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Visto per voi Lady Vendetta Impeccabili madonne peccatrici Di Daniela Losini
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Tredici anni (e mezzo) di prigione e un solo pensiero: vendicarsi. Park Chan-Wook allestisce il terzo capitolo sulla vendetta sviscerando – letteralmente – le sfumature del peccato dopo "Sympathy for Mr Vengeance" e "Old Boy".
Accusata di aver ucciso un bambino, Geum-Ja bellissima madonna diciannovenne, finisce in galera a scontare giovinezza e speranze. Oppone il suo viso immacolato alla difesa più tenace verso le ingiustizie. Ne sia modello per tutti la fine della Strega, donnaccia che assoggetta le detenute più deboli ai propri piaceri, punita irreversibilmente dal sapone e dalla candeggina. Pregare lava via i peccati, e di tempo per farlo in prigione ce n’è moltissimo. Scontata la pena, esce tra la curiosità morbosa della gente e la rapace necessità dei media di fagocitare qualsiasi brandello di emozione. La presunta assassina d’innocenti corre a chiedere perdono per il bimbo ammazzato. L’espiazione è teatrale: si priva di una falange e poi per amicizia, di un rene. Gesti estremi, eseguiti con distaccata partecipazione. Nei salti temporali e flashback, si scopre che non è esistita solo la prigionia ufficiale ma anche quella imperdonabile della delega della propria volontà al complice/amante. L’anno di carcere coniugale colma nella nascita e nella scomparsa della figlia. Il presente è libero dalle sbarre ma definito dal vitale ritorno al passato. Scopre gli orrori sotto al tappeto, alleanze smarrite, armi da fuoco istoriate, dolci rifugi nell’impiego in pasticceria, dove tutto è candido, purificante come la pioggia finale di neve e la torta della bambina perduta e ritrovata che monda l’anima. Consegna redentrice, il vero assassino di bambini alla giustizia violentissima e torturatrice dei genitori. Grotteschi boia annegati nel sangue che non porterà nessun sollievo né conforto. Racconto spiazzante con qualche indugio nella parte centrale meno coesa ma denso, immaginifico e prolifico viaggio nella trasformazione da innocente naif a latrice di morte e dolore, senza nessuna pietà per se stessa (“Troppa felicità per una peccatrice come me”). Simbologie e paralleli immediati a parte, ogni fotogramma sgocciola inventiva, visi celestiali, azioni feroci e costrutti implacabili che riverberano seducenti, a cominciare dai titoli di testa. Memorabili fiori di sangue per un memorabile angelo caduco e caduto. Argomenti: #cinema , #film , #recensione Leggi tutti gli articoli di Daniela Losini (n° articoli 85) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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