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Anno II n° 1 del 19/01/2006 PRIMA PAGINA |
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Le ingerenze del potere papale nella politica italiana
La Chiesa è libera, ma è in uno Stato altrettanto libero?
Perché oggi uno Stato che si professa laico e democratico dovrebbe pendere dalle labbra di un potere religioso che i popoli avrebbero dovuto avere l’intelligenza di privare già da molto tempo del suo inaccettabile appeal politico?
Di Concetta Bonini
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Libera Chiesa in libero Stato.
Questa l’ottocentesca, cavouriana formula che regola il rapporto tra le due grandi istituzioni. Formula per lo più inaccettabile ai Papi d’ogni tempo che da sempre hanno tentato di imporsi sul potere politico, sulla scia dell’idea, più o meno pretestuosa, che il potere fosse di derivazione divina e che perciò le aquile imperiali dovessero sottomettersi all’universale potere della loro Chiesa. E’ dal Medioevo, poco più, poco meno, che ci portiamo dietro questo fardello di esserci professati seguaci di Cristo. Non ci aveva avvertito Cristo che l’offerta prevedeva in omaggio anche questo meraviglioso calderone che è Santa Romana Chiesa. Non ci aveva avvertito Cristo che avremmo dovuto vedere anche la sua stessa verità strumentalizzata alla stregua di ogni altra umana parvenza di verità. Eppure già dai tempi d’oro del potere papale il Ghibellin fuggiasco –che pure era stato il più illustre Guelfo mai esistito- teorizzò nel De monarchia la necessaria divisione del potere religioso dal potere temporale. Ma i profeti in patria, si sa, non hanno mai avuto grande successo. Ed essendo l’Italia, tuttora, la patria del profeta Dante, viene da sé che egli resti tuttora pressoché inascoltato. Essendo stati colpiti, oltretutto, dall’ulteriore fardello di ospitare nella nostra capitale questo grande potere nel suo millenario corso –con eccezioni talmente episodiche da risultare irrilevanti- noi italiani restiamo al mondo gli unici cattolici che ancora pendono dalle labbra dei Papi. Non è un caso che il clero italiano sia talmente interessato alla politica italiana da risultare né più né meno che un quinto potere, o per meglio dire un potere subdolo che si incunea nelle menti tanto del popolo quanto degli uomini politici. Politici cattolici, anzi cattolicissimi, per lo più perbenisti o ipocriti ruffiani in cerca di appoggio elettorale. Siamo forse infatti lo Stato in cui la Chiesa è ancora capace di muovere voti e di avere peso quasi quanto i potentati economici. Non è un caso che in Italia la Democrazia Cristiana abbia ottenuto tanto successo, con buona pace del clero dal Papa al parroco di campagna. Non è un caso che ancora oggi i partiti di chiara ispirazione cattolica ottengono risultati non indifferenti. Non è un caso che ogni qual volta apriamo un giornale scopriamo che Ratzinger o Ruini o chissà chi altro, hanno avuto qualcosa da ridire sull’operato del politico Tal dei Tali o peggio ancora sulle scelte del governo, del parlamento, della nazione. Diciamoci la verità: siamo noi i primi a consentire tutto questo, siamo noi i primi ad ascoltare quello che dicono e a riportarlo come oro colato. E’ colpa dei giornalisti se la Chiesa può permettersi di avere una tal cassa di risonanza, e’ colpa del popolo italiano se ancora questi individui hanno il coraggio di appropriarsi di una competenza che a loro non spetta. Qualcuno dirà che hanno libertà di parola. Certo, sacrosanto. A maggior ragione viene spontaneo dirlo dopo che anche Celentano si è arrogato l’autorità dell’opinionista politico e i pollai televisivi forgiano indiscriminatamente le opinioni della massa. Nessuno qui osa macchiarsi del reato di laesa maiestatis per aver tolto al Papa il diritto di esprimere opinioni. Ma stiamo bene attenti: anche le opinioni del Papa sono solo e soltanto opinioni. A maggior ragione, anzi, quelle del Papa vanno trattate con le pinze perché sono solo e soltanto opinioni condizionate dalla sua visione del mondo o al più dalla necessità di non perdere accoliti. Deve essere chiaro che il Papa ha ogni diritto di esprimere la suo pensiero, ha ogni diritto di svolgere