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L’evoluzione del terrorismo appare come un ‘limite allo sviluppo’ Breve sintesi critica dell’evoluzione storica e metodologica della macchina del terrore dall’ ‘800 ad oggi Di Marina Minasola
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Il terrorismo è un metodo di lotta politica fondato sul ricorso alla violenza (sotto forma di attentati, sequestri ed operazioni di sabotaggio e non nella forma di “sommossa” ), attuata per lo più allo scopo di sconvolgere e mettere in crisi un ordinamento politico costituito. Anche il terrorismo si sviluppa; può non risultare immediato capire come possa svilupparsi la violenza, ma ci aiuta la stessa storia del terrorismo.
Le prime iniziative di tipo terroristico si sono verificate nel corso del XIX sec.; secolo della prima rivoluzione industriale, della nascita della classe operaia e del diffondersi delle idee anarchiche di Bakunin e delle idee social-comuniste di Marx, secolo di nascita di nuovi ideali di indipendenza dei vari paesi, dal mito napoleonico alla carboneria italiana, secolo di moti e rivoluzioni. Sino alla prima metà del secolo XIX va però detto che l’industrializzazione era ancora in forma molto diversa da quella attuale; vigeva infatti il principio del lazair-affair, le industrie erano a conduzione familiare con al centro la figura dominante del padrone. Era quindi una società ancora fortemente gerarchizzata anche se non più ormai feudale. A questi 100 anni possono essere fatti risalire i primi attentati terroristici, che miravano a destabilizzare il potere ma erano compiuti da singoli individui dai grandi ideali e dallo scarso realismo storico e che spesso si sono fatti travolgere dalle impreviste conseguenze delle loro stesse azioni. Essi colpivano soggetti potenti e ben precisi, proprio perché ancora la società era strutturata in modo tale da accentrare nelle mani del padrone tutto il potere e perciò lo rendeva inviso alla classe degli sfruttati che andava assumendo sempre maggiore consapevolezza dei propri diritti. Nella seconda metà del secolo il clima culturale è lo stesso, con la sola differenza che ora il padrone regge nelle sue mani imprese di maggiore spessore e che nel popolo si andava affermando sempre di più l’idea romantica di Nazione, che vedeva nell’Unità poi raggiunta la fine dei particolarismi sociali. Con il nuovo secolo, fino alla prima guerra mondiale si accresce sempre più l’industria monopolistica ed oligopolistica ma parallelamente nascono, anche a causa del rafforzamento del nazionalismo, le prime industrie statali. E’ in questo momento storico che avvengono i primi gravi atti terroristici della tipologia che ho citato poco sopra. E’ questo infatti il caso dell’assassinio, nella fatidica notte del 28.06.1914 a Sarajevo, dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’Austria, e della sua consorte, ad opera di uno studente bosniaco, episodio che fu la causa contingente della prima guerra mondiale. Ma forse quello più interessante per noi è il caso del reicidio avvenuto in Italia il 29 luglio del 1900 ai danni di re Umberto I, ucciso da tre colpi di pistola sparatigli dall’operaio anarchico Gaetano Bresci; compiuto ad una persona isolata al solo scopo di punire il cattivo governate. Quest’ultimo attentato ha avuro in pratica come unica conseguenza la salita al trono di Vittorio Emanuele III°. Dopo la seconda guerra mondiale il terrorismo fu assunto come strumento di lotta da movimenti indipendentisti come in Israele, Algeria, Irlanda del Nord, Paesi Baschi, Corsica nonché da gruppi di estrema destra come l’OAS in Francia, questi movimenti vanno però sempre inquadrati come locali e dovuti ad una situazione socio-politica contingente. In questa fase storica i cambiamenti economici e politici sono radicali. Se infatti da un lato le nazioni diventano finalmente “democratiche” allargando quindi, almeno in teoria, la ristretta cerchia oligarchica al potere che gradatamente non viene più identificato in un’unica persona, dall’altro lato anche sul fronte economico i mercati si ampliano improvvisamente con la nascita delle multinazionali. Il potere si riversa perciò nelle mani delle lobby e la politica mondiale diviene transnazionale con la costituzione di rigide alleanze come ad esempio il patto Atlantico e quello di Varsavia. Forma e rilevanza ancora estremamente differente ebbero pertanto anche gli attentati avvenuti nel corso della seconda metà del secolo scorso. In Italia, durante i così detti “anni di piombo”, gli attentati terroristici erano quasi all’ordine del giorno ma avvenivano con modalità