REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno II n° 15 del 07/09/2006 - LENTE DI INGRADIMENTO Un problema oggi alla ribalta |
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Tra le tante frasi che sentiamo nelle cronache dei questi giorni, da quando si parla di intervento italiano nel Libano, c’è quella di "disarmare Hizbulla".
br> La loro posizione è, se vogliamo, liberista, infatti affermano: «Noi non vogliamo che l’Islam si imponga in Libano con la forza, come fanno i maroniti oggi». Importante è l'affermazione: «Noi vediamo Israele come l’avanguardia degli Stati Uniti nel mondo musulmano. Questo nemico è il più grave pericolo per la nostra terra e per le future generazioni, perché esalta i piani di colonizzazione e il mito del Grande Israele dall’Eufrate al Nilo. (...) L’entità sionista è stata aggressiva fin dalla nascita e si è espansa a spese del popolo musulmano. Perciò la nostra lotta cesserà solo quando quell’entità sarà cancellata. Non riconosciamo alcun accordo, alcun armistizio, alcun trattato di pace. Condanniamo tutti i progetti di negoziato con Israele e consideriamo tutti i negoziatori come nemici, perché ogni trattativa non fa che riconoscere la legittimità dell’occupazione sionista in Palestina». Questo è il punto di partenza del movimento, ma non si ferma qui. Durante la guerra Iran–Iraq il braccio armato di Hizbullah produce preziosi servigi ad un Iran stremato dalla guerra e dall’isolamento politico. Gli Hizbullah fanno clamorosi rapimenti di occidentali in Libano e questi servono come moneta di scambio per costringere Usa e Francia ad onorare precedenti contratti di vendita di armi all’Iran e a scongelare i depositi iraniani nelle banche occidentali. Una volta cessato il conflitto Iran-Iraq, il ruolo strategico di Hizbullah cala per Teheran, i pasdaran stanziati in Libano vengono gradualmente ritirati. A questo punto avviene il cambiamento del movimento. I dirigenti Hizbullah capirono all’inizio degli anni ’90 che era il momento di occuparsi della politica interna libanese. Il partito si presenta nel 1992 alle prime elezioni politiche del dopoguerra ottenendo un discreto successo (circa il 10% dei voti). Questo corrisponde a due effetti: il primo di abbandonare l’idea dei fare del libano una repubblica islamica sul modello iraniano, l’altro di apparire come un elemento del sistema libanese. Per tutti gli anni ottanta il movimento sviluppa, accanto alla azione bellica e terroristica, un azione civile. Gilles Kepel, direttore di ricerca al Cnrs e responsabile del programma di dottorato sul mondo musulmano all’Institut d’études politiques di Parigi segnala che «per tutti gli anni Ottanta l’Hizbullah fece un grande lavoro assistenziale, soprattutto a favore dei giovani emarginati, attraverso la rete dei sacerdoti affiliati al partito e grazie al sostegno logistico e finanziario dell’Iran. Esso riuscì così ad unire due elementi costitutivi dei movimenti islamisti contemporanei: i giovani diseredati, la cui fedeltà si contendeva con Amal che li aveva mobilitati in una prospettiva più sociale e comunitaria che ideologica, e gli intellettuali estremisti, raggruppati attorno a un nucleo di giovani sacerdoti, autori del discorso e dell’ideologia militante capace di galvanizzare la massa dei seguaci con l’utopia di uno Stato islamico sconnesso dalla realtà del paese». Negli anni ’90 l’impegno civile si intensifica assieme al migliormanto degli armamenti. Oltre alla “forza armata” si realizzano asili, scuole, ospedali e tutto quello che uno Stato dovrebbe fornire e che invece non ha mai fornito a quelle popolazioni. Emerge quindi la sua figura di un partito–stato che coniuga la dimensione islamista radicale, portata dalla rivoluzione khomeinista che pone come obbligo religioso la distruzione di Israele e della liberazione con la dimensione nazionale, sia politica, sia e sociale. A questo va aggiunta la capacità di gestire contemporaneamente sul piano politico-militare resistenza e terrorismo, guerriglia e kamikaze. Emerge quindi la sua figura di un partito–stato che coniuga la dimensione islamista radicale, portata dalla rivoluzione khomeinista, che pone come obbligo religioso la distruzione di Israele e la liberazione, con la dimensione nazionale, sia politica che sociale. Queste caratteristiche rendono già difficile fermare questo movimento perché ha un appoggio forte nella popolazione. A questa posizione di forza sul territorio, si sono aggiunti successivamente gli interventi militari di Israele in Libano che hanno seminato morte e distruzione tra i civili, ripetuti anche nel mese scorso. Questo ha portano la popolazione a ritenere Hizbullah come l’unico difensore dell'indipendenza e della sicurezza delle popolazioni. L’intelligenza di questo movimento è stato di utilizzare una parte dei grandi fondi provenienti dall’Iran per il bene delle popolazione di non cadere nell'azione puramente terroristica. Allora come fermare questa potenza? Credo sia veramente difficile dare una risposta; è praticamente impossibile disarmare Hizbullah. Forse la via è da ricercare in una frase detta da George Walker, ex sottosegretario di Stato Usa: «Quello che ho visto fare ad Hizbullah è sparare contro militari e non civili israeliani... Alcuni segni fanno ritenere che Hizbullah offra sostegno ad altri gruppi che operano nell’ottica del terrorismo internazionale... Ma Hizbullah avvia anche moltissime iniziative buone, dalle scuole agli ospedali. Il Libano trarrebbe solo vantaggi, e con esso l’intero Medio Oriente, da una sua totale conversione in forza esclusivamente politica». Cioè per risolvere il problema si dovrebbe portare Hizbullah ad essere una forza politica più che militare, cosa difficilissima, ma forse più realizzabile del suo disarmo.
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