REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno II n° 10 del 25/05/2006 IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


I Licei sono da buttare?
Forse si, ma forse è solo da buttare l’ignoranza e l’arroganza degli insegnati
Di Giovanni Gelmini


E bravo Luca La Camera, che con le risposte della sua intervista che ho letto su La Repubblica del 19/05/2006, mi ha dato ragione.

Che cosa ha detto? Ha detto quanto in un Consiglio d’Istituto del liceo Scientifico “Lussana” di Bergamo avevo sostenuto: il metodo usato in quasi tutti i Licei non è adatto a preparare per l’Università!
Questo non è un fatto da poco perché lo scopo dei Licei Scientifico e Classico è di dare una preparazione specifica per proseguire bene verso la laurea. Ma vediamo nelle specifico qual è l’accusa che con Luca facevo: il modo di interrogare non permette ai ragazzi di maturare un metodo di preparazione approfondito, di sviscerare le materie, di studiare autonomamente e di sapere verificare da soli la propria preparazione.

E dite poco ad una accusa del genere? Vuol dire non fare maturare i ragazzi nell’autonomia dell’apprendere, non essere in grado di studiare senza qualcuno che “insegni”, cosa che poi invece, specialmente sul lavoro, dovranno fare.

Ecco le parole precise di Luca sul metodo di studio del Liceo: “Ho dovuto cambiarlo completamente rispetto al liceo. Ora mi sono organizzato: suddivido il numero delle pagine per i giorni che ho a disposizione. Cosi so sempre quanto devo studiare ogni giorno – ed aggiunge sul ripasso - è la cosa più importante. Ma l'ho scoperto dopo. Al liceo sei abituato a preparare una lezione, qui di colpo ti trovi di fronte a un intero programma. E all’esame il professore ti può chiedere pagina 2 come 522”.

Ricordo bene quella sera in Consiglio, gli insegnanti di Fisica chiedevano che si aggiungessero 2 ore al già eccessivo numero di ore del corso (32) perché non riuscivano ad interrogare e da lì è partita la mia critica: sbagliate ad interrogare, non si deve interrogare tutti i giorni e ho spiegato il perché. La mia esperienza della scuola superiore era stata di una netta separazione del trimestre in un primo periodo di insegnamento e un secondo di “esami”; in pratica l’interrogazione era unica nel trimestre e riguardava tutta la materia, all’Università non ho avuto problemi ed ero ben preparato a studiare solo sui libri. Ovviamente gli insegnanti, da bravi presuntuosi, hanno detto che io non sapevo di cosa stavo parlando, che solo loro erano in grado di sapere cosa fare; sono rimasti male però quando ho fatto presente che sapevo di cosa parlavo perché ero docente Universitario e potevo toccare con mano i loro errori.

Stimolato dall’intervista a Luca La Camera, ho chiesto ai miei allievi: tutti hanno confermato che il metodo del liceo è sbagliato. Riporto quanto detto da Andrea Correale perché mi sembra la risposta più completa e circostanziata.

”In passato ho avuto la fortuna di poter frequentare un liceo scientifico nel quale, se pur in via sperimentale durante gli ultimi anni, è stata cambiata la metodologia di insegnamento e valutazione con l'intento proprio di allinearsi alle metodologie di insegnamento delle nostre università. In sintesi le famose interrogazioni "day by day" che costringevano a studiare costantemente (e spesso frettolosamente) erano state eliminate, sostituendole con intervalli periodici (circa 2 settimane dedicate alla fine di ogni trimestre scolastico) dedicati ai “colloqui”, così erano chiamati, nei quali ognuno veniva interrogato (programmando anticipatamente il colloquio) in ogni singola materia sul programma fin lì effettuato.

Il risultato: per me un successo! Finalmente la possibilità di apprendere serenamente senza l'ansia dell'interrogazione imminente e senza preavviso. Un sicuro incremento della qualità dell'insegnamento e della preparazione, nonché la possibilità di approfondire meglio ciò che ognuno riteneva più culturalmente interessante. Una responsabilizzazione maggiore nella preparazione e nello studio.

Ex post, la ritengo una scelta vincente, sia per i risultati ottenuti negli esami di maturità sia per quello che vivo oggi come studente universitario.

Il rischio: non sempre, e non facilmente, tutti sono in grado di sapersi organizzare e di cambiare metodologia di studio repentinamente. Diciamo che i miei professori della scuola superiore non avevano (spero che oggi ne abbiamo) la consapevolezze e l'esperienza necessaria per gestire efficacemente questa tipologia di progetti di cambiamento organizzzativo!”


In effetti per completare il metodo e renderlo più produttivo si deve togliere l’obbligo di presenza durante il periodo degli “esami”, in modo che i ragazzi possano concentrarsi bene nello studio; questo da noi, negli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60, era già una cosa fatta, seppure di straforo.

Ma questa conferma mi rafforza ulteriormente che il vero problema della nostra scuola è la chiusura preconcetta del corpo insegnante a qualunque indicazione che venga dall’esterno, la mancanza di valutazione del loro operato; quante volte ho chiesto che venisse fatta un'indagine sui ragazzi dopo alcuni anni dalla maturità, ma mai è stata fatta. Se si ascoltassero i loro consigli, se si tenesse il contatto con le università (o con le imprese per quegli istituti che non portano solo all’Università) forse si accorgerebbero che hanno molto da imparare e che devono cambiare molte cose nei loro metodi.

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