REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno II n° 9 del 11/05/2006 TERZA PAGINA


Racconto Breve
La Prostituta
Di Diamanta


“Che schifo!!!”
L’esclamazione mi sorprende nel silenzio, appena nascosto dalla radio lasciata accesa a basso volume, dell’auto.
Tolgo lo sguardo dalla strada e seguo con gli occhi lo sguardo della mia amica.
E la vedo... Una gonna così corta che mia madre chiamerebbe cintura, scarpe con la zeppa, una maglietta che non è una maglietta ma semplicemente un reggiseno.
Dritta sul marciapiede con un corpo pieno, tondo e relativamente giovane, non molto alta, capelli lunghi di un colore non ben definito, le labbra in un sorriso troppo aperto che contrastano con uno sguardo un po’ triste e duro di chi ti avvisa “Non ci provare neppure a farmi perdere tempo o a prendermi per il culo”.
Pochi attimi prima che l’auto prosegua il suo viaggio nel buio della notte, e la sua immagine è gia storia nel passato.

“Che schifo?” ripeto alla mia amica. E lei parte con una filippica sulle puttane, o meglio prostitute come le chiama lei nel suo forbito italiano, sul vendersi, sul dare il proprio corpo, la propria carne per soldi. Su questo mercimonio biologico.
E la sua voce diventa come la musica, sottofondo per i miei pensieri.

Eppure a me non ha fatto schifo, stranamente solo un po’ di tenerezza, perché lo sguardo era duro ma era semplicemente uno sguardo di difesa. Non faceva del male a nessuno, se non ha se stessa forse.

Donna di malaffare, donnaccia, puttana, sgualdrina, squillo, meretrice, mondana, etera, passeggiatrice, peripatetica, bagascia, baldracca, mignotta, zoccola, battona, prostituta, cortigiana, donnina allegra, lucciola, bella di notte, troia… quanti aggettivi per dire la stessa cosa.
Perché mai tanti nomi per dire la stessa cosa? Forse perché ci sono molte sfumature di questo mestiere?

Un tono di voce più alto, mi riporta qui “...guarda piuttosto che fare la prostituta io vado a pulire i gabinetti alla stazione centrale... piuttosto che prostituirmi io...“
Si ti vedo proprio, con il tuo abitino firmato, la cintura alla moda, il profumo costoso e le mani curate a pulire cessi… guarda sei proprio l’emblema della donna forte e coerente nella vita, pronta a tutto tranne che ai compromessi, specialmente quando mi sovviene il ricordo di te scura in viso dal nervoso, con un accenno di lacrima perché per “colpa” di tuo marito che ha comprato l’auto nuova, quest’anno le vacanze dovrai passarle semplicemente in un villaggio in Sicilia, dovrai rinunciare a quell’irrinunciabile viaggio verso spiagge lontane.

Alzo gli occhi sullo specchietto retrovisore e mi guardo, i miei occhi sono un po’ tristi e duri e ho un sorriso troppo aperto stampato sulle labbra… che cambia tra me, la mia amica e “la prostituta”? Nulla assolutamente nulla, se non la moneta di scambio per cui venderci.

Quante volte ho permesso che le mani del mio compagno del momento, anche quando non avevo assolutamente voglia, mi toccassero in cambio di parole, di un gesto d’affetto, di una promessa di carezze. Mercimonio biologico!
Quante volte ho permesso alla mia testa di zittire la mia lingua quando lo stesso compagno a torto mi urlava contro parole e offese, in cambio di una temporanea pace e tranquillità familiare.
Mercimonio mentale!
Quante volte ho permesso di ottenebrare il mio cuore, di ingannarmi, di credere a parole di uomini, in cambio dell’illusione di essere amata.
Mercimonio emotivo!


L’ho fatto per tanto, fino a non pochi anni fa, ora non capita più o quantomeno non molto spesso, ho smesso di svendermi per amore...

Lei di colpo si zittisce, mi guarda e dice: “Ma mi ascolti!?”
“Certo che ti ascolto” ma penso che ascolto anche me stessa.
Le sorge un subbio e incalza “Tu che ne pensi?”

Ci provo a spiegarle, ma lei si chiude a riccio e dietro a frasi tipo “Non è la stessa cosa... è diverso...”.
Darmi, anche solo parzialmente ragione, vuol dire ammettere con se stessa che forse è vero, anche lei un po’ “prostituta” lo è, che forse quando fa l’amore controvoglia col marito o fa finta di non vedere le sue scappatelle, in fondo si sta vendendo in cambio di sicurezza, affetto, stabilità.
Vorrebbe dire mettere tutto in discussione, anche se stessa e forse non ne ha ancora la forza.
E diventata seria, un pochino alterata, mi sembra una bimba a cui stanno rubando il giocattolo e disperatamente certa di trattenerlo tra le mani.
Dentro di me sospiro, le voglio bene... Mi giro verso di lei, ho un sorriso troppo aperto stampato sulle labbra... i miei occhi sono un po’ tristi ma non duri, oserei dire dolci mentre le dico “...si forse non hai torto neppure tu... forse non è la stessa cosa...forse...”.

Mercimonio sociale, o meglio d’amicizia... ma io lo so, dentro di me, non cambia nulla… se non la “moneta” per cui ci vendiamo...

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