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 Anno II n° 3 del 16/02/2006    -   LENTE DI INGRADIMENTO



La Morte nostra compagna di vita

Di Giovanni Gelmini


La morte ci è sempre vicina e spesso occupa i nostri pensieri. Impariamo a conoscerla quando colpisce una persona vicina e ne sentiamo parlare in continuazione: omicidi, terrorismo, incidenti, guerre...

Molte sono essere le domande che ci possiamo porre sulla morte, quelle che però mi sono più vicine in questo momento sono: perché si da così facilmente la morte ad altre persone? Cosa sente chi procura la morte ad un altro uomo?

Uccidere per “usurpare” è sempre stato un lato dell’uomo fin da Caino, ma mi sembra che qualcosa sia cambiato.
Negli anni ’70 alcuni “mistici”, come Jahn Palach, hanno sacrificato la propria vita per protestare contro la mancanza di rispetto dell’uomo; oggi i terroristi diventano delle bombe umane per uccidere e spaventare. Quale nesso c’è?
Chi si sacrifica per un bene ideale lo fa convinto di un bene superiore, chi uccide innocenti ha la stessa motivazione?
E chi manda a uccidere gli innocenti cos’è? Un Santo, un Maestro o un Diavolo?

Darsi la morte o uccidere può essere in qualche modo accettato o almeno giustificato, se vi sono motivazioni gravi che vanno dalla follia alla paura, e attraversano l’idea di uccidere per liberare le persone amate da una schiavitù; sono esempio di questo le ormai troppo frequenti stragi di famiglia fatte da depressi . Però troppo spesso sembra che oggi l’uccidere non sia strettamente legato a queste motivazioni “forti”. Spesso sembra essere conseguenza di grettezza, di una sottovalutazione della vita altrui, di prepotenza.

Ecco che la delinquenza uccide per eliminare i nemici e per “punire” con le armi, armi sempre piu diffuse a disposizione di chi vuole prevaricare. Ma uccide anche con la sua attività come lo spaccio di droga. Uccide con il rendere impossibile la vita alle persone prese di mira con il ricatto, con l’estorsione e il famigerato “pizzo”. Uccide dando il “cattivo esempio” ai giovani a cui fa uno specchietto delle allodole dei facili guadagni o di diventare “rispettabili” perché temuti.

Ma non vi sono solo questi omicidi.
Quante persone vengono uccise negli incidenti stradali? Quanti negli incidenti sul lavoro?
Questi trovano la morte perché altri sono disattenti, poche volte per semplice fatalità.
Vi sono persone che corrono in auto pensando di essere bravissimi nella guida, cavalieri senza macchia a cui nulla può succedere e non tengono conto dell’imprevisto, dell’errore umano, del ciclista che sbanda e finisce diritto sotto le ruote della tua auto. Oppure si mettono al voltante in condizioni “esaltate”, non solo dalla droga o dall’alcool, ma anche dalla eccitazione e dalla stanchezza.
Così per le morti sul lavoro: quante di queste potrebbero esser evitate se si adottassero misure corrette di sicurezza e maggiore attenzione? In questi casi troppo spesso gli incidenti sono causati da non voler perdere “il guadagno”. Così è anche per i troppi morti dei crolli di immobili e per i disastri: Stava e il Vajont insegnano.

Può non esserci “colpa”, e non sempre è così, ma qualcosa resta nella mente di chi è stato causa di morte. Qualche giorno fa, il magistrato di sorveglianza del carcerato in semilibertà che ha aucciso in vicebrigadiere confessava in tv che malgrado fosse certo che il procedimento giudiziario che ha portato alla concessione della semilibertà fosse inappuntabile, si sentiva in colpa della morte di una persona.
Chi causa la morte si porta poi appresso sempre il rimorso per non aver evitato la morte di un’altro. Il rimorso di aver stroncato la vita di un padre, di una madre o di un giovane cosa produce nella mente?
Credo che sia lo stesso problema di una donna che affronta l’aborto.
Sarebbe opportuno comprendere e far conoscere meglio cosa succede e cercare in tutti i modi di evitare di trovarsi in queste condizioni.

Troppo spesso, presi da una ansia di vivere, ci dimentichiamo che la morte, nostra o di altri, è sempre vicina, ci accompagna nella nostra vita.
Guai se ci dimentichiamo di essa.
Credo che la morte sia la pietra di paragone del nostro esistere. Se sappiamo che in ogni momento può attraversare la nostra vita, la nostra vita sarà piena di cose costruttive e godute, altrimenti sarà sempre un rincorrere il domani, domani che inesorabilmente ci conduce in ogni caso verso la Morte.



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