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Intervista a Lara, una allieva brillante da poco laureata Quale università? E come approcciarla? In questa intervista emergono indicazioni precise e fondate per chi oggi sta per iniziare l’università Di Giovanni Gelmini
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Hai appena concluso brillantemente la tua esperienza universitaria, so che non è stata un esperienza “lineare”, ma con alcune difficoltà per le scelte fatte. Anche sulla base dell’esperienza dei tuoi compagni di università, cosa consiglieresti ai giovani che ora devono iscriversi ad un corso in università?
La scelta della facoltà universitaria non è semplice, soprattutto perché viene effettuata a 19 anni quando il mondo non possiede ancora contorni definiti, si hanno valori e ideali molto forti e la realtà è ancora quello che si vuole credere e non quello che è. Un consiglio molto semplice: per evitare di commettere errori grossolani cercare di essere molto realistici e sinceri con se stessi. Bisogna scegliere, non solo in base alle discipline preferite, di solito frutto dell'esperienza delle scuole superiori o di proprie passioni, ma anche sulla base dell'esperienza concreta lavorativa associata alla scelta universitaria. Gli ideali sono un motore importante per i giovani. Sono la caratteristica distintiva dei giovani e la loro energia, ma attenzione ad essere sicuri che siano propri e non frutto di un ideale riflesso di qualcun altro su di noi. L'ideale va chiarito e indirizzato per costruire qualcosa di vero che possa generare soddisfazioni future per colui che sceglie di seguirle. Troppo spesso, se questo non accade, l'ideale si trasforma in senso di frustrazione per un obiettivo che non si è riusciti a raggiungere o semplicemente perché ci si è resi conto che tale obiettivo apparteneva a qualcun altro e non a se stessi... Un altro consiglio che mi sento di poter suggerire è quello di fare in modo di acquisire consapevolezza delle proprie caratteristiche, delle proprie capacità e predisposizioni. E' fondamentale comprendere quali sono i propri punti di forza e di debolezza che spesso sono associati non tanto alla professione quanto al ruolo rivestito all'interno della professione stessa. Ci sono persone che, per predisposizione naturale, amano prendersi delle responsabilità e decidere, ce ne sono altre che preferiscono non farlo. Non esiste qualcosa di giusto o di sbagliato; come in qualunque team di lavoro, anche nella vita esiste la necessità di avere una serie di figure con caratteristiche diverse, ma tutte indispensabili per portare a termine un obiettivo. Quindi, in definitiva, due consigli importanti: siate sinceri con voi stessi e con i vostri ideali ed imparate a valorizzarvi, qualunque sia la vostra predisposizione caratteriale. È più importante essere iscritti ad una facoltà prestigiosa, ma lontana e quindi con difficoltà di frequenza, o poter frequentare bene in una facoltà non eccezionale ma vicina? Qual è il ruolo della frequenza? L'importanza della frequenza universitaria è subordinata a due concetti. Può essere importante frequentare perché la complessità delle discipline lo richiede, oppure può essere importante frequentare per vivere l'ambiente universitario. Personalmente, avendo frequentato una facoltà tecnica, il mio consiglio spassionato è quello di frequentare assolutamente il più possibile. Ogni ora in più passata a lezione permette di guadagnare due ore di studio a casa per due motivi. Innanzitutto i docenti sono una risorsa da "sfruttare" il più possibile. Quando mai vi ricapiterà nella vita di avere a disposizione persone che offrono la loro conoscenza per accrescere la vostra? Di solito non funziona così nella vita, per tutta una serie di meccanismi che si chiamano, in una parola, "autoconservazione". Invece, all'università i ruoli studente/docente sono talmente distinti che nessuno corre il rischio di rappresentare una minaccia per l'altro e da questo scatta la gratuità dell'insegnamento! In secondo luogo è possibile comprendere, tramite le lezioni, quale è il punto di vista del docente; in quanto persone umane e non "marziani" i docenti hanno una propria interpretazione soggettiva delle materie che insegnano e spesso è utile capire quali sono gli argomenti sui quali mettono un particolare accento e quali sono in secondo piano. Mai dimenticare che una piccola dose di psicologia è fondamentale nella vita così come all'università. Quindi, io consiglierei la frequenza in ogni caso! Se potete permettervelo e se siete persone che non si lasciano intimorire dalla competizione, scegliete un'università prestigiosa, anche se lontana, ma non rinunciate alla frequenza! È più produttiva la frequenza "da casa" o stare "fuori casa"? Dipende dalle persone... Una frequenza da casa penso sia, in generale, più produttiva per la maggior parte della gente. Ma non bisogna dimenticare l'importantissima "palestra di vita" che