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MADAGASCAR

Quattro animali e un dirottamento.

Di Daniela Losini

Per gli animali dello zoo di Manhattan (il leone divo Alex, Gloria la saggia Ippopotama, Melman la Giraffa malata immaginaria e Martin la Zebra amicona) i sapiens sono gli amici e collaboratori da intrattenere e a cui riferire nel bisogno mentre la natura è l’ignoto dal quale tenersi debitamente alla larga. La curiosità ci mette lo zoccolo e i quattro si ritrovano ad affrontare prima la giungla della città, capeggiata da una terribile vecchietta, e poi quella reale nell’isola di Madagascar.
Li attendono i lemuri, capitanati da Julian re vanesio e vanitoso preoccupato solo di organizzare rave party e di tenere alla larga le iene predatrici che ambiscono ai piccoli cuccioli come condimento di gustose insalate. Gli animali dello zoo superviziati, egoriferiti, ipocondriaci e sfaticati si trovano a vivere nell’habitat reale nel quale avrebbero dovuto crescere e rimangono traumatizzati dal manifestarsi della propria essenza che torna a galla frantumando gli equilibri di convivenza raggiunti nello stato di cattività.
Qualche buona battuta, qualche situazione divertente (le due scimmie sarcastiche e intellettualoidi) alcune citazioni di scene da film famosi e il brodo - brodetto - è servito. Abituati alle trovate pirotecniche di Shark Tale e alla rivoluzione dei clichè di Shreck qui tocca accontentarsi di contesti contingenti e stirati al limite ma quando arrivano in scena i pinguini, definiti psicopatici e protagonisti della gag più azzeccata quando commentano l’agognato Antartide, il film s’innalza toccando le vette cui ambisce ma che non raggiunge per tutta la sua durata e succedendo sei sette volte, queste gradite apparizioni estemporanee appaiono come la vera colonna portante della pellicola. La tecnica utilizzata per i disegni e la realizzazione del film è stata denominata “stira e allunga” una sorta di mix tra l’effetto finzione del cartone animato e la morbida perfezione realistica del rendering.
La natura chiama e divide per lasciar spazio alla catena alimentare e al proprio fondamento ed è qui il “core” più significativo e brillante: la spietatezza della foresta contro la civilizzazione della cattività. Finirà a cocktail marittimi e sushi e l’ennesima illusione di libertà.

Argomenti:   #cinema ,        #film ,        #recensione



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