REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno I n° 10 del 10/11/2005 PRIMA PAGINA


Clima di insurrezione
I fatti di Parigi preoccupano. La tensione della piazza è ormai palpabile anche da noi
Quando si parla di “periferie” non ci si deve limitare al luogo ‘‘urbanistico”, ma anche ai ghetti sociali. Il comportamento di forze politiche sembra incentivare lo scontro anziché cercare le vie pacifiche
Di Giovanni Gelmini


La Francia è scossa da una rivolta in piena regola. Come per tutti gli avvenimenti di questo tipo, ora è prematuro parlare dei motivi e di cosa rappresenti. Le informazioni sono incomplete e l’unica cosa quasi certa è l’elenco dei danni. Una cosa comunque appare evidente, l’esistenza di un malcontento che non riguarda gli immigrati in senso stretto, ma i cittadini francesi di serie ‘B’, in genere figli di immigrati e diversi per colore o per fede, ma sempre emarginanti in ghetti delle banlieue. La protesta sembra attaccare anche altri paesi europei: Olanda, Belgio e Germania.

Quando si dice che le nostre periferie sono a rischio evidentemente non si fa riferimento a meccanismi identici a quelli francesi, non abbiamo un fenomeno di immigrazione come quello, ma che esistono problemi di emarginazione e sfruttamento gravi anche da noi e che questi, sulla spinta dell’esempio francese, possono muoversi e scendere in piazza.

Lo scontento è elevato e la povertà è in preoccupante aumento. Al contrario i mass media continuano a propinare al loro pubblico modelli irraggiungibili di vita. Questo non fa che aumentare il disagio di chi ha difficoltà a sbarcare il lunario, spesso con un lavoro incerto e saltuario, siano essi italiani da molte generazioni o immigrati regolari o immigrati clandestini.

È comunque innegabile che anche da noi la tensione della piazza sta crescendo. Spesso poi queste tensioni, che nascono da problemi reali ben circoscritti senza nessuna intenzione di diventare delle sommosse, vengono cavalcate da chi vuole mostrare i muscoli, a volte dalle ali estreme di sinistra, altre da parte di chi è al potere che non apre il dialogo sui problemi reali, magari va a sfottere i dimostranti per calmare gli animi o addirittura attribuisce alle proteste contenuti inesistenti. Esiste però anche una realtà che mostra come l’ambiente che ci circonda sia esplosivo. L’integralismo islamico si fa più minaccioso, questo lo possiamo leggere in tanti piccoli avvenimenti, ma il culmine lo si è visto nella Scuola di Via Quaranta, dove le proteste si sono mantenute nei limiti del civile, ma che hanno ben mostrato pretese di imposizione di regole a noi estranee da parte dei quel gruppo di genitori.

Questa escalation è preoccupante. Perché in effetti noi abbiamo molte periferie a rischio e per periferie non intendo semplicemente quartieri di paesi o città, ma aree fatte da persone che costringiamo a vivere in forme di degrado.

La non accettazione del diverso e il trattamento che gli riserviamo di semischiavitù è uno dei primi elementi di questa creazioni di periferie e questo non vale solo per gli islamici.

Resta comunque il fatto che i problemi sociali non si possono gestire solo con la repressione, questa deve essere la difesa sempre presente, ma da usarsi solo nei casi necessari. La via deve essere cercare il superamento dei problemi attraverso processi di riduzione dei motivi di contrasto. Per fare un esempio per il problema dell’immigrazione si deve combattere l’immigrazione clandestina, sia fornendo le condizioni di accesso attraverso quella regolare a chi ne ha le possibilità, sia combattendo in modo deciso chi sfrutta questa forma di immigrazione ed infine evitando che il clandestino ormai presente abbia come unica risorsa di vita la collaborazione con la criminalità.

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