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 Anno I n° 13 del 22/12/2005    -   LENTE DI INGRADIMENTO



...o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai
Il solito dilemma: quanto è vera questa festa?
Di Concetta Bonini


Natale. Natale in una sfavillante società di luci. Natale di tavole imbandite.
Natale. Che bella favola per bambini.
Verrebbe da chiedersi se oggi credono più a Gesù Bambino o a Babbo Natale, al presepe o ai regali sotto l’albero.
Banalità, questo è chiaro. Nient’altro che retorica. Ma il Natale è di per sé nient’altro che retorica. Di quella bellissima retorica che ci fa sentire più buoni, più spirituali, più umani o più autenticamente divini. All’incirca tutto quello che non siamo. Una favola, appunto.
Sì qualcuno forse ci crede ancora e ci crede davvero al bambinello che scese dalle stelle e venne in una grotta al freddo e al gelo, salvando l’umanità col suo tenero sorriso scaldato dal bue e dall’asinello, mentre una stella indicava la via ai pastorelli e ai tre re.

Qualcuno invidierà questa magica capacità di celebrare un mito così affascinante, insieme tanto umano e divino, qualcun altro certo lo condannerà relegandolo tra le illusioni che ci hanno raccontato le menzogne della storia.
Del resto, diciamocelo, fa parte anche delle nostre menzogne quotidiane.
Tempo fa circolava in radio una canzone che diceva all’incirca così: “o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai”. Era una canzone stracolma di luoghi comuni, ma ogni tanto, sapete com’è, i luoghi comuni hanno qualche ragione di esistere.
E qui non parliamo dei grandi luoghi comuni che ci affliggono, come il fatto che non abbia senso che esista il Natale nell’animo e nella vita di quegli stessi cristiani cattolici spesso razzisti e guerrafondai, spesso intolleranti e meno disposti a perdonare di tutti gli altri perché si ispirano ad un’idea di perfezione che non è capace di contemplare le imperfezioni umane e perché fluttuano su verità assolute che non lasciano margine ad alternative.

Basta limitarsi ad osservare la nostra ipocrisia, madre e figlia in un tempo solo della nostra società, della nostra natura, dei nostri difetti. Se quotidianamente, ormai abitudinariamente, ci contraffacciamo e ci vendiamo al miglior offerente in nome delle inviolabili leggi di una società incapace di indulgenza e men che meno di autoindulgenza, perché a Natale non lo dovremmo fare? Perché a Natale dovremmo magicamente diventare tutti più buoni, disponibili, gentili, educati, amorevoli, solidali, generosi, sensibili, semplicemente circondati da una magica luminosissima aura di divino amore che miracolosamente compare in una notte per scomparire insieme a quelle simpatiche alucce da angioletti il giorno dopo?

Eppure non v’è dubbio che il Natale ha qualcosa di magico anche per chi non vive la profonda suggestione del mistero cristiano della Natività, la calda atmosfera familiare che si respira intorno alla perfetta coreografia della Sacra Famiglia, la sensazione di pace di chi si ferma in adorazione rievocando il miracolo con quell’inconfondibile sensazione di umanità e dolcezza.
Ma cosa respiriamo per le strade? Cosa respiriamo davvero? La bontà dei babbi-natale che tengono in braccio bambini felici o la falsità di sentire una bontà che in realtà non esiste?
Diciamoci la verità: quanti di noi non soffocano nei cenoni con i parenti quando vorrebbero essere da tutt’altra parte, lontano dalle solite persone, dalle solite frasi di circostanza, dai soliti sorrisi che vorrebbero insinuare la maschera di una famiglia unita e felice nel nome del Bambinello che sta per arrivare nella grotta del Presepe amorevolmente costruito sulla credenza nell’angolo? Se qualcuno ha la fortuna immensa di poter dire sinceramente a sé stesso che lì ci sta benissimo, che lì non è ipocrita e che la più grande aspirazione della sua vita è sempre stata la vigilia di Natale tra regali e panettoni e dopo il cenone tutti insieme in Chiesa per la veglia, bè beato lui.

Certo è che le circostanze tradirebbero il contrario, se è vero com’è vero che o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai e che secondo questo stesso principio appare molto più logico convincersi che effettivamente Natale non è mai.
Del resto non possiamo fare a meno di trasformare qualsiasi cosa ci capiti per le mani in un paradigma delle nostre miserie: come un esercito di Re Mida dell’imperfezione e dell’ipocrisia, rendiamo tutto ciò che tocchiamo imperfetto, incompleto, insopportabilmente falso e trasformiamo in un magistrale gioco delle parti anche il Natale, che nei suoi principi ispiratori sarebbe anche qualcosa di molto carino come tutti gli ideali che ci raccontiamo per prenderci lo sfizio di distruggerli sistematicamente.

Che pessimismo, direte voi, che antipatica disillusione, che odiosa dissacrazione.
Sì, forse. E’ anche vero però che di solito tutti i pessimisti disillusi dissacratori di questo mondo sono sempre quelli che hanno il brutto difetto di non sopportare le menzogne. E di sapere che per ogni meraviglioso irrinunciabile bicchiere mezzo pieno c’è anche, purtroppo, un concretissimo bicchiere mezzo vuoto.

Sanno ad esempio che la magica notte di Natale, insieme a quella di Capodanno, è quella in cui nel globo si registrano il maggior numero di suicidi. Fate un po’ voi se questo globo non ha una dose di malata frustrazione che, stolto più che mai, abilmente nasconde dietro un caldo maglione rosso di lana di fronte al camino acceso e scoppiettante e con una bella fetta di panettone farcito in mano. Chissà perché poi queste cose ogni anno c’è sempre qualche antipatico guastafeste che ce le deve ricordare…

And so this is Christmas
I hope you have fun
The near and the dear one
The old and the young
A very merry Christmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear
War is over over
If you want it
War is over
Now...



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