questo caso ci ha consigliato di comprare il prodotto direttamente dove viene raccolto. Andando avanti a girare per l’oasi troviamo anche la capanna organizzatissima dell’atletico settantenne.
Ripartiamo verso Tozeur dove ci attende l’Hotel Bosma, tre stelle, per il pranzo. Anche questa è una struttura da favola, ma ormai abbiamo imparato che non è da questo che si può giudicare la qualità di un albergo in Tunisia, ma anzi molto spesso si tratta di molto fumo e niente arrosto. Dopo pranzo faccio l’errore di prendere un caffè: il barista è entusiasta del suo “espresso italiano”
di cui va orgoglioso, ma è solo per non ferire la sua sensibilità che non lo mandiamo a quel paese… perché se quello è espresso italiano allora noi siamo norvegesi…. Decido di arrivare alla mia camera, ma l’hotel infatti è paurosamente labirintico… ci sono atri, cortili, incroci, fontane, piscine e tantissime scale e soprattutto la disposizione delle camere non ha un criterio, o almeno non uno che sia immediatamente comprensibile…mi sono persa! Finalmente trovo un facchino, entusiasta: ha già fatto amicizia con Noemi perché ha dovuto accompagnare anche lei, quindi è felice di guidarmi fino alla nostra camera, in capo al mondo, portandomi anche la valigia. Quando arrivo c’è un’unica cosa che importa:c’è la stufaaaaa!!!!! Un sogno, un miracolo, un dono di Dio!!!
Usciamo. Tozeur ci accoglie subito con la sua architettura sahariana e i suoi particolarissimi adorabili mattoncini. Percorriamo diverse strade immersi in questa che è forse la città più bella che abbiamo visto finora. Arriviamo nel sito dove si svolge in questi giorni il Festival Internazionale delle Oasi e ci fermiamo a curiosare.
Mi aggancia un tunisino venditore ambulante che mi vuole rifilare una coppolina tunisina: mi sento una calamita perché li attiro tutti io. Presto noi ragazze dobbiamo occuparci di un nuovo problema: un gruppo di ragazzi tunisini ci hanno viste e ci fissano spudoratamente, la situazione è imbarazzante e abbiamo fretta di andar via.
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