“Oro blu”, ormai viene così chiamata questa risorsa in grave pericolo che risponde al nome di acqua.
Liquido ormai divenuto preziosissimo a causa dell’aridità e della siccità che colpisce il nostro mondo. Aridità e siccità appaiono simili ma hanno cause diverse.
L’aridità è causata dalla scarsità delle piogge e dalla contemporanea evaporazione del terreno, mentre la siccità è un fenomeno che colpisce intere zone, anche non aride, con danni al sistema produttivo, più o meno gravi a seconda della durata.
Le cause sono molteplici, vanno da quelle naturali quali le variazioni climatiche, a quelle antropiche, come l’industria, l’urbanizzazione e le attività estrattive.
La combinazione di questi due fenomeni contribuisce alla desertificazione del pianeta.
Il binomio siccità/aridità=mancanza d’acqua è simultaneo e spontaneo; invece non è proprio esatto. Territori con abbondanti zone idriche a volte soffrono di siccità/aridità per un mancato od errato utilizzo delle acque. Non parliamo solo di zone da “sempre” considerate a rischio ma anche dell’Europa, Italia compresa.
Impianti idrici fatiscenti, tubature non manutenzionate o manutenzionate malamente, fanno sì che il 30% dell’acqua (50% in Africa) che attraversa tali impianti si disperda e non arrivi nelle case.
Parrebbe strano, ma in Italia le zone che hanno subito più massicciamente un incremento di questa “disidratazione” terrestre sono quelle dell’Italia settentrionale; incremento che si è in parte compensato poiché tale area geografica rimane in ogni caso ricca d’acqua, tant’è che le regioni del Nord hanno risorse idriche mediamente superiori al 50% del fabbisogno; mentre alcune regioni quali la Sicilia, la Sardegna e la Puglia coprono a malapena il 20% del proprio fabbisogno idrico.
Un maggior controllo ed utilizzo degli impianti è in ogni caso possibile grazie anche alle possibilità economiche dei paesi europei.
Altro discorso, e anche altre problematiche, riguardano aree del nostro pianeta, quali l’Africa sub-sahariana ed alcune zone dell’Asia.
Ricerche condotte dal WWF hanno rilevato che negli ultimi dieci anni il degrado delle condizioni di vita e l’approvvigionamento d’acqua si sono ridotte, nelle aree rurali africane, del 2%.
Il 22 Marzo di quest’anno si è tenuta la giornata mondiale dell’acqua e tanto per citare qualche numero “uscito” da questa conferenza mondiale, vi posso dire che mentre un abitante del Madagascar dispone di soli 10 litri d’acqua al giorno, un americano ne dispone di 425. Noi italiani... fortunati, ne disponiamo di 237 contro 150 dei nostri cugini francesi.
Il problema acqua parzialmente sentito dagli europei è invece una questione di vita o di morte per le popolazioni dell’Africa sub-sahariana.
Questi paesi in via di sviluppo hanno un elevato tasso di malattie, causate in modo diretto e indiretto dall’utilizzo d’acqua o cibo contaminati. Malattie quali la malaria hanno un’incidenza di mortalità altissima.
Inoltre la mancanza d’acqua, sia essa potabile e non, scatena tra le popolazioni indigene conflitti che a volte degenerano in guerre.
Le maggiori vittime di questo stato di cose, sono i bambini, un quinto di loro soffre di una grave carenza d’acqua e per poter approvvigionarsi deve percorrere distanze di parecchi chilometri. Uno dei paesi più colpiti in questi ultimi anni dalla siccità è il Corno d’Africa: la pioggia torrenziale arrivata dopo sei mesi di siccità, non solo non ha risolto, ma ha aggravato la situazione.
Molte associazioni ed enti quali il WWF, l’ONU, l’UNICEF, l’AMREF, da anni raccolgono fondi a copertura di progetti per risolvere i problemi di minima sussistenza e sanità legati alla mancanza dell’”oro blu”. Uno di questi “Porta l’acqua” promosso dall’AMREF si propone la costruzione di pozzi, in modo da poter permettere una rete il più capillare possibile nella distribuzione dell’acqua potabile. Questa associazione finanzia i propri progetti tramite la collaborazione con aziende, dalla grande industria alla piccola impresa.
