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Un Battiato all’avanguardia cinematografica Tra critiche, polemiche e incomprensioni il cantautore catanese firma Musikanten, dedicato agli ultimi anni di vita di Beethoven. Di Paolo Russu
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Premessa. La regista televisiva Marta è in procinto di cominciare un nuovo programma televisivo incentrato su alcune autorevoli personalità di ambito scientifico e intellettuale. In compagnia dei suoi collaboratori si mette in viaggio per l’Europa alla ricerca dei personaggi che popoleranno la sua trasmissione e, tra i tanti intervistati, si imbatte in un santone che pratica sulle persone una sorta di ipnosi capace di condurre l’individuo a una dimensione regressa, inconscia, mai vissuta.
Marta si sottopone all’esperimento e viene catapultata nell’epoca del grande Ludwig Van Beethoven, sua ossessione nella vita reale, e adesso suo amico e maestro.
![]() Non vi è nessuna scossa drammaturgica né nella prima parte, utilizzata come espediente narrativo e abbandonata come tagliata di netto, né nella seconda, dove ci viene aperta dal regista una finestra discreta sull’esistenza di Beethoven, fatta della gioia del comporre sdraiato per terra col pianoforte smontato delle sue gambe e del dolore emotivo nel constatare che la sordità pian piano lo avvolgeva, proprio lui, Ludwig Van Beethoven. E proprio su questo dolore Battiato ha ridisegnato le coordinate dell’emozione nel suo film, con la geniale quanto immediata intuizione di proporre conflitti sonori tra ciò che sentiva l’ormai quasi totalmente privo di udito Beethoven ed il pubblico, ovvero un fastidioso ronzio contrapposto alla maestosità della composizione orchestrale. Non ha avuto bisogno di spettacolarizzare nessun evento, anche perché nessun evento spettacolare viene raccontato, tantomeno quello più ovvio e scontato, ovvero la morte, decidendo nella sceneggiatura di non far morire Beethoven tra dolori, fetore e pidocchi com’è successo nella realtà, ma tra lenzuola pulite e bianche. Gli stessi interpreti, con un magistrale Alejandro Jodorowsky nella parte del compositore, sono volutamente prosciugati da qualsiasi vena espressiva, non si scuotono e non vogliono scuotere. Battiato ha rispettato fin troppo alla lettera l'idea di fondo, ovvero quella di non cedere assolutamente alla costante del fare un film che “piaccia al pubblico”, ma ha comunque dimostrato di perseguire, come nella sua musica anche nel cinema, uno stile autonomo. Sperimenta per il desiderio acuto di possedere una propria tecnica, una poetica personale, sua e di nessun altro. Argomenti: #battiato , #musica , #recensione Leggi tutti gli articoli di Paolo Russu (n° articoli 16) |
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