la funzione di guida spirituale così come ognuno ha il diritto di scegliere se inquadrare o meno le proprie convinzioni all’interno dei dettami del clero. Ciò che invece va impedito è l’eccessiva ed inaccettabile ingerenza che la Chiesa abitudinariamente si permette di praticare in ambito civile e addirittura legislativo, rischiando che in Italia “il peccato diventi reato”. E’ dunque un dovere perentorio del mondo del giornalismo accogliere i comunicati della Santa Sede come una voce nel coro, non come la voce più importante, né la più autorevole, né la più giusta, né la più sbagliata. E’ un dovere perentorio del mondo della politica rifiutare la sottomissione all’etica della Chiesa, che è un’etica tra le tante ma non può e non deve essere considerata l’etica in valore assoluto. Non si può e non si deve legiferare in un senso o nell’altro perché Ratzinger ha stabilito così, perché Ratzinger la pensa così… Pensiamo che nemmeno Giolitti fu capace di tenere fede fino in fondo al patto Gentiloni, perché probabilmente lui stesso si accorse che non era possibile per uno Stato asservirsi al volere di un sistema di credenze religiose, più o meno autentiche o più o meno anacronistiche. Allora non si capisce perché oggi uno Stato che si professa laico e democratico dovrebbe pendere dalle labbra di un potere religioso che i popoli avrebbero dovuto avere l’intelligenza di privare già da molto tempo del suo inaccettabile appeal politico. Ma guardiamo alla realtà. Il divorzio in Italia è legge da molto tempo, ma il Papa sappiamo che non lo accetterà mai e spesso accade che qualunque pretuncolo si possa permettere di scomunicare dalla sua chiesetta, ma anche dalla reputazione comune chi vive in questa condizione imperdonabile di oltraggio alle unioni che Dio ha consacrato e nessuna mano umana può sciogliere. L’aborto in Italia è legale, entro certi termini, già da molto tempo ma oggi viene rimesso in discussione, perché? Perché alle forze politiche questo non sta bene, in piena obbedienza a ciò che Ratzinger e i suoi sottoposti non mancano di ricordare in ognuna delle loro omelie fresche di riflessioni che amano la vita. Buttiglione ad esempio non fa che ostentare la sua identità cattolica: siamo felici che lui abbia una così fervida fede, siamo contenti anche che sia uno dei pochi che non hanno avuto la vigliaccheria di accettare una Costituzione Europea priva di riferimenti al cattolicesimo che con questo si dimostra incapace di memoria storica e di onestà intellettuale o molto più semplicemente ipocrita, ma non siamo per niente felici che egli tenti di imporre all’Italia intera le sue convinzioni etiche. Lui come tanti altri. Vorremmo gli fosse chiaro che commettendo l’imperdonabile errore di prospettiva storica, politica e sociale di far tornare l’aborto nel limbo della illegalità non si risolverebbe la piaga ma piuttosto la si renderebbe ancora più drammatica, la si riporterebbe allo stato di disuguaglianza tra le cittadine che potrebbero permettersi di andare all’estero e quelle molto più sfortunate che rischierebbero di morire. E vorremmo comunicare anche ai signori che tanto amano e rispettano la vita che, da quando è stato legalizzato, le statistiche segnano addirittura una riduzione drastica dei casi di aborto, oltre all’azzeramento del tasso di mortalità ad esso dovuto. Che ai signori che tanto amano e rispettano la vita questo serva da spiegazione affinché comprendano che nessuna donna, nemmeno la più scellerata, sceglierà mai la via dell’aborto come la soluzione più semplice ed immediata ad un imprevisto: che capiscano, una buona volta, che l’aborto è una scelta drammatica e una donna che la intraprende vi è costretta da una riflessione profonda e matura che non le ha offerto altra scelta. Che la smettano dunque di giocare a fare i perbenisti, i cattolici convinti, gli irriducibili assertori della sacralità della vita quando non hanno la più pallida idea di che cosa sia il dramma di un aborto, senza alcun bisogno che ad acuirlo arrivino puntuali le paternali della Chiesa o delle mascotte del movimento per la vita che Storace ha pensato bene di mandare in giro per i consultori a fare ulteriori ingerenze, ulteriori inaccettabili