REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno II n° 3 del 16/02/2006 PRIMA PAGINA


Lo sbuffo
Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi
Di Giovanni Gelmini


Da piccolo mia madre mi ripeteva spesso questa massima popolare “Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi” e come tutte le massime anche questa contiene una filosofia spicciola, ma vitale; ciò che è “Santo” deve essere rispettato.
É fuori di dubbio che fare vignette blasfeme, quali quelle pubblicate su Maometto, non è una libertà, ma una inciviltà. Credo che pochi non possano convenire su questo. L’insultare non fa parte di un diritto, ne può essere ammesso in alcun modo, in particolare nella stampa.
Ma la massima contiene anche un altro elemento, la contropartita della prima affermazione, cioè che ciò che è “Santo” non può essere e non deve essere usato per scopi terreni. Non si deve mai confondere le cose sante con gli interressi, con gli affari e anche in questo caso si mostra la saggezza di questa massima.

Non credo che i dimostranti scesi in piazza in tanti paesi come Pakistan, Turchia, Israele, Kenya, Afganistan, Siria, Palestina, Iran, Giordania e Egitto abbiano ma visto tali vignette. É poi strano che queste manifestazioni siano scoppiate tutte insieme in poco tempo, dopo che da mesi venivano pubblicate le vignette. Forse che la cosa sia da legare alla vittoria di Hamas in Palestina? Certo sono illazioni, ma il fatto che la piazza si muova in modo così compatto e che delle persone vadano a morire per queste vignette non mi sembra una cosa scontata, c’è senza dubbio un forte interesse del mondo islamico integralista a giocare su questo madornale errore di sprovveduti giornalisti.

Ecco che ritorna in ballo la massima, vista questa volta dal punto di vista dell’abuso del Sacro.

Da noi è quasi un millennio che si combatte per una netta separazione tra Stato e Chiesa, ma resta una cosa molto difficile da far digerire e quanto succede oggi nell’Islam dovrebbe far riflettere chi continua a utilizzare anche da noi il “Sacro” per forzare le scelte civili.
Non dico che non si debbano, nella fase di scelte civili, mettere in evidenza le problematiche etiche, anzi questo è un compito preciso e necessario di chi si pone come custode della religione, ma se poi nella scelta finale civile si devono tenere conto anche delle esigenze di chiarezza dei rapporti e del fatto che non si può imporre una “Fede” tramite la legge ad altre persone che non la condividono.

Voglio parlare però di un altro problema che sicuramente mette in difficoltà chi sente la religione come elevazione spirituale: parlo di associazioni che, in nome della “Carità”, occupano il potere e fanno affari senza troppa chiarezza, anzi a volte hanno una organizzazione vicina al sistema massonico, giustamente tanto osteggiato dalla Chiesa.
Parlo della quantità di calendari, cartoline, lettere che arrivano in casa (il tutto corredato da richiesta di “versamenti tramite bollettino postale” per “opere pie”), di cui spesso non si sa neanche in effetti cosa siano. E poi di immagini, statue e altre "opere sacre”,che di sacro non hanno nulla, anzi, credo che vadano contro l’insegnamento del Vangelo. Il secondo Comandamento del decalogo recita infatti “Non avrai altro Dio all’infuori di me” ed è ben esplicitato in Esodo 20: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai”, ma ricordarsi di questo non farebbe contento tutto quell’apparato economico che vive su questo, cioè proprio i “Fanti che scherzano con i Santi” per lucrare. Caso strano gli “incivili” musulmani seguono attentamente questa legge divina. Mi sorge una domanda: non è che avremmo anche noi qualcosa da imparare da loro?

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