REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno I n° 7 del 29/09/2005 PRIMA PAGINA


Il problema dell’Islam a casa nostra
Il caso delle scuola islamica di via Quaranta impone una riflessione.
E’ questa l’integrazione che cerca l’islam in casa nostra? Perché una scuola fuori da tutte le norme e non riconosciuta da nessuno avanza pretese? Domande senza risposta
Di Concetta Bonini


Nel rapporto tra lo Stato Italiano e l’Islam e in particolare le comunità islamiche radicate nel nostro territorio, assume un ruolo sempre più rilevante e preoccupante il caso della scuola islamica di via Quaranta a Milano.
Che la vicenda abbia assunto una tale importanza e, sostanzialmente, una tale sconcertante assurdità è da attribuire in primo luogo alla nostra incapacità di assumere una posizione chiara e coerente nei rapporti con l’Islam, che ci porta a brancolare disordinatamente, spinti talvolta dalla nostra giustificata paura, talvolta da un infondato perbenismo, impacciato, ignorante, o forse semplicemente ipocrita.
E così si creano pasticci come questo, palesemente in contrasto non solo con le leggi del nostro Stato, arbitrariamente ignorate pur di non offendere i nostri più o meno graditi ospiti, ma anche con la linea che abbiamo coscienziosamente scelto per tentare di difenderci dai colpi bassi e vigliacchi del terrorismo. Abbiamo scelto di mantenerci coerenti con i principi di solidarietà umana, in verità già troppo generosamente elargita, abbiamo accettato di intrattenere buoni rapporti con il presunto e cosiddetto islam moderato –ammesso e non concesso che esso non sia altro che una nostra invenzione-, ma abbiamo anche deciso di imprimere più di un giro di vite contro i focolai estremisti, dichiaratamente legati agli ambienti terroristi o semplicemente radicati nell’ideologia del peggiore manicheismo islamico.

E’ per questo che, in barba alla stupidità di chi gli offrirebbe bed and breakfast a casa propria, consideriamo ragionevole l’espulsione dell’imam di Torino Bouriqui Bouchta, che notoriamente dispensava la sua visione terroristica ed estremistica, fedele al culto del martirio e della jihad, elementi senza i quali non riusciva ad immaginare un vero islam. Ossia inneggiava alla guerra santa contro gli infedeli (leggi l’Occidente) mentre se ne stava comodamente adagiato come una serpe nel seno di casa nostra.

Ma se è questa la linea che abbiamo scelto di tenere, non si capisce proprio perché tanto baccano a Milano. La scuola di via Quaranta, cresciuta all’ombra delle moschee più pericolose d’Italia in materia di terrorismo, alleva da oltre 15 anni potenziali combattenti, educandoli sin dalla scuola elementare e media a venerare l’islam più bigotto e ostile alla civiltà in seno alla quale si sviluppa. Oggi ospita più di 500 bambini egiziani e, nonostante non sia riconosciuta né dall’Egitto né men che meno dallo Stato Italiano, continua a indottrinarli con testi religiosi, testi arabi ed insegnanti dalla dubbia preparazione culturale ma dalla ferrea preparazione religiosa. Tempo fa chiesero l’integrazione nel liceo “Agnesi”, rigorosamente con classi separate e programmi arabi, inizialmente accordata dall’assessore comunale e poi tempestivamente sventata dal ministro Moratti, che dimostra in questa situazione un briciolo insospettato di buon senso a patto che si mantenga coerente a sé stessa. Purtroppo però la scuola è cresciuta ancora, sempre all’ombra del nostro ottuso buonismo. Ma nemmeno gran parte dell’islam benpensante italiano si sente di approvare una simile condizione. Dopo la chiusura, la comunità egiziana pretende la riapertura e la parificazione della scuola, altrimenti rimanderà i propri figli a studiare in Egitto o peggio li educherà personalmente all’interno delle famiglie.

E’ questa l’integrazione che cerca l’islam in casa nostra? Chiudersi volontariamente in un ghetto culturale per accendere una miccia di intolleranza che prima o poi esploderà –questo è certo- contro di noi? Questa è l’apertura che noi dovremmo dimostrare loro in nome di un multiculturalismo che non esisterà mai?
Il paradosso, per chi lo vuole vedere, c’è ed è drammaticamente evidente. Pericoloso, sempre più pericoloso.
Adesso l’allarme di via Quaranta sembra, al termine di una gestazione al dir poco controversa, sul punto di rientrare nel rispetto delle leggi del nostro Stato. Speriamo che sia una condizione definitiva, ma resta il fatto che questo non sia stato altro che un episodio emblematico all’interno di un rapporto molto più importante e sempre più complesso.

Quando la smetteremo di nasconderci dietro a mezze scelte, a mezzi provvedimenti, a mezze azioni prontamente negate col terrore di ferire la sensibilità dell’amico islam? Quando sapremo finalmente discernere con logicità il buono dalla muffa? Quando ce lo avremo questo benedetto coraggio di difendere la nostra casa, la nostra vita, la nostra sicurezza e –anche se molti questo non lo vogliono- anche e soprattutto la nostra cultura?

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