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![]() REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno I n° 8 del 13/10/2005 - LENTE DI INGRADIMENTO Le abitazioni trogloditiche |
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![]() ![]() Già in questo periodo fu aggiunta alla difesa naturale, una barriera che andò ad accentuare il carattere difensivo della Cava, una sorta di “muraglia megalitica” che impediva a chiunque l’accesso. Anche i Sicani, comparsi tra il X e il V millennio a.C., approfittarono delle caratteristiche della Cava e, secondo una delle tante teorie etimologiche sul nome che tuttora conserva, furono proprio loro a battezzarla da una sintesi di “Js” e “pac” ovvero “il focolare domestico” e “la rupe”, a sottolinearne ancora una volta il duplice vantaggio di abitabilità e di difesa. ![]() La struttura fu sicuramente modificata nel corso dei secoli, con la realizzazione di piani ulteriori e dunque un notevole ampliamento, ma allora doveva già presentarsi grandioso, probabilmente la sede del sovrano della “città delle grotte” a sua volta composta da imponenti insediamenti rupestri, veri e propri villaggi trogloditici. All’arrivo dei Siculi, nel XIV sec. a.C., è probabile che anche la Cava fu teatro delle violente battaglie tra i due popoli fino a che anche i nuovi arrivati vi si stanziarono ed estesero l’area abitativa a nuovi villaggi nei pressi della Cava ed anche oltre fino al mare, villaggi che si aggiunsero alle comunità organizzate in gruppi dislocati lungo tutta la sua distesa, in migliaia di piccole abitazioni realizzate anche a più piani e a notevole altezza, letteralmente affacciate nel vuoto.
E fu ancora nella sola Cava Ispica che ripiegarono velocemente i Siculi, abbandonando il resto dei villaggi, all’arrivo dei Greci in Sicilia, quando decisero di restare per la maggior parte indipendenti rifugiandosi, appunto, in luoghi inaccessibili, non disdegnando solo col trascorrere del tempo l’inizio dei contatti commerciali ed, infine, la collaborazione con gli Elleni. ![]() Ma un nuovo periodo di successo abitativo fu raggiunto senza ombra di dubbio dopo il passaggio di S.Paolo in Sicilia, quando divenne un ottimo rifugio per le comunità cristiane di migliaia di persone che trovarono asilo nelle grotte, in molti casi modificandole ed ingrandendole. In seguito alla rivoluzione religiosa e allo sviluppo del monachesimo, Cava Ispica fu prescelta per la sua naturale predisposizione all’isolamento ascetico e grandi comunità religiose si spesero attivamente nel recupero delle risorse naturali e architettoniche della Valle, effettuando ulteriori ampliamenti e veri e propri conventi a più piani, collegati da ardite scale a chiocciola, realizzati nel vivo della roccia. Uno di questi monasteri, realizzato forse con interventi successivi in epoche diverse, conta addirittura cinque piani e 1500 mq. Ma, anche senza una tale pretesa di grandiosa monumentalità, in tutta la valle sono omogeneamente presenti ambienti di questo tipo a più piani intercomunicanti. Non a caso, al periodo bizantino risalgono anche la maggior parte delle “chiese” ancora ben conservate lungo la Cava, e le testimonianze di una enorme comunità di almeno 10.000 abitanti, ben collegata e autonomamente organizzata ed amministrata. Dall’invasione musulmana alla dominazione normanna e sveva, queste comunità della Cava non furono coinvolte negli avvenimenti storici, circostanza che rimase pressoché intatta all’arrivo degli spagnoli quando venne a cadere interamente sotto la Contea di Modica. ![]() Le caratteristiche abitative di Cava Ispica cominciarono poi ad essere compromesse una prima volta in seguito al terremoto del 1542, a causa del quale molte grotte crollarono. Negli anni successivi la storia del popolo della Valle fu un triste susseguirsi di siccità, carestie e pestilenze che resero drammatica la ormai palese inadeguatezza della Cava come luogo di abitazione a tempo pieno nella modalità dell’autostostentamento, sebbene tali disgrazie furono superate dignitosamente. Fu il 1693 l’anno della definitiva disgrazia, quando dopo siccità e raccolti distrutti, arrivò il gravissimo, violentissimo terremoto unito all’eruzione dell’Etna. Le parti distrutte della Cava furono innumerevoli, le grotte franate altrettanto. ![]() Ma ad onor del vero Cava Ispica non è mai stata deserta. Al di là dell’interesse turistico che suscita con sempre più determinazione, tutt’oggi la Cava conta qualche resistente membro del suo popolo, qualche particolarissimo personaggio che vive di frutta, di caccia, di pesca, che conosce le grotte come le sue tasche e cerca con il suo bastone l’acqua che scorre sotto le rocce come probabilmente, ininterrottamente, qualcuno ha sempre fatto dal Paleolitico ad oggi.
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