molto differenti dal passato: furono gli anni della “strategia della tensione” che deve essere sempre considerata come fenomeno locale ma che per la prima volta nel nostro paese non colpiva soltanto personaggi al potere ma anche gente inerme (cosa molto simile alle attuali forme di terrorismo) allo scopo appunto di suscitare tensione tra le fazioni di destra e quelle di sinistra. Questa “strategia” è stata aperta in Italia il 12.12.1969, con la strage di piazza Fontana a Milano, quando una bomba, esplosa nei locali della Banca Nazionale dell’Agricoltura, causò 16 morti e numerosi feriti: a questo attentato ne seguirono molti altri (piazza della Loggia, Brescia, 28.5.1974: 9 morti; treno Italicus, 4.8.1974: 12 morti; stazione di Bologna, 2.8.1980: 85 morti e centinaia di feriti; rapido 904, a San Benedetto Val di Sambro, 23.12.1984: 15 morti). La matrice di tali attentati, è attribuibile a gruppi eversivi di estrema destra, collegati e coperti da settori dei servizi segreti e da organizzazioni di mafia e camorra.. Negli stessi anni si è sviluppato in Italia anche un terrorismo di estrema sinistra, alimentato dai nuclei formatisi in seguito alla crisi delle grandi lotte studentesche e operaie del 1968-72. Si è costituito col tempo il cosiddetto partito armato, che contava su numerose formazioni: dalle Brigate Rosse (le più agguerrite ideologicamente e militarmente) ai Nuclei armati proletari (NAP), a Prima Linea, alle Unità comuniste combattenti, alle Formazioni comuniste combattenti. Queste organizzazioni si sono rese responsabili di un crescendo di atti violenti diretti verso il potere che osteggiavano: da ferimenti a sequestri, quindi omicidi di dirigenti politici, magistrati, industriali, giornalisti, esponenti delle forze dell’ordine. Tale periodo, culminò col rapimento e la successiva uccisione di A. Moro nel 1978. Nessuno di noi da quei tristi momenti si è più sentito al sicuro; abbiamo paura di viaggiare, facciamo prove antiterrorismo nelle nostre città, guardiamo con sospetto i mussulmani che incontriamo. Questo perché l’occidente è ormai tutto un unico popolo, poco importa se il suolo italiano non è stato ancora attaccato: noi ci siamo sentiti attaccati, perché la gente che è morta era come noi, si vestiva come noi con gli abiti delle multinazionali, viaggiava, parlava come noi e guardava i nostri stessi film. Quelli che ci hanno attaccato non sono più le singoli folli menti anarchiche dell’ottocento, né tanto meno si tratta delle organizzazioni del novecento che attaccavano i potenti o che, anche se colpivano le masse, erano pur sempre un fenomeno strettamente locale, ora parliamo di cellule terroristiche molto potenti, diffuse su tutto il territorio mondiale, che sfruttano le più moderne ed avanzate tecnologie, attorno alle quali ruotano enormi quantità di denaro e di adepti pronti a sacrificare la propria vita che vengono arruolati ed addestrati ad uccidere in apposite scuole. Parliamo di organizzazioni che non si pongono l’obiettivo di colpire direttamente il potere ma lo intaccano profondamente stroncando le vite della popolazione comune e generando terrore non soltanto tra la gente di un singolo luogo, ma tra tutto il suo bacino culturale. E’ una guerra di culture, di religione e di potere. Una guerra tra due mondi. Al Qaeda, tanto per citare quello che è probabilmente il più “illustre” esempio, rappresenta con le sue azioni l’incarnazione di questa lotta. Lotta che, come si può leggere nelle pagine della “Megamacchina” di Latousche, ha cause economiche e si fonda sul dislivello di benessere che la “Megamacchina” dell’economia ha creato tra Nord e Sud del mondo; dislivello in aperto contrasto con il desiderio di uniformazione portato dalla globalizzazione. Il consumismo occidentale ha quindi causato un crescendo di malcontento nella cultura islamica e non solo, che per mezzo del terrorismo tenta di “punire” il modello occidentale che va apertamente contro Dio. Con l’ampliarsi dei mercati, con la perdita delle singole culture nazionali, con lo sviluppo della comunicazione globale e dell’occidentalizzazione e americanizzazione del mondo, anche il terrorismo ha ampliato i sui fronti ed è passato da fenomeno locale a fenomeno globale e si è tecnologizzato sempre più: si è insomma sviluppato. Ecco la spiegazione. Argomenti: #al qaeda , #anni di piombo , #limiti dello sviluppo , #megamacchina , #piazza fontana , #politica , #storia , #strage , #terrorismo Leggi tutti gli articoli di Marina Minasola (n° articoli 39) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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