REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno II n° 1 del 19/01/2006 PRIMA PAGINA


Lo sbuffo
L’Auditel dice il vero?
Considerazione sulla capacità di ‘verità’ del sistema di rilevazione monopolista in Italia
Di Giovanni Gelmini


Da tempo non riesco più a vedere i programmi TV: mi sembrano inutili, e vederli mi pare solo tempo perso. Seguo solo i telegiornali e, raramente, qualche programma scientifico, che mi lascia però sempre molti dubbi sulla loro attendibilità. Sembra che cerchino più lo scoop giornalistico, il mistero, l’equivoco, piuttosto che lo studio, sterile si, ma razionale, fatto con il metodo scientifico. Eppure l’Auditel sforna statistiche incredibili: mezza Italia si trastulla con emerite stupidaggini quali il Festival di San Remo, Miss Italia, spettacoli vuoti come quelli legati alla Lotteria di Capodanno, giochi improbabili, polpettoni vari a puntate, ecc... e poi soprattutto i talk-show politici...

Mi sono sempre chiesto, se 25 milioni di Italiani sono incollati davanti al video a godersi le stupidaggini propinate, 5 milioni sono al lavoro, e altri 20 sono in viaggio, a letto a dormire, a giocare a ramino, infrattati con la ragazza (o il ragazzo), per mare, per monti per valli, in viaggio, ecc, ma cosa ci fanno tutte quelle persone in giro per le strade e nei bar? Ricordo che restano in “circolazione” circa 5 milioni di persone. Su 80.000 Comuni vuol dire che mediamente sono 62 persone per Comune; se è così le strade dovrebbero essere vuote, come i locali pubblici, proprio come avviene qualche volta per partite di calcio importantissime.

Questo è il dubbio che mi passa per la testa da anni. Oltrettutto da una piccola indagine fatta tra le persone che frequento mi risulta che non più del 5-6% segue la televisione. È possibile quindi che l’Auditel sbagli a valutare il numero di spettatori televisivi complessivo, per cui quando dice "10 milioni di italiani hanno seguito...", in effetti si tratta invece di una quantità nettamente inferiore, di una piccola percentuale di Italiani; ma basandosi su questo numero si fanno addirittura speculazioni “sull’importanza del servizio pubblico” svolto dalla Rai.

In questi giorni è stato presentato i libro La favola dell'Auditel. Parte seconda: fuga dalla prigione di vetro di Roberta Gisotti (ed. Nutrimenti, pp. 262, versione aggiornata del libro pubblicato nel 2002) e qui trovo altre accuse al sistema Auditel. La Grisotti segnala l’origine dell’Auditel: un accordo tra RAI, Mediaset e Upa, l'associazione degli utenti pubblicitari, un patto che in pratica ha reso monopolistico il mercato della pubblicità televisiva. RAI e Mediaset assorbono infatti il 97% dei soldi destinati alla pubblicità televisiva. Tra le altre cose poi, Roberta Gisotti critica la mancanza di trasparenza del sistema di rilevazione e la sua complessità che lo rendono inaffidabile. Ma la cosa che mi ha reso ancor più dubbioso sulla opportunità di dare spazio e credibilità a queste rilevazioni statistiche, è che l’Auditel, in quanto nata per dare indicazioni ai pubblicitari, ha una impostazione del campione in base alla caratteristiche di “consumantori” e non in base alla stratificazione socioeconomica, come invece sarebbe opportuno per il servizio pubblico svolto dalla RAI.

Ecco così spiegato lo scadere della qualità del programmi, la diffusa bassa cultura e la forte presenza dei talk-show politici. I primi si giustificano con l’opportunità di attrarre un pubblico che sia facilmente impressionabile dagli spot pubblicitari, i secondi dalla voglia di apparire di troppi politici che forse, se stessero zitti, ci guadagnerebbero. Quegli stessi politici che tra l'altro hanno sempre e comunque l’esigenza di un pubblico scarsamente critico per poter fare impressione.

Il difetto maggiore è che, purtroppo, questo tipo di televisione è fatta con i soldi nostri, soldi che non dovrebbero invece essere utilizzati così. Per accedere alle radio frequenze, infatti, dobbiamo pagare una tassa di concessione governativa, normalmente chiamata abbonamento RAI, che viene versato alla RAI non si capisce a quale titolo. Per di più la RAI è un Ente Pubblico che però, a questo punto, non svolge più una funzione pubblica, a piuttosto una funzione privata di fornitura di pubblicità alle aziende. Non sarebbe ora di privatizzarla e lasciare un solo canale assolutamente senza pubblicità destinato al servizio pubblico?

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