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Faccio Citizen Journalism, tu no?

Il giornale o il blog: questa è oggi una alternativa di comunicazione

Di Paolo Russu

I giornali non hanno più la carica di novità dell’epoca degli “strilloni”, quando i cittadini assonnati e infreddoliti nelle mattine d’inverno (accaldati in quelle d’estate), apprendevano con un urlo le ultime notizie riguardanti il contesto cittadino e non. Scoprire cos’era capitato nel mondo durante la giornata appena trascorsa era cosa abitudinaria, che aveva i suoi orari e i suoi modi. Il giornale esiste ancora, anzi, ne esistono in proporzione molti di più, ed evito l’elenco dei “new media” che ora nel campo dell’informazione affiancano il classico prodotto cartaceo.

Certo è che, se “conservatori” e “progressisti” più o meno in egual misura si aspettavano una naturale (che essendo tecnologica di naturale ha poco) evoluzione dei mezzi di comunicazione, ben pochi immaginavano che la disciplina giornalistica avrebbe aperto le porte all’uomo di strada. Con la rete tutti possono comunicare, con uno spazio web tutti possono lasciare traccia permanente dei loro pensieri, (finchè Server vuole), con un videofonino tutti possono scrivere, filmare, fotografare e creare la notizia.

Ebbene sì, la notizia è tale quando un giornalista la riporta su un organo di stampa, oppure quando un comune cittadino confeziona la notizia stessa: un incidente, una rissa, un super gossip con tanto di documentazione filmata, audio e commento in un breve messaggio di testo. A quel punto il passaggio è semplice, si consegna il materiale ad una redazione (se si vuole percorrere la via istituzionale) o cosa ben più diffusa in questi ultimi periodi, si apre un blog personale che diventa il broadcaster della notizia stessa.

Ed ecco pullulare in un mare di byte fatti, eventi, commenti e opinioni su praticamente tutto il quotidiano vissuto delle persone. Si parla quindi di “giornalismo partecipe”, e l’utente diventa contemporaneamente la fonte e il fruitore del servizio, ovvero editore di se stesso. Il Citizen Journalism si sta sempre più affermando come giornalismo civile, e soprattutto giornalismo di denuncia. Se da un lato ci si sente più informati, vista la capillarità che il fenomeno potenzialmente può assumere, dall’altro si ripresenta incessante il problema dell’attendibilità delle fonti, e parallelamente dell’obiettività dell’informazione.

L’assenza totale di filtri, intrinseca alla natura della rete, permette di ottenere notizie da qualsiasi fonte su qualsiasi argomento. Al contempo l’utente si espone ai rischi di una lettura senza paracadute, dove ogni pensiero viene espresso e pubblicato a volte lambendo territori pericolosi come quelli del razzismo, del fanatismo religioso o addirittura della pornografia, come nel caso del Los Angeles Times che ha dovuto chiudere lo spazio dei commenti on line; spazio “imbrattato” da commentatori anonimi e forse poco interessati alle notizie da commentare.

Il fenomeno blog e quello dei giornali on line quindi mutano radicalmente il panorama, e soprattutto gli Stati Uniti (che considerano la rete e i giornali on line attendibili quanto se non di più della carta stampata) cercano nuove forme di fusione che possano portare equilibro attraverso l'apertura della forma-giornale ad integrazioni con la scrittura collettiva del pubblico.
Se tutto questo porterà alla definitiva covergenza tra editore-giornalista-utente lo scopriremo tra poco, nel frattempo stiamo pronti con i videofonini.

Argomenti:   #comunicazione ,        #giornalismo ,        #innovazione ,        #internet



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