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Lo sbuffo Non c’è pace tra gli ulivi Di Giovanni Gelmini
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No, non ho intenzione di parlare dell’ulivo di Prodi, ma dell’ulivo del Getsemani, dell’ulivo della pace, quello che tra poco distribuiranno nelle nostre chiese.
La settimana si è aperta con grandi segni di pace. Ma proviamo a capire cosa vuol dire pace, altrimenti saremo sempre nell’equivoco. Pace vuol dire amore. Vuol dire non semplicemente sopportare il vicino, ma capirlo, aiutarlo, e cercarlo per vedere se ha bisogno. Quel vangelo che ci hanno insegnato da piccoli è ricco di questo. Ecco che nel clima convulso di magliette esternate in diretta di dichiarazioni di superiorità dalla civiltà cattolica, fatte poi da cattolici poco credibili, magari divorziati, magari con un passato da dimenticare, da persone dedite alla violenza di piazza o privata, o da integerrimi personaggi ingessati in un ruolo istituzionale che forse non hanno mai ben compreso, troviamo inaspettatamente segnali della vera pace. Segnali che provengono da persone qualificate e credibili. Il primo è la dichiarazione, veramente piena di significato cristiano, del Cardinale Martino, poi un avvenimento per i più quasi incredibile: un Rabbino in visita ad una Moschea. I fatti che ci vengono continuamente propinati dai mass-media sembrerebbero dire che c’è una distanza incolmabile tra Ebrei e Mussulmani. Quale emerita fesseria. Tutti noi sappiamo, ma dimentichiamo continuamente, che le religioni cristiane sono la prosecuzione logica degli insegnamenti della religione ebraica. La loro bibbia fa parte dei nostri libri sacri. Però forse pochi sanno che anche l’Islam ha la stessa discendenza, anzi riconosce l’insegnamento di Cristo e lo considera il più grande profeta prima di Maometto. Ma allora perché si devono avere questi pregiudizi religiosi? La differenza è molto marcata nelle abitudini e nelle tradizioni, non nel significato profondo dell’amore verso il prossimo. Quindi non deve meravigliare se Abdullah Redouane, segretario del Centro Culturale Islamico di Roma, e il Rabbino di Roma Riccardo Di Segni si sono incontrati ufficialmente alla moschea di Monte Antenne, la più grande d'Europa, si sono salutati con un caloroso “Salam aleikum” e si sono scambiati l’impegno di ritrovarsi nella Sinagoga. Però le differenze ci sono, specialmente nel modo di vivere; differenze superabilissime se... se non ci fosse chi ha interesse a dividere. E a dividere ci sono solo gli interessi terreni di pochi. Noi, ed io stesso, abbiamo un concetto dei popoli del Nord Africa e del Medio Oriente, che spesso non è dovuto alla loro religione, ma al fatto che li consideriamo non affidabili; eppure, se ci pensiamo bene, i loro comportamenti non sono molto diversi da quelli dei nostri vicini, che non mantengono le promesse, che cercano di venderci cose fasulle, che non hanno voglia di lavorare, che... aggiungete pure la lista dei nostri difetti che è lunghissima e così la completerete tranquillamente. Nessuno di noi è un esempio della nostra religione, perché allora invece noi volgiamo estendere i difetti delle persone alla loro religione? La verità è che il diverso stimola automaticamente la reazione di difesa. Ecco cheora, dopo le speranze date dai vertici religiosi, ci risvegliamo con un ennesima smentita alla possibilità di avviare un percorso di pace: Israele attacca Gerico, per appropriarsi di alcuni prigionieri palestinesi. Fatto che sicuramente sarà origine di ritorsioni e manterrà la fortissima tensione esistente. Per favore smettiamola però di identificare gli interessi di gruppi precisi con le religioni che assolutamente nei loro insegnamento non danno spazio alla violenza, e di usare la religione per giustificare i propri affari, magari per niente altruistici. Argomenti: #chiesa cattolica , #ebrei , #gerusalemme , #islam , #opinione , #pace Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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