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 Anno I n° 11 del 24/11/2005    -   TERZA PAGINA


Zibaldone
Gabriel Garcìa Màrquez – Memoria delle mie puttane tristi - Mondadori
...Una piccola favola sorprendentemente adorabile...
Di Concetta Bonini


Gabriel Garcìa Màrquez. Di scrittori come lui il mondo ne regala uno ogni tanto, per ricordarci l’esistenza e il senso della genialità. Il suo premio Nobel per la letteratura nel 1982 resta tuttora uno dei più meritati in assoluto, perché la vita infinita di Cent’anni di solitudine ha fatto storia nella letteratura e ha inaugurato il processo di conquista sulla cultura da parte della magia e del fascino del Sud America. Mentre la sua eredità sta crescendo in certe pagine di Isabel Allende (cosa con la quale lui potrebbe benissimo non essere d’accordo), il vecchio dimostra ancora una grande voglia di vivere e di scrivere.
Nel 2005 Gabriel Garcìa Màrquez è uno dei pochi che riesce a scrivere un libro breve che non sia inutile. Il suo ultimo romanzo, Memoria delle mie puttane tristi, è un piccolo autentico capolavoro, che forse non sarà annoverato tra i suoi più grandi successi ma che meriterebbe di essere indimenticato. Qui c’è la sua maturità, c’è la capacità di racchiudere una vita intera in poche pagine, in poche righe, c’è il sapore concentrato, denso e intenso, di una vena letteraria autentica che si consolida nel tempo piuttosto che affievolirsi.
Il titolo è volutamente provocatorio -a questo, del resto, Marquez non ha mai rinunciato- ed è un omaggio al romanzo del premio Nobel Yasunari Kawabata, “La casa delle belle addormentate“.
Tra le pagine si assapora la delicatezza di una saggezza esperiente e vissuta, silenziosa senza retorica e pungente senza invadenza. Il contenuto invece è di una dolcezza disarmante, struggente, le parole vibrano di un amore che ha la placidità della tenerezza.
L’unico protagonista è un professore e giornalista colto e solitario, insopportabilmente metodico, egoisticamente eccentrico, che si circonda del piacere raffinato di musica classica e di selezionatissime letture, uno che ammette orgogliosamente: “Non sono mai andato a letto con una donna senza pagarla”. E’ il giorno del suo novantesimo compleanno. Ha lucidamente e sensatamente deciso di “mettere termine felice a una vita lunga e degna senza la brutta condizione di morire”. Vuole solo regalarsi “una notte d’amore folle con una adolescente vergine”. Ma qualcosa non va come pensava e non perché l’età gli abbia arrugginito le reazioni fisiche. Piuttosto ha indotto in lui il seme di un processo finora mai provato: i sentimenti. A novant’anni, di fronte al bel corpo nudo e intatto di una quattordicenne, scopre “l'inizio di una nuova vita a un'età in cui la maggior parte dei mortali è già morta” Non importa quanto sia reale quella ragazzina, lui ha bisogno di un’ideale da creare, di un’ossessione da inseguire, di una felicità ancora da scoprire. E questa volta non può farlo violando quel prezioso corpo bambino, questa volta non c’è bisogno del sesso perché basta l’amore, anzi questa volta forse alla fine deciderà di provare “la meraviglia di scopare con amore”. Nell’attesa di essere pronto a vivere, le regala notti di musica classica in cui le legge delicati racconti, circondati dai suoi quadri preferiti e coronati da qualche prezioso gioiello della sua invincibile madre italiana.
Dal titolo non si direbbe, ma Marquez riesce a parlare di puttane senza diventare mai nemmeno lontanamente volgare.
E’ una piccola favola sorprendentemente adorabile, in una prosa elegantemente adorabile, costellata da descrizioni minuziosamente adorabili. Una perla modesta, nascosta e preziosa, assolutamente da non perdere.



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