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 Anno II n° 3 del 16/02/2006    -   LENTE DI INGRADIMENTO



...IL MIGLIO VERDE...
I Carcerieri del braccio della morte: chi sono, e cosa vedono?
Di Giovanna Pizzi


...ho provato a ripensare diversamente al film “Il Miglio Verde” tratto dal romanzo di Stephen King, cercando di soffermarmi a pensare cosa vuol dire vivere all’interno di un penitenziario, nel braccio della morte, facendo il secondino, il carceriere, la guardia penitenziaria.
Chi sono e cosa vedono queste persone ogni giorno? Cosa vuol dire vivere diverse ore della propria vita con dei condannati a morte? Sono persone che hanno avuto la possibilità di scegliere questo lavoro? Sono persone violente che hanno deciso consapevolmente questo “lavoro”? Sono favorevoli alla pena di morte? ... I “condannati” sono davvero colpevoli del crimine che hanno commesso?

Queste sono solo alcune delle tante domande che pensando a questa situazione, si sono affollate nella mia mente.
Sicuramente devono essere persone che non possono permettersi di lasciarsi coinvolgere nelle vicissitudini dei condannati a morte, ma come è possibile?
La mia mente continua a pensare, avere rispetto di ogni essere umano e cercare di permettere che queste persone vivano la loro condizione di carcerati senza venire continuamente giudicati, cercando di far si, che la violenza non continui ad essere presente nella loro vita...
Come è possibile tutto questo? Cercare di rendere mansuete persone che nella vita hanno sempre e solo visto, sono stati spesso vittime e hanno provocato a loro volta solo violenza? Oppure persone labili psichicamente, persone che magari per la perdita del lavoro, una separazione, la morte di un figlio diventano dei criminali.

I secondini devono tenere presente tutte queste cose, devono diventare madre, padre, figlio, amante, terapista, confessore di queste persone, ma sono in grado di fare tutto questo? ...o meglio, si rendono conto davvero di questo onere?
Anche nel film si vede la differenza delle varie personalità delle guardie, c’è chi riesce veramente ad essere presente nella vita dei condannati, mentre c’è anche chi è solo capace di usare l’arma più “comoda”, la violenza, appunto.

Credo che queste persone abbiano davvero una grande opportunità: far si che i condannati possano sentirsi “esseri umani”, non solo un numero. Sicuramente qualcuno si renderà conto delle sofferenze e del dolore che hanno provocato, ma sanno anche di avere la possibilità che il carceriere ha dato loro, quella di essere uomini.
Vivere ogni giorno con la “feccia del mondo”, come tante persone pensano, gli stessi paesi dove è in vigore ancora la pena di morte, chissà se si rendono conto di cosa vuol dire fare il carceriere.

Ancora tante e tante domande, ma una su tutte: i carcerieri sanno davvero essere sempre pronti ad ascoltare queste persone che sanno che la loro vita è attaccata a un leggero filo di speranza? Anche quelle persone che spesso mettono alla prova, ti mettono in crisi continuamente?
Forse davvero a volte dovremmo pensare che non sempre nella vita le cose vanno come devono andare è vero, ma occorre accogliere ed aver rispetto per ogni persona.



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