In questi ultimi 20 anni abbiamo assistito al fiorire di numerose manifestazioni teatrali di carattere internazionale. Fino ai primi anni ’80 la programmazione dei teatri italiani era essenzialmente nazionale, anche gli spettatori più appassionati avevano scarsa conoscenza degli spettacoli che andavano in scena nelle principali città europee. Ad eccezione di alcuni critici scrupolosi in giro per festival o di addetti ai lavori a caccia di nuove idee, lo spettatore italiano aveva la percezione di quanto avveniva all’estero solo attraverso gli occhi dei capocomici nostrani che avevano spesso l’abitudine di ispirarsi agli spettacoli dei registi stranieri. Al giorno d’oggi, e non solo per effetto della cosiddetta globalizzazione, capita frequentemente di poter assistere a spettacoli stranieri, soprattutto europei.
E’ il caso di Roma questo autunno e non solo grazie al Festival RomaEuropa che ormai da più di dieci anni costituisce vetrina privilegiata di spettacoli internazionali all’avanguardia.
Quest’anno dal 24 settembre al 23 ottobre si svolge a Roma anche il Festival dell’Unione dei teatri d’Europa, grande rassegna internazionale che Strehler inventò dopo aver fondato il Teatro d’Europa. In tre dei principali teatri della capitale (Argentina, Valle, India) è possibile assistere ai migliori spettacoli prodotti l’anno scorso in Europa. Ad inaugurare la rassegna ci ha pensato lo spettacolo “Edipo a Colono” di Sofocle per la regia di Mario Martone, una produzione del teatro di Roma pensata appositamente per lo spazio del Teatro India, mirabile esempio di riconversione di architettura industriale che lo stesso Martone, durante il suo periodo di direzione artistica, decise di far acquisire al Teatro di Roma come spazio alternativo al più conosciuto e centrale Teatro Argentina.
Lo spettacolo comincia all’imbrunire nello spazio esterno, delimitato dalle sculture e dalle istallazioni di Mimmo Palladino; Edipo, stanco, vecchio e cieco giunge alle porte di Colono, accompagnato dalle sue due figlie. L’azione continua poi all’interno in una prima sala e poi in una seconda; il pubblico segue da vicino il percorso del viandante Edipo, sente alternativamente l’accoglienza e l’ostilità del popolo e del re di Colono e non ha difficoltà ad immedesimarsi nella difficile condizione dell’esule maledetto. Particolarmente riuscite le scene in cui interviene il coro guidato dall’attore siciliano Vincenzo Pirrotta, capace di esibirsi in una sorta di canto sincopato che ha il potere di trascinare prima l’attore e poi lo spettatore in una trance catartica realmente impressionante. Molto buone le intepretazioni di Toni Bertorelli, Valerio Binasco e Andrea Renzi.
Sempre nell’ambito di questo Festival al teatro Argentina il 25 e il 26 settembre è andata in scena un’opera teatrale ideata e orchestrata dal compositore tedesco Heiner Goebbels dal titolo “Eraritjaritjaka Musée des phrases” prodotta dal Théatre Vidy di Losanna. Si tratta di uno spettacolo davvero singolare costruito sugli appunti tratti dai diari del poeta e scrittore Elias Canetti, con la presenza fortemente significativa di una musica scelta quasi esclusivamente nel repertorio del XX secolo (Sostakovic, Scelsi, Ravel, Goebbels, Bryars), magistralmente eseguita dal quartetto d’archi Mondrian. Lo spettacolo (il cui titolo Eraritjaritjaka vuol dire Nostalgia nella lingua aborigena) ha come tema principale la percezione e l’appropriazione del mondo da parte dell’individuo e si avvale di una unica voce recitante, quella di André Wilms che si muove in una scenografia scarna ma studiata nei minimi dettagli, oltreché assistita da supporti di alta tecnologia. Il protagonista si interroga continuamente sul rapporto tra l’individuo, che forma un tutt’uno con il suo microcosmo, e il mondo esterno. Il plastico di una piccola casa e uno strano elettrodomestico con antenne che assomiglia ad un grosso insetto, sono gli oggetti presenti nella prima parte dello spettacolo, chiamati a rappresentare il microcosmo del protagonista. Nella seconda parte della messa in scena la sagoma della casetta con finestre diventerà uno schermo gigante sul quale saranno proiettate le immagini di Wilms che esce dal teatro Argentina (prontamente seguito dal mago del video live Bruno Deville), sale su una macchina e si reca in un appartamento sito in una strada adiacente al teatro a compiere una serie di azioni quotidiane tra le quali cucinare una frittata di due uova. Il tutto sotto gli occhi stupiti di un pubblico che, probabilmente mai, aveva assistito ad uno spettacolo teatrale in una sorta di assenza/presenza degli attori.
Gli spettatori della prima, entusiasti di questo fine intreccio tra parole, movimenti, musica e immagini video, hanno tributato ad attore, musicisti e tecnici lunghi e calorosi applausi.
Di altro genere ma non per questo meno interessante, lo spettacolo “Ubu’s” basato sulle pièces di Alfred Jarry, per la regia di Ricardo Pais, direttore artistico del teatro Nacional Saõ Joaõ di Oporto. Il regista portoghese sceglie di rappresentare questa grande e bizzarra satira del potere, scritta da Jarry alla fine del XIX secolo precorrendo tutte le avanguardie del secolo successivo, come un varietà musicale, interpretato da attori che sono anche musicisti e ballerini vestiti con costumi grotteschi, in una scena multicolore e multiforme ingombra di strani e disparati oggetti. La bizzarria della trama e del comportamento del Re Ubu, grottesco tiranno, viene sottolineata dall’intervento continuo di canti e balli folclorici, che richiamano i cosiddetti Balletti Portoghesi Verde Gaio, che erano sempre presenti nelle manifestazioni ufficiali del regime dittatoriale portoghese degli anni 40 - 70. E’ evidente quindi da parte del regista la volontà di alludere, attraverso le invenzioni di Jarry, alla storia recente del suo paese. Nonostante qualche lentezza e la difficoltà di leggere i sopratitoli, il pubblico ha dimostrato di avere molto apprezzato lo spettacolo.
Per ulteriori informazioni:
http://www.romaeuropa.net/
http://www.festivalteatrodiroma.net/index.asp
Unione dei Teatri d’Europa
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