Il Brasile è rimasto costernato dalla scoperta che il partito del presidente Ignazio da Silva, in arte Lula, sia stato colto con le mani nel sacco come furono colti i nostri maggiori partiti dall’allora giudice Di Pietro e tutti i colleghi della procura di Milano.
Per noi italiani quindi quello accaduto al PT di Lula (Partido dos Trabalhadores – ossia Partito dei Lavoratori) è un déjà vu che non ci sconvolge più di tanto.
E ancor meno avrebbe dovuto sconvolgere i brasiliani, ormai da decenni abituati ai latrocini di politici, giudici e impiegati dello stato. Sennonché il presidente Lula aveva costruito la propria campagna pubblicitaria basandosi sulle mani pulite del proprio partito, da anni all’opposizione e da anni tentando di piazzare il suo candidato principe, Lula appunto, al comando del paese, dove il Presidente ha poteri forti.
Il colmo della faccenda è che persino una parte della classe imprenditoriale, dopo anni di scandali a non finire tra i politici e gli aggregati al baraccone della politica, con una economia sempre in bilico tra la discreta tenuta e la bancarotta, con un debito estero da far paura e interessi annuali da pagare che invece di essere pagati venivano in buona parte rimessi a debito con altri interessi in più da saldare, avevano accettato la vittoria di Lula come il meno peggio, anch’essi speranzosi che almeno in termini di corruzione un miglioramento ci sarebbe stato.
La cosa strana della faccenda è che in termini di pensioni, prima di Lula era stato fatto qualcosa di veramente strano e la gente poteva andare in pensione con 25 anni di lavoro, pensioni misere in confronto allo stipendio, ma comunque in grado di far continuare a lavorare il brasiliano e guadagnare lo stipendio oltre che la pensione, tutto ciò con forte aggravio per le già misere finanze dello stato.
Lula all’inizio del suo mandato si era circondato di un ministro delle finanze capace e di industriali di una certa esperienza, proprio quelli che lui, nella carriera di sindacalista aveva sempre combattuto, anche quando tali battaglie erano fuori legge tant’è che al tempo della dittatura militare aveva rischiato la galera diventando un punto di riferimento per tutta la classe lavoratrice. Ma con l’andare degli anni e a capo del PT aveva moderato il suo spirito battagliero e barricadero e aveva cominciato a imparare l’arte del compromesso, la moderazione e i toni meno accesi tanto da presentarsi alle elezioni (ne aveva già perse due) che l’hanno portato alla Presidenza in veste molto accomodante con il settore industriale e calcando la mano sulla campagna anti-corruzione che lui e il suo partito avrebbero promosso nel quadriennio della sua presidenza.
Poi il patatrac! Scoprono un tizio - fare nomi non serve visto che per noi in Italia sono illustri sconosciuti – all’aeroporto che esce dal Brasile con le mutande piene di dollari e lo fanno parlare. I soldi erano del PT e stavano per essere esportati. Le successive indagini hanno tirato fuori tanti di quegli scheletri negli armadi del PT che al povero Lula è toccato presentarsi in televisione davanti al popolo brasiliano, come un cane bastonato, chiedendo scusa e dicendo che lui di tutti quei capitali all’estero, di tutte quelle bustarelle era completamente all’oscuro. Mi viene in mente la bava alla bocca di Forlani davanti a Di Pietro, l’impudenza di Craxi che etichettava di “mariuolo da strapazzo” colui che contribuì all’inizio della fine del PSI, con quei sette milioni buttati nel water del Pio Albergo Trivulzio, per non farseli trovare addosso dalla Guardia di Finanza che era stata avvertita di questa “estorsione” partitaria e aveva approntato la trappola ...... e non vado avanti nei confronti. Questo episodio brasiliano dimostra per l’ennesima volta che son tutti “santi” finché non vanno al potere e poi si scopre che santi non lo erano nemmeno prima di prenderlo quel potere e che quest’ultimo aveva solo dato loro più possibilità di introiti sotterranei.
