E’ un momento straordinario questo per il calcio. In un breve periodo si stanno avvicendando passioni ed eventi che coinvolgono l’emotività di gran parte degli appassionati di questo sport.
Da un lato il normale svolgersi di un Campionato Mondiale al momento senza punte di particolare eccellenza sul piano del gioco ma comunque in grado di scaldare gli animi e gli spiriti nazionali spesso applicati a sproposito a queste occasioni. Dall’altro, in Italia, affronta uno degli scandali più profondi e meno limpidi che abbia attraversato in poco più di cent’anni di storia.
La Juventus ovvero la squadra più amata e al contempo più odiata dagli italiani sta affrontando l’annus horribilis che probabilmente la porterà ad affrontare il periodo più nero della sua esistenza sportiva. Come se non bastasse i sentimenti juventini sono stati portati al diapason dal caso di Pessotto che ha svegliato le sensibilità più tenere ed umane della solidarietà e della pietà oltre che la solita spietata ricerca del torbido e del patologico che tanto attira la stampa nazionale. Insomma tutta la gamma dei sentimenti dell’animo umano è dispiegata su questo fenomeno sportivo di massa.
Evento nuovo? Forse no, visto che già qualche anno fa lo studioso e ricercatore inglese Desmond Morris pubblicò un libro, “La tribù del calcio” nel quale metteva a confronto i comportamenti, i riti, le mitologie del football con quelle tribali. “Il calcio – diceva Morris - considerato obiettivamente, è una delle più strane costanti di comportamento umano della società moderna”. Secondo Morris, gli esseri umani, nel lungo cammino dell’evoluzione, si sono trasformati da ‘cacciatori’ a ‘calciatori’, passando attraverso sport sempre meno sanguinari. Il calcio avrebbe dunque sostituito, a livello rituale, altri spettacoli di natura più drammatica, in cui il gioco consisteva nel sacrificio di un animale o di un gladiatore. Ecco quindi esemplificata l’attuale situazione: la tribù è concentrata intorno al suo totem e gli sciamani emettono i loro vaticini mentre il mondo percorre le solite strade dell’ingiustizia.
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