invadenze nella vita di una donna, senza alcun rispetto per il dolore che sta patendo. Ma in Italia non solo non va accolta la pillola abortiva Ru486, andando contro l’articolo 15 della legge 194 che, espressamente, prevedeva l’accoglimento delle tecniche meno rischiose per l’interruzione di gravidanza che, via via, sarebbero state affinate (la Ru486 è una tecnica meno invasiva, decisamente meno traumatica di un aborto chirurgico), ma molti vorrebbero che addirittura la 194 venisse abolita di sana pianta. Perché? Così dice la Chiesa. Andiamo avanti: eutanasia. Un altro caso in cui è facilissimo parlare, è facilissimo farneticare di dolore da sopportare, di prova mandata da Dio da affrontare e via di questo passo. Facilissimo parlare, molto meno facile da vivere. Chi ha seguito le vicende di coloro che hanno chiesto la morte, chi ha letto i libri che narrano questo crudo dolore che distrugge, chi ha visto film eccellenti come il Mare dentro di Alejandro Amenabar, può forse essere colto dal dubbio: chi siamo noi per osare aprire bocca di fronte a cotanto dolore? Chi siamo noi per sentirci il diritto di giudicare chi non ha la forza di sopportare una tale devastazione? Può forse qualche intellettuale da strapazzo arrogarsi il diritto di dire che la vita non è tutta rose e fiori e quindi bisogna accettarla anche laddove ci mette alla prova? Ma chi, CHI possiede tanto grado di verità, tanta grazia di saggezza per poter giudicare cosa è, davvero, la vita? Nemmeno il Papa, questo è sicuro. Ed ancora: fecondazione assistita. Anche qui si ripropone la stessa domanda. Ed è la stessa domanda che ci perseguita dalla notte dei tempi, dalle origini del pensiero, dagli albori di ogni religione e di ogni filosofia: cosa siamo, cosa è la vita? Nessuno, né il Papa né un concilio di biologi potrà mai fornirci l’esatta risposta ad una domanda che travalica la nostra capacità di comprendere l’essenza delle cose o forse, molto più semplicemente, la nostra convinzione che debba esistere, per forza, una risposta quando invece questo non è affatto certo. Invece vi ricordate cosa accadde quando si trattò di votare il referendum sulla fecondazione assistita? Esso fallì non solo per la nostra ignoranza (che non è disinformazione ma rifiuto di informarci) ma anche e soprattutto perché il Papa si credé in dovere di imporre al popolo cattolico un nuovo e più moderno non expedit: la scelta dell’astensionismo con la palesata intenzione di sabotare l’unico vero strumento di democrazia di cui siamo dotati. Ebbene l’Italia pendé anche allora, per l’ennesima volta, dalle labbra del Papa e rinunciò alla sua scelta di democrazia. Allora sta a noi, innanzitutto a noi in quanto popolo, diventare moderni Ghibellini e liberarci da una tirannia inconfessata perché nascosta dietro la maschera di un etica giusta, ed inconfessabile, perché ci nasconde dalla nostra incapacità di avere un’etica alternativa che non sia dogma ma ragione, pensiero, libero arbitrio. Sta a noi scegliere che Stato vogliamo. Da un lato c’è uno Stato teocratico, non tanto religioso quanto fondamentalista, assimilabile agli stati musulmani di cui, con ogni ragione, ci scandalizziamo, poiché vi si legifera non in base ad un diritto, ad una costituzionalità e ad un etica laica e civile ma piuttosto in base ai testi sacri e alle parole ispirate delle guide spirituali. Dall’altro invece c’è lo Stato laico, lo stato liberale in cui l’individuo è al di sopra di tutto e che si dota, consapevolmente, di una comune etica libertaria: ognuno è messo nelle condizioni di scegliere quali sono i margini entro cui costruire la propria esistenza, la propria moralità, le proprie scelte, senza mai pensare che essi possano in qualche modo essere universalizzabili ed imponibili al resto degli individui che hanno invece altrettanta dignità, capacità di discernimento e facoltà di scelta, e soprattutto senza più rimettere a nessun altro individuo e a nessun altra istituzione la responsabilità su cui si fonda il senso della nostra esistenza e persino il giudizio divino. Libera Chiesa in Non-Libero Stato oppure Libera Chiesa E Libero Stato? Delle due, l’una. |
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