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 Anno II n° 7 del 13/04/2006    -   TERZA PAGINA


Cricio ricorda
I dolci di Pasqua

Di Cricio


I ricordi mi riportano alla mente gli anni della guerra e quelli immediatamente successivi. Allora la gente era divisa in due categorie abbastanza nette: il popolo che aveva pochi soldi per vivere e quelli che “stavano bene” e che potevano permettersi molte cose.
La mia famiglia apparteneva alla seconda categoria, ma conosco bene anche cosa passava sulle tavole di quelli della prima.
Per i dolci poi, ho sempre avuto una attenzione particolare: si ero goloso! E in questo mio vizio ero dolcemente assecondato da mio zio Antonio, che con la Balilla andava per le valli a vendere dolciumi ai negozianti. Ma nelle valli la gente era povera e spendeva poco per i dolci, così da lui ho potuto conoscere tutta quella gamma di dolcezze che a casa mia non c’erano, ma che comunque per me erano meravigliose perché me le dava lui.

Ecco che le uova di Pasqua erano fatte non di coccolato, ma di cialda con ricche e buone decorazioni di zucchero colorato. Poi c’erano le campane fatte nello stesso modo e, sempre con lo zucchero e la cialda, mi ricordo anche una gallina e tanti pupazzi. Cose semplici, che però davano in ogni caso il segno della festa, un segno che oggi forse si è perso perché le nostre case tutti i giorni sono piene di tutto quello che vogliamo. Così si perde l’emozione di fare festa, ed invece resta la noia di convenevoli che non nascono dal cuore.


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