REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno I n° 7 del 29/09/2005 PRIMA PAGINA


Considerazioni a ruota libera
Alla mia nazione
"la Patria è, prima di ogni altra cosa, la coscienza della Patria"
Di Giacomo Nigro


La strada del settennato di Carlo Azeglio Ciampi, eletto Presidente della Repubblica il 13 maggio del 1999, è ampiamente percorsa ed è stata caratterizzata dallo sforzo di rivalutazione del concetto di Patria. Fin dal primo discorso di fine anno (1999) egli accenna a questo concetto che la maggioranza di noi – diciamolo sinceramente – considera vecchio, logoro e relativo al passato: “L'Italia sarà quella che voi saprete essere. Sta a voi far diventare questa nostra Patria più forte e più bella, quella Patria per la quale tanti dei miei compagni di gioventù hanno dato la vita.” Disse Ciampi in quell’occasione. E ancora nel 2000: “Quanto a me, credevo di conoscere bene la mia Patria. Ma dopo un anno e mezzo di viaggi per l'Italia ho scoperto cose che non sapevo su quello che siamo noi, il popolo italiano. Ne ho tratto motivi di orgoglio, di fiducia, di speranza.” A fine 2003 ci disse: “E' realtà diffusa in tutta Italia il risveglio dell'amor di Patria. Ed è per me naturale dare voce a questo sentimento. Il senso di identità nazionale, il nostro patriottismo, si sono arricchiti di stimoli nuovi, che vengono dai progressi compiuti sulla via dell'unificazione dell'Europa.” E l’anno scorso: “Oggi ci sentiamo Europei, ma anche orgogliosamente Italiani. Da tempo non era così forte l'attaccamento dei cittadini, in ogni parte d'Italia, ai simboli della nostra Nazione: il Tricolore, l'Inno risorgimentale di Mameli, la Costituzione. Ovunque, dalle Alpi alla Sicilia, sento presente e crescente un forte patriottismo. Ad esso ho dato espressione, e ho trovato immediata, spontanea rispondenza. Ha scritto Giuseppe Mazzini - di Lui ricorre nel 2005 il bicentenario -: "la Patria è, prima di ogni altra cosa, la coscienza della Patria".

Ecco quest’uomo - che molti di noi sentono come un papà, un nonno - ha saputo in questi anni difficili, politicamente ed economicamente, essere un collante per la nostra nazione in difficoltà? Difficoltà non nuove, in realtà ricorrenti nel nostro recente passato. Ora più che le mie parole, a dare una risposta, valgono quelle di due Grandi Italiani che riporto in forma di dialogo perché mi paiono l’espressione di due epoche della nostra storia recente in apparente contrasto ma in fondo concordanti.

Pasolini: - Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico ma nazione vivente, ma nazione europea: e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!

Gaber: - Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c'è un'altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Pasolini: - Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti, tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti, proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Gaber: - Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.
Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato.
E' anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che è tutto calcolato
e non funziona niente
. Temo, in conclusione, che molto ancora ci sia da fare per convincerci ad usare la parola Patria con disinvoltura. Troppi problemi sono ancora da risolvere, il Sud ed il Nord continuano a viaggiare a velocità diverse, bisogna affrontare con maggiore equilibrio la globalizzazione dell’economia evitando lo smantellamento definitivo dell’industria manifatturiera e l’abbandono dell’agricoltura, non si può pensare di andare avanti col solo terziario e il turismo. Bisogna ritrovare unità sui problemi base della nostra società: scuola e sanità per dare un senso pieno alla parola Patria, Nazione.

Note:
ho citato
- “Alla mia nazione” di Pier Paolo Pisolini 1959
- “Io non mi sento italiano” di Giorgio Gaber 2003

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