un'esperienza fuori casa può fornire! Certo, è molto più rischiosa, soprattutto per un ragazzo di 20 anni... Ma siamo sempre al problema del peccato originale. Meglio scegliere consapevolmente il tipo di persona che si vuole essere e così sfruttare la possibilità di vedere anche fuori dalla propria porta di casa, oppure meglio non scegliere perché si è seguita sempre l'unica via che ci si è trovati di fronte? ... ma non può essere "dispersiva"... Certo che può essere "dispersiva", per questo è più pericolosa! Ma sicuramente è anche molto più selettiva! Non dal punto di vista scolastico, bensì dal punto di vista della determinazione personale. È più facile dire "stasera studio", quando al proprio paesello non c'è nulla di più interessante da fare, oppure quando si abita, da soli, in una grande città? Per questo ritengo che un'esperienza "lontano da casa" non sia adatta a tutti. Una persona fragile, facilmente gestibile dagli amici (ad esempio), rischia di essere condizionata dall'ambiente... e... magari di farsi anche spaventare da un ambiente più competitivo. Non è semplice, ma ritengo che sia molto formativo. È possibile fin dall'inizio fare anche un lavoro? Quale deve essere il limite di un impegno di questo tipo? Dal mio punto di vista bisogna mettere sempre al primo posto, nel momento in cui si decide di affrontare gli studi universitari, le scadenze universitarie. E' possibile studiare e lavorare ma è molto pesante. Bisogna mettere in conto una serie di sacrifici... soprattutto per un ragazzo giovane. Non bisogna pensare di andare a lavorare per guadagnare i soldi che servono per divertirsi, perché, se si vogliono rispettare le scadenze universitarie, ciò che non si avrà non saranno i soldi (o quanto meno non solo) bensì il tempo per spenderli! Comunque, per coloro che hanno la necessità vera di dover lavorare e studiare (e che quindi che lavorano per avere i soldi per studiare), è importante trovare un lavoro che garantisca una certa flessibilità d'orario, per riuscire a "incastrare" esami, lezioni universitarie e lavoro. Come decidere i primi esami da dare? Partire dai più facili o dai più difficili? Partire dai primi! Se i primi sono i più facili partire da quelli, se sono i più difficili fare altrettanto! E' importante non perdere il ritmo e non lasciarsi indietro delle "code" poco piacevoli. Cercate di dare man mano gli esami, sfruttando la possibilità di spezzarli nei compitini: doppia possibilità perché, oltre che spezzare gli esami, consentono di arrivare alla sessione d'appello con alcuni esami già conclusi. Bisogna cercare di pianificare il proprio impegno. Se si tratta di esami pratici è utile mantenerli fatti poco alla volta, lasciando magari esami più mnemonici, che richiedono un periodo di full_immertion per studiare, per il periodo di sessione d'esame durante il quale, di solito, le lezioni sono sospese. Il nuovo ordinamento ha cambiato il modo di essere dell’università, come docente ho notato una differenziazione di due livelli distinti che prima non c’era. Quello molto basso di persone che “tentano l’esame” e un gruppo più numeroso di prima di studenti molto motivati e capaci. Mi faresti alcune considerazioni su questo? Il nuovo ordinamento ha sicuramente cambiato molto l'approccio all'università. Sicuramente hai ragione e posso anche motivare parzialmente la tua osservazione... Le persone che tentano l'esame ci sono sempre state, con la differenza che oggi, a mio parere, l'università è molto meno selettiva. Magari è comunque difficile prendere un voto alto, ma sicuramente è molto facile arrivare al 18. Si potrebbero ipotizzare molte spiegazioni a riguardo, fondamentalmente di "politica" d'Ateneo, ma preferisco non addentrarmi in un argomento così spinoso. Dall'altro lato, le persone molto motivate, poiché notano questa "mancanza di vera selezione" e si sentono sminuite per questo, cercano di riscattare il proprio livello scolastico impegnandosi per raggiungere i massimi risultati. E' l'unico modo che hanno per differenziarsi, molto più rispetto a prima. Comunque, secondo me, il nuovo ordinamento non ha solo aspetti negativi. Una cosa positiva che l'Università insegna oggi, e che il vecchio ordinamento non aveva, è la necessità di sapersi organizzare. La performance si misura molto di più sull'efficienza. E' importate raggiungere i risultati in modo efficiente ma nel minimo tempo e con i minimi costi possibili. Questo notoriamente rispecchia il modo di funzionare del mondo del lavoro e sicuramente è molto utile. Purtroppo sarebbe meglio se non andasse a scapito della possibilità di "trattenere" le informazioni immagazzinate, dato che è difficile avere il tempo di approfondire le tematiche di studio quando si hanno 5 o sei esami a semestre. Argomenti: #frequenza , #intervista , #lavoro , #scegliere , #studenti , #università Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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