|
|
Anno I n° 8 del 13/10/2005 PRIMA PAGINA |
|
Per "abitare" occore anche avere una casa!
Disagio abitativo
Il problema del disagio abitativo esiste ed è drammatico per chi lo vive in prima persona, ma non è tale da non poter essere affrontato e risolto
Di Giacomo Nigro
|
|
La casa è un diritto affermato dalla «Carta Universale dei diritti dell'uomo» e recepito come tale con una legge del '76 dallo Stato Italiano. Un diritto per i cittadini ha sempre o dovrebbe avere come conseguenza un «dovere-istituzionale» per chi governa. Dalla seconda metà degli anni '90, invece, i governi che si sono succeduti hanno di fatto eliminato o svuotato la legislazione precedente che almeno in parte garantiva tale diritto alle fasce di cittadini meno abbienti. Ed hanno delegato al mercato il soddisfacimento di questo fondamentale diritto.
Oggi, nelle grandi aeree urbane, soprattutto, è impossibile trovare un alloggio a prezzi sostenibili: esistono problemi di coabitazione, aumentano gli indebitamenti, i pignoramenti e le morosità per pagare fitti da usura. Si rendono precari molti settori sociali un tempo al riparo dalla crisi economica; si pensi alle recenti crisi produttive delle aziende del territorio piemontese che hanno reso e rendono gravoso e spesso impossibile pagare mutui e accedere al mercato della casa e quindi costruire una vita dignitosa e pianificare un futuro. Chi ha redditi troppo bassi o saltuari non riesce neppure ad accedere al mercato privato della casa. Il problema del disagio abitativo esiste ed è drammatico per chi lo vive in prima persona ma non è tale da non poter essere affrontato e risolto. E’ una questione di razionalizzazione e di ottimizzazione della risorsa casa che sul territorio dei Comuni italiani è scandalosamente sotto utilizzata a tutto danno delle fasce più deboli della popolazione in generale e di quella immigrata in particolare. Cosa fare per razionalizzare e ottimizzare in termini di politiche sociali adeguate una risorsa tanto sovrabbondante? Sono in atto da molti decenni in diversi paesi europei, e da anni anche in alcuni Comuni italiani, iniziative che mirano a portare a soluzione almeno parziale il problema casa indotto anche dai flussi migratori. Si tenta di sostenere piani di sviluppo dei comuni limitrofi alle grandi aree urbane che frenino la concentrazione della popolazione: piani che non prevedono solo lo sviluppo abitativo ma che includono anche la creazione di nuove infrastrutture industriali o del trasferimento delle vecchie e di servizi ricreativi e commerciali decentrati. Per citare un esempio, nel comune di Collegno, limitrofo alla metropoli torinese, negli ultimi anni è stata riconvertita una vasta area agricola in area industriale e commerciale ancora in fase di continua crescita e che attira anche aziende metropolitane. Il problema della casa è centrale nel dibattito politico, così come il lavoro la scuola e la sanità. Di cose in questo campo se ne possono e se ne devono fare diverse, utilizzando tutti gli strumenti disponibili e differenziando gli interventi in relazione ai bisogni dei destinatari (giovani coppie, lavoratori in mobilità, donne sole, anziani, immigrati, ecc.). Usare la leva fiscale e dell'Ici per «premiare» il fitto a certe condizioni e «penalizzare» le case «sfitte» da tempo; promuovere la residenza temporanea «casa in cambio di accudimento» per proprietari soli ed anziani; riqualificare il patrimonio pubblico lasciato in disuso attraverso lavori di ristrutturazione e manutenzione di appartamenti che possono essere ancora vivibili e non lasciati al degrado. In contesti come quello italiano in cui il mercato delle locazioni è bloccato dalla paura dell’inquilino che non paga, fa danni e non se ne va alla scadenza del contratto, una iniziativa di grande rilievo è quella che vede i Comuni farsi conduttori, titolari di contratti di locazione con i privati, per poi gestire gli appartamenti presi in affitto in maniera tale da garantire i proprietari. Questa misura ha consentito, dove è stata adottata, di ottenere in breve tempo la disponibilità di decine e decine di appartamenti. Un’altra iniziativa rilevante potrebbe essere quella del recupero e adattamento di vecchie strutture comunitarie abbandonate: collegi, ex-seminari, ex-caserme, a residenze per lavoratori italiani e stranieri, con stanze singole o doppie e servizi di portineria, pulizia, mensa, lavanderia e socializzazione anche in relazione alle nuove esigenze di mobilità lavorativa. Ma per questo occorrono risorse finanziarie che solo una politica lungimirante può ottenere dal sistema finanziario con mutui a 15-20 anni per un investestimento sul futuro. In questo senso Torino avrà la grande occasione di riutilizzare tutte le strutture abitative e non che si stanno predisponendo per le imminenti Olimpiadi Invernali. |
|
© Riproduzione vietata, anche parziale, di tutto il materiale pubblicato |