Un esempio di ciò può essere l’iniziativa presa pochi giorni fa a Milano dal locale Flying Circus e la sezione AMREF di questa città. Una serata, il cui tema era “un aperitivo per un pozzo”, ha devoluto 40% dell’incasso serale a favore della costruzione di questi serbatoi di vita.
Nella stessa serata ho avuto l’occasione di poter fare una mini-intervista a Sara Taglialatela, responsabile eventi e volontari Nord Italia di AMREF.
Un piacevole dialogo che riporto qui sotto.
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Mi puoi spiegare in poche parole il “lavoro sul campo” che l’AMREF svolge?
AMREF dalla fine degli anni ’80 si è impegnata in importanti progetti in Kenya, Tanzania e Nord Uganda. In quest’ultimo l’emergenza dei campi profughi, nati in seguito alla guerra, ha fatto si che le condizioni igieniche e umane siano a tutt’oggi a un livello a malapena sostenibile.
Si è impegnata nella costruzione di reti idriche nei campi già esistenti, , e nella collaborazione per la costruzione di nuovi campi profughi. L’obiettivo è ridurre al minimo il problema delle pessime condizioni di vita a cui parte degli abitanti di questo Paese sono costretti.
Ma, in generale, AMREF cos’è? Oltre alla costruzione di pozzi per il sostentamento idrico, di cosa si occupa?
AMREF è un’associazione atipica, in quanto è stata costituita, nel ’57, a Nairobi. Parliamo quindi di un’iniziativa rara, perché nata direttamente in Africa e non in Europa.
AMREF International è quindi un’associazione africana che nell’arco di poco tempo è riuscita a divenire fulcro di una rete molto più vasta, con molteplici sedi nel continente. Solo successivamente sono nate le sezioni AMREF europee.
Oltre ai progetti idrici, per i quali vengono dedicate serate come questa, l’associazione porta avanti altre iniziative quali ad esempio Flying Doctors, ovvero i “dottori volanti”, che intervengono nelle situazioni di emergenza e con programmi di visita e di vaccinazione.
Vi è inoltre un grosso progetto che si occupa delle giovani generazioni di Nairobi che crescono in bidonville, e ha come meta l’aiuto per migliorare le prospettive sociali e di vita.
Nel Sudan, dove vi è stata una guerra per vent’anni, AMREF si occupa della formazione di personale locale con il progetto di Scuola Assistenti Medici che forma figure professionali sanitarie intermedie che si possono collocare tra l’infermiere e il medico.
Per ultimo, in Turcana, che è una zona settentrionale del Kenya (confinante con il Sudan e l’Etiopia), sosteniamo il popolo nomade, la cui unica attività principale è l’allevamento di bestiame, ostacolato dalla carenza di acqua.
Che ruolo ha AMREF in Europa? E cosa vuole comunicare?
L’associazione cerca di mostrare la vera immagine dell’Africa, a volte stereotipata dagli europei. L’Africa è un continente vasto, con vaste potenzialità: l’aiuto che possiamo dare non è semplice “carità”, ma un sostentamento per la formazione in loco di personale e alla realizzazione di strutture locali che permettano tale lavoro.
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Permettetemi di concludere questo articolo con una licenza poetica, molto poco “giornalistica”.
Un pozzo è fatto di singoli mattoni e ogni iniziativa piccola o grande che sia, contribuisce alla sua realizzazione.
Non è possibile in poche righe scrivere tutte le problematiche legate alla mancanza d’acqua, ma vorrei poter sottolineare che il pericolo maggiore è l’uomo stesso.
Come nell’antica civiltà dei Maya, i conquistadores depredavano l’oro alla popolazione indigena, così ora l’uomo depreda il pianeta dall’oro blu.
Per saperne di più: www.amref.it
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