Ricordando una delle più celebri frasi andreottiane – il potere logora chi non ce l’ha – possiamo dire che ha logorato tanto quei poveri “petisti” (così si chiamano gli iscritti e simpatizzanti del PT) che quando sono arrivati al potere hanno pensato bene che il denaro “abaixo da mesa” (espressione traducibile in “sottobanco” e cioè pagamenti in nero), che passava anche quando erano all’opposizione, avrebbe potuto essere molto di più con Lula presidente e così si sono fatti prendere dallo stesso vizietto degli avversari politici che in quelle cose ci avevano sguazzato per anni. E proprio perché le conoscevano bene è stato facile per loro prendere con le mani nel sacco un “corriere” che viaggiava con soldi neri e legato al PT: il resto è stato anche sin troppo facile. Gli accusatori di oggi sono quelli che in passato ne hanno fatte peggio che Bertoldo, ma si sa che le cose vanno così e come disse Craxi in Parlamento “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Eppure Lula era riuscito, nei primi due anni del suo mandato, a ridurre il debito estero e a far pagare meno interessi per tale debito; era riuscito a stabilizzare l’economia su livelli discreti e la produzione brasiliana era diventata competitiva senza ricorrere all’inflazione che aveva raggiunto i livelli più bassi degli ultimi trent’anni. Inoltre il Real si è rafforzato sul dollaro e sull’Euro molto rapidamente tant’è che solo un anno fa l’Euro si scambiava quasi 4 a 1 e oggi è sul 2.6-2,7 a 1.
Ma le promesse fatte al popolino sono state parecchie e solo poche sono state mantenute: le campagne demagogiche, tipo quella battezzata “fome zero” (fame zero), si sono dimostrate fallimentari. E in Brasile andare a votare è obbligatorio per cui anche i ceti sociali più bassi hanno un grosso potere elettivo. Pertanto la rielezione di Lula nel 2006 è ora qualcosa di poco probabile mentre solo sei mesi fa le statistiche la davano quasi sicura.
Qui a fianco una foto che circola in internet e che riporta il curriculum di Lula in tono da presa in giro, ma sono molte le barzellette e le prese in giro, alcune divertenti altre feroci.
Traduco solo alcune parti.
Formazione Accademica
Post-laurea: non la possiedo
Laurea: non la possiedo
Superiori: non la possiedo
Ginnasio: incompleto
Elementari: questa la possiedo
Esperienza professionale
1957: Senza lavoro retribuito
1959: “Ragazzo di ufficio” (Magazzini Generali Columbia)
1962: Metallurgico
(Metalurgica Aliança)
1966: Metallurgico
(Industrias Villares)
1969: Supplente del Sindacato dei Metallurgici di São Bernardo do Campo (SBC)
1972: Segretario del Sindacato Metallurgici di SBC
1975: Presidente del Sindacato dei Metallurgici di SBC
1986-1987 – Deputato Federale
1989-2002 – Disoccupato
2003 – Presidente della Repubblica
Informazioni aggiuntive
Corsi e Seminari: Tornitore meccanico
Portoghese: fluente
Inglese: “Me not anderstend much. Tu xisburguer preaze!"
Nozioni di informatica: “Quando ho perso il mio dito mi sono trovato operatore di computer, può servire?
Hobby: “Bere un sorso di tanto in tanto”
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Ci sono poi articoli al vetriolo su diversi giornali e qui sotto ne riportiamo uno assai recente che parla di come Lula abbia ricevuto una ragguardevole pensione di lavoro pur non avendo raggiunto i 25 anni minimi previsti (che sono già pochini!!!), grazie a un escamotage che l’ha fatto riconoscere amnistiato politico ai tempi dei militari nonostante non abbia passato in galera nessun periodo.
Da un giornale brasiliano
Articolo di Cláudio Humberto (traduzione di Roberto Filippini Fantoni)
Lula si è pensionato a 42 anni: un documento del INSS (INPS italiano) ottenuto dall’articolista mostra che il presidente Lula non può lamentarsi della vita: la pensione speciale per gli amnistiati politici, concessa nel 1996 e richiesta un anno prima, ha agito retroattivamente al 5/10/88, un giorno prima che lui completasse i 43 anni. Il compagno presidente aveva, a quel tempo, 22 anni di servizio.
La pensione che lui oggi prende di R$ 3862,57 (1430 Euro), è debitamente esente dal pagamento di imposte.
