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 Anno II n° 3 del 16/02/2006    -   LENTE DI INGRADIMENTO


Considerazioni su un tema sempre dibattuto
La pena di morte: ma serve?

Di Giacomo Nigro


La pena di morte diviene uno spettacolo per la maggior parte e un oggetto di compassione mista di sdegno per alcuni; ambedue questi sentimenti occupano piú l'animo degli spettatori che non il salutare terrore che la legge pretende inspirare.” Con questa frase, contenuta nel Capitolo 28 (Della pena di morte) del famosissimo ma spesso dimenticato “Dei delitti e delle pene” di Cesare BECCARIA, la questione dare la morte come condanna a saldo e pena di reati sarebbe già perfettamente conclusa, dipanarne però il significato mi pare utile.

La convinzione che la reiterazione dei concetti anche più banali sia necessaria mi sorge dalla constatazione che si continua a commettere imperterriti lo stesso errore. Spesso si ritiene che il timore della pena di morte induca colui che commette illeciti penali gravissimi a desistere e questa convinzione è alla base di quelle legislazioni (troppe) che ancora contemplano ed applicano questa estrema forma di giustizia. Ritenere quella pena un deterrete non è così valido nel caso, per esempio, del reato di omicidio, mi pare difficile affermare che tutti o gran parte degli omicidi vengano commessi dai colpevoli dopo averne calcolato le conseguenze.
Se la pena di morte fosse un deterrente si dovrebbe registrare nei paesi mantenitori un continuo calo dei reati punibili con la morte e i paesi che mantengono la pena di morte dovrebbero avere un tasso di criminalità minore rispetto ai paesi abolizionisti. I molti studi effettuati sull'argomento hanno dimostrato come sia impossibile affermare con chiarezza che la pena di morte abbia un potere deterrente. Lo studio più recente sulla relazione tra la pena di morte ed il tasso di omicidi, condotto per le Nazioni Unite nel 1988, ha concluso: “questa ricerca non ha fornito alcuna prova scientifica del fatto che le esecuzioni abbiano un effetto deterrente maggiore rispetto all'ergastolo è improbabile che si ottenga mai questa prova scientifica.”.

A titolo di curiosità si sappia che la pena di morte è vigente nello Stato della Città del Vaticano, limitatamente al caso di attentato contro la vita, l'integrità o la libertà personale del Papa o di attentato contro il capo di uno Stato estero, quando la legge di tale Stato prevede appunto questa pena (Legge Vaticana 7 giugno 1929, n. 11, art. 4). In Vaticano le ultime esecuzioni risalgono al pontificato di Pio IX (1846-78). Il recente caso di Ali Agca che il 13 maggio 1981 attentò alla vita di Papa Giovanni Paolo II dimostra che si tratta in realtà di ipotesi teorica. Si ricorderà peraltro che l’attentatore fu giudicato dalla magistratura italiana e da questa condannato all’ergastolo. Ora mi chiedo se, il fatto che in Vaticano non si sente l’esigenza di eliminare dalla legislazione quella pena incongrua con il cristianesimo, non sia ritenuto una giustificazione della sua applicazione nell’occidente cristiano essenzialmente rappresentato dagli Stati Uniti D’America. LA SITUAZIONE NEL MONDO AD OGGI (Al 2 gennaio 2006)



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