REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno I n° 12 del 08/12/2005 TERZA PAGINA


Esperienza di una educatrice
…Educare: come non perdersi .....
Di Giogiò


LABIRINTO : costruzione caratterizzata da un intrico di stanze e corridoi ;rione con strade e vicoli che s’intrecciano fra loro in modo da far perdere facilmente l’orientamento a chi li percorre. Fig : problema molto complesso ed intricato. Sin : dedalo, garbuglio, pasticcio.

EDUCARE : allevare qualcuno formandone il carattere: “ è compito dei genitori educare i figli”. Ammaestrare qualcuno così da fargli acquisire un’abitudine, una norma di vita: educare i fanciulli all’igiene, allo studio, in particolare, istruire alle buone maniere. Sviluppare, affinare una capacità, un’attitudine: “educare il proprio gusto musicale”.

Mi tornano alla mente i miei libri scolastici di testo, Psicologia e vita, La scienza dell’educazione, e i tanti autori che ho iniziato ad amare, introducendomi nel “labirinto”, intricato di questo magico mondo , dove l’educazione regna sovrana, ma dove puoi perderti nelle vie strette e segrete di questo dedalo…
Educare deriva dal latino edùcere , che significa “trarre fuori, portare alla luce, sviluppare”. L’educazione è infatti lo sviluppo di tutte le facoltà dell’uomo, fisiche, intellettuali, morali, sino al loro più completo perfezionamento. Il bambino che nasce possiede in potenza, cioè come possibilità di attuazione reale, infinite capacità, alcune delle quali sono comuni a tutti gli uomini, mentre altre sono proprie e specifiche di ogni individuo preso nella sua particolarità.
Il compito dell’educazione è quello di portare al loro pieno sviluppo queste capacità naturali.
Teniamo presente che l’educazione ha due aspetti uno esterno ed uno interno. L’aspetto più appariscente è quello esteriore, cioè l’insieme delle azioni che l’uomo compie per educare un altro uomo : maestro-alunno. Questa azione esterna, si chiama etero-educazione. Il contributo dell’alunno alla propria formazione si chiama auto-educazione. L’educazione dunque è il risultato di un rapporto fra educatore ed educando, in cui il primo è aiuto e stimolo costante nel promuovere la formazione del secondo. Il soggetto dell’educazione è l’educando, che perciò è il fattore più importante.

Dopo anni e anni a contatto, come educatrice , dei piccoli dai tre mesi ai tre anni, riconosco sempre di più l’importanza di quanto sia difficile questo ruolo. Si, bisogna continuamente imparare, educandomi a mia volta perché le scuole di pensiero, continuano a modificare, la società è in evoluzione e di conseguenza anche le esigenze delle famiglie che fanno richiesta dei servizi educativi della prima infanzia.
A volte mi chiedo se sono in grado di svolgere il mio delicato compito, si, nel corso degli anni ho fatto diversi corsi di aggiornamento, ma bisogna imparare continuamente a rimettersi in gioco, in discussione, ad esempio dopo anni e anni sulla cultura del “far fare” ai piccoli, ora si tende a cercare di lasciarli “sperimentare” , rispettando i loro tempi, osservandoli, senza continuamente cercare di riempire le loro giornate con mille e mille attività… Purtroppo nel privato, stanno nascendo (nell’area milanese), servizi rivolti alla prima infanzia dove le giornate dei cuccioli, sono scandite da mille attività, inglese, informatica, cucina, musica…ma ci rendiamo conto…a piccoli di venti mesi…e poi ci stupiamo che a scuola non vogliono stare seduti.
Il nostro bravo ministro poi, con questa voglia di preconizzare tutto…ma i bambini sono piccoli, vogliamo “educarci” ad avere rispetto per loro… Un altro compito in questo “labirinto-educativo”, è quello di cercare di “educare gli adulti per educare i bambini”; obiettivo principale è promuovere le capacità genitoriali in funzione del benessere del bambino e della sua famiglia.
Credo, che i piccoli ogni giorno mi danno la mano e mi educano, basta guardare come giocano, come si stupiscono delle luci dell’albero di Natale, di come un pezzo di “didò”, può diventare un fiore, una palla…si, ogni giorno è un’esperienza davvero emozionante e magica…sono loro il filo che mi conduce attraverso questo “labirinto”…grazie a voi per quello che mi state insegnando e trasmettendo, regalandomi sensazioni ed emozioni.
Vorrei citare una pagina di Crepet dove ci regala grandi momenti di spunto e riflessione per cercare di muoverci in questo “labirinto educativo”, ma non solo a me, come educatrice, ma ad ogni persona come genitore, figlio, studente , una pagina di vita ricca di sentimenti.

Paolo Crepet: Non siamo capaci d’ascoltarli:
“ Se mi chiedessero di scrivere una lettera a una bambina che sta per nascere, lo farei così.

Cosa hai sentito finora del mondo attraverso l’acqua e la pelle tesa della pancia di mamma? Cosa ti hanno detto le tue orecchie imperfette delle nostre paure? Riusciremo a volerti senza pretendere, a guardarti senza riempire il tuo spazio di parole, inviti, divieti? Riusciremo ad accorgerci di te anche dei tuoi silenzi, a rispettare la tua crescita senza gravarla di sensi di colpa e di affanni? Riusciremo a stringerti senza che il nostro contatto sia richiesta spasmodica o ricatto d’affetto?

Vorrei che i tuoi Natali non fossero colmi di doni – segnali a volte sfacciati delle nostre assenze- ma di attenzioni. Vorrei che gli adulti che incontrerai fossero capaci di autorevolezza, fermi e coerenti: qualità dei più saggi. La coerenza, mi piacerebbe per te. E la consapevolezza che nel mondo in cui verrai esistono oltre alle regole le relazioni e che le une non sono meno necessarie delle altre, ma facce di una stessa luna presente.
Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse ad inseguire le emozioni come gli aquiloni fanno con le brezze più impreviste e spudorate; tutte, anche quelle che sanno di dolore. Mi piacerebbe che ti dicessero che la vita comprende la morte. Perché il dolore non è solo vuota perdita ma affettività, acquisizione oltre che sottrazione. La morte è un testimone che i migliori di noi lasciano ad altri nella convinzione che se ne possano giovare: così nasce il ricordo, la memoria più bella che è storia della nostra stessa identità.

Mi piacerebbe che qualcuno ti insegnasse a stare da sola, ti salverebbe la vita. Non dovrai rincorrere la mediocrità per riempire vuoti, né pietre uno sguardo o un’ora d’amore.
Impara a creare la vita dentro la tua vita e a riempirla di fantasia.
Adora la tua inquietudine finché avrai forze e sorrisi, cerca di usarla per contaminare gli altri, soprattutto i più pavidi e vulnerabili. Dona loro il tuo vento intrepido, ascolta il loro silenzio con curiosità, rispetta anche la loro paura eccessiva.
Mi piacerebbe che la persona che più ti amerà possa amare il tuo congedo come un marinaio che vede la sua vecchia barca allontanarsi e galleggiare sapiente lungo la linea dell’orizzonte. E tu allora porterai quell’amore sempre con te, nascosto nella tua tasca più intima.”


Credo che possiamo solo imparare da loro, diventando noi adulti ancora bambini per guardare attraverso i loro occhi, ed allora saremo in grado di non perderci più, ma continuiamo a scoprire il piacere di guardare i piccoli, semplicemente stando vicino a loro, a volte in silenzio: basta guardarli.
Giogiò,mi sono affezionata a questo nome che mi hanno regalato i cuccioli, grazie ancora ad ognuno di voi per tutto quello che mi donate…

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