REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno II n° 6 del 30/03/2006 TERZA PAGINA


Cricio è vivo: gli amori impossibili
Che sera quella sera!
Di Cricio


1961 serata d’agosto. Dopo aver ballato tutta la sera al suono del ju’box, risaliamo la mulattiera verso le nostra abitazioni. Ci sono Margherita e Flora, Giuseppe, Giancarlo ed io. Improvvisamente un temporale ci obbliga a trovare rifugio negli ingressi delle case che fronteggiano la mulattiera. Io mi infilo in un vano di una porta,che fortuna, nel vano c’è anche una panca ricavata nel muro; sono seguito da Margherita che si accomoda sulle mie gambe. Cosi seduti, tra tuoni e fulmini, col il rumore dell’acqua battente i nostri corpi si svegliano e dall’abbraccio per sostenerci, passiamo a un abbraccio intenso, ai baci prolungati. È una sorpresa per me. Margherita mi piaceva, ma ero convito che non le interessassi; che lei potesse avere molto di più di me.

Come il temporale è iniziato, cosi improvvisamente termina. Mancano poche centinaia di metri ad arrivare alla casa che Margherita e Flora hanno preso in affitto dal padre di Giuseppe. Io abito un poco più avanti e Giancarlo ancora più avanti.

Le ragazze ci chiedono di salire un attimo da loro, ancora due chiacchiere... Così facciamo. Ci sediamo sui i due divani letto: Giuseppe vicino a Flora, Margherita tre me e Giancarlo. Le chiacchiere vanno avanti stentatamente, è evidente che qualche cosa che non va per il verso giusto.

Giuseppe è un ragazzo, come me, timido e a lui piace Flora. Giancarlo invece è un ragazzo rotondetto che si crede irresistibile, di quelli che sanno tutti i balli, si dimenano in mezzo alla pista e credono che, quando hanno adocchiato una ragazza, questa debba strisciare ai loro piedi.

Ad un certo punto Giancarlo si decide e fa una cosa per me inaudita: io non avrei mai osato. Si alza e spegne la luce.
Non so cosa abbia fatto Giuseppe, ma io riprendo le operazioni interrotte alla fine del temporale; Margherita mi passa un braccio alla vita senza spostarsi ancora, perché dalla finestra entra la luce della luna che nel frattempo è ricomparsa e c’è ancora la scheggia impazzita di Giancarlo. Io oso ed infilo una mano sotto la maglietta e raggiungo un seno.

Giancarlo, sicuro di sé, si risiede ed allunga una mano sullo stesso seno conquistato da me e scopre che, invece di una dolcezza, sotto la maglietta ci sono le nocche ossute della mia mano. Si inalbera, diventa tanto rosso da illuminare la stanza e, urlando improperi e minacce, esce a razzo dalla porta rovinando dalla scala esterna e si volatilizza.

Ovviamente nessuno di noi ha riacceso la luce per un bel po’.

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