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Il decreto ‘Bersani’

Tassisti, Farmacisti e Avvocati in agitazione, perché?


Di G.G.

Tra quelli che reclamano modifiche, i farmacisti sono i più cauti. Il loro presidente Giacomo Leopardi afferma: “Non siamo favorevoli al decreto Bersani che riguarda la vendita dei farmaci da banco al di fuori delle farmacie, ma se il provvedimento deve andare avanti servono modifiche importanti”. La categoria ritiene punitiva la norma contenuta nel decreto Bersani che consente la vendita delle medicine anche nei supermarket, ma poi nei particolari ci si accorge che la loro preoccupazione maggiore è solo quella di non perdere mercato e che sia saltata la prassi di consultarli.

Gli Avvocati sono invece un poco piu agitati e hanno dichiarato uno sciopero delle udienze di tutti gli avvocati dal 10 al 21 luglio compreso. È prevista “l'astensione dalle udienze civili, penali e amministrative, salvi i procedimenti urgenti e garantendo i servizi essenziali nel rispetto della vigente normativa”. Invitano inoltre il governo ad eliminare "con stralcio dal testo, la parte del Decreto Legge che riguarda la professione forense, nonché le norme che dispongono riduzioni degli stanziamenti per la Giustizia". Ma il ministro della Giustizia Clemente Mastella, che nei giorni scorsi si era lamentato dell’incursione di Bersani nel suo orticello, durante il consiglio dei ministri ha messo le mani avanti, sostenendo che il decreto non incide “in alcun modo sugli ordini professionali e sull'autonomia degli ordini”. Sembrerebbe, e questo è interessante, che gli avvocati giovani abbiano colto gli elementi positivi e innovativi del decreto, mentre i “boss” abbiano storto il naso; resta però difficile avere l’esatta situazione perché gli ordini raggruppano un numero enorme di persone con idee molto diverse.

La protesta dei tassisti, più ampia e compatta, sembrerebbe svincolata dal controllo dei sindacati. Anche per loro la richiesta è il ritiro del decreto, ma quali sono i punti che ritengono non giusti e penalizzanti? Alla base del decreto c’è che le licenze sono troppo poche (Barcellona ha sei volte il numero di taxi per ogni cento abitanti rispetto a Milano, che è la città italiana piu dotata).
Ma la causa del dissenso si riconduce proprio a questo motivo. Le licenze, malgrado sia vietato dalla legge, vengono scambiate a cifre da capogiro, si parla di 200.000€: è un costo di ingresso molto elevato, che ha bisogno di 5-10 anni per essere recuperato, con un’incidenza di almeno 100€ al giorno. Mi sembra utile ricordare che anche per le licenze di commercio c’era un mercato del genere, che è stato abolito, con il decreto legislativo 114 del 1998 che ha cancellato le licenze di commercio di vicinato: per questo provvedimento nessun commerciante è fallito. Anche allora però chi faceva conto di lucrare sulla cessione della licenza si è lamentato eccome.

La carenza di Taxi, oltre che il loro costo che diventa assurdo nei piccoli centri, porta al fatto che l’uso del taxi è quasi esclusivamente “per lavoro”, perché difficilmente il privato per spostarsi ricorre al Taxi. Se il servizio fosse più accessibile, il tempo fermo delle auto bianche si ridurrebbe drasticamente, ma questo non permetterebbe di ripagare il costo da rapina delle licenze acquistate “fuori dalla legge”: è un serpente che si mangia la coda, e per questo occorre un provvedimento che con la forza imponga l’uscita da questo inutile loop; sulle cessioni c’è chi ci guadagna, e così si creano delle lobby che si sono sempre imposte per perpetuare il loro ingiusto lucrare.

Oggi sono disponibili tecnologie dell’informazione che permetterebbero di aumentare notevolmente la produttività di questo servizio, sia per il gestore, sia per il cliente, ma questo è reso impossibile dal perpetuarsi di queste potenti lobby: ricordo due applicazioni possibili, previste ma mai attivate: il “Taxi Collettivo” e i “Servizi Pubblici a Chiamata” . La prima è utilissima nelle grandi città, la seconda permette di sostituire nei microcentri abitati il servizio di linea con un servizio Taxi sovvenzionato, più economico ed efficiente del servizio di linea.

È evidente che le misure sui taxi di questo giustissimo decreto-legge dovranno essere accompagnate da interventi che affrontino tempestivamente la questione nel suo insieme, altrimenti si rischia uno scontro durissimo. È corretta l’impostazione del governo di non ritirare il decreto, ma di concordare le eventuali misure correttive. Le attuali organizzazione dei tassisti, però difficilmente possono proporre delle modifiche che non portino al mantenimento dello status quo, quindi occorre che si elaborino le proposte da parte di Governo, Regioni e Comuni, e le vie per farlo ci sono.

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