Signore e Signori,
la notizia qui sopra, portata da Guilhermina Ferreira Oliva, mostra quello che è convenzionalmente detto “due pesi e due misure” in quanto, al contrario dei semplici mortali brasiliani, Lula andò in pensione senza nemmeno raggiungere i 25 anni di lavoro, ed è stata calcolata retroattivamente la pensione grazie alla Legge sull’Amnistia e la riceve come se fosse ancora in servizio. Quello che invece è la realtà è che Lula non fu MAI amnistiato, perché MAI è stato escluso dai diritti politici e nemmeno ricercato (come José Genoino, prima di consegnare i compagni di Araguaia alle forze armate e “tirarsi fuori” salvandosi definitivamente), ma fu trattenuto nei locali della Polizia Federale (in una camera speciale, ma non entrò mai in una cella con sbarre). Pertanto si è usato con Lula, come anche con qualche centinaio di altri fortunati e furboni, uno stratagemma, ordito e tramato da Ferdinando Henrique Cardoso e la sua “banda”, affinché tutti quelli che furono arrestati per motivi o azioni politiche, con qualche periodo di permanenza nelle carceri, anche senza essere condannati, oppure più semplicemente fossero stati citati in processi giudiziari, militari, ecc., per motivi politici, anche se assolti, fossero da considerare degli amnistiati, il che è una mostruosità giuridica e sociale. La totalità dei cittadini brasiliani pagherà questo conto “ad eternum”, ECCETTO gli amnistiati, “per omnia saecula saeculorum”, ESENTI dal pagamento delle imposte di rendita, tassa di inattività e queste cosine sconfortanti attribuite alla semplice plebe, come sono considerati quelli che non fanno parte della ”ciurma”, o qualche cortigiano che ha ottenuto alcune illegittime briciole. I pensionati in generale, per l’INSS, sanno bene cosa vuol dire lavorare 35 o più anni, pagare la pensione al massimo livello (c’è qualcuno che ha pagato fino al tetto di 20 salari minimi), in salari minimi e riceve oggi una pensione che non supera i 1600 R$.
I funzionari pubblici sono stati premiati da una riforma costituzionale che ha tolto loro i proventi di pensione, pagano le imposta di rendita, saranno tassati come inattivi, etc, etc.
Ossia: è stato in fondo bello essere arrestato, per un qualsiasi motivo o anche accusato, ma senza andare in prigione (tutto questo moooooooolto meglio che lavorare fino a instupidirsi per 35 anni o più), visto che la legge dell’amnistia ha dato poi un perdono ampio, generale e senza restrizioni, concedendo veri premi da super-enalotto a quelli che rientravano in essa, i quali, considerando l’abissale differenza tra le condizioni di pensionamento degli amnistiati e quelle del resto della popolazione, sono da considerare l’autentica guardia repubblicana della previdenza brasiliana.
Paese del carnevale, delle feste, delle ferie a iosa, delle ferie di 90 giorni per i parlamentari (ma non per i funzionari del parlamento), giudici (ma non per i funzionari dell’ordinamento giudiziario), promotori (ma non per i funzionari del Ministero Pubblico), risulta assai chiaro che chi lavora non raggiunge mai nulla salvo che la mancanza di speranza.
Il Brasile, dai tempi delle capitanerie ereditarie, che non furono mai abolite nel nostro territorio, è il paese delle caste, molto più che in India, Pakistan e altri paesi orientali. Lula MAI farà la fila nel INSS, non dovrà essere riconfermato nelle liste INSS a 90 anni, non lavora da più di 30 anni (da quando Lula era presidente del Sindacato dei Metallurgici di São Bernardo do Campo, nel 1997, Sua Eccellenza non sa cosa sia una giornata intera lavorativa), si è pensionato con 22 anni di contribuzione, non ancora 43 anni di età, e tutto va tranquillamente!
Come diceva uno dei personaggi di Sérgio Porto, Stanislaw Ponte Preta (o sarà stato il Barone di Itararé?) o si pianta la moralità o noi arricchiremo! E poi non vogliono (non si deve davvero, neh?) che il brasiliano frodi, non paghi le imposte e cose simili; ma come si può impedire tutto ciò in un paese dove le ingiustizie pullulano in ogni momento.
Ci vorrebbe ancora Ruy Barbosa a gridarmi nelle orecchie quello che aveva detto nel 1917: “Da tanto veder trionfare le NULLITA’, da tanto veder prosperare il DISONORE, da tanto veder crescere l’INGIUSTIZIA, da tanto veder ingigantire il potere nelle mani DEI CATTIVI, l’uomo arriva a RIDERE dell’onore, essere SCONFORTATO dalla giustizia e AVER VERGOGNA de essere onesto!”
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Tutto il mondo è paese e non ho altri commenti. Il fatto parla da sé!!!
Adesso c’è chi parla di “impeachment” di Lula, ma nessuno, viste le elezioni nel 2006, alla fine ne ha la convenienza: i partiti che sostengono il governo non lo vogliono per una questione di immagine e quelli all’opposizione devono prepararsi una rovente campagna elettorale e quindi aspettano che qualche altro scheletro venga trovato negli armadi e lasciano che l’opinione pubblica faccia il suo lavoro di erosione alle fondamenta della casa di Lula. Con buona pace di tutti!
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