Nell’appuntamento precedente avevo prospettato la possibilità che la giustizia sportiva potesse risultare eccessivamente accomodante e così è stato.
La Juventus, anziché la prospettata retrocessione in C, si è ritrovata in serie B, pur con parecchi punti di penalizzazione, oltretutto ancora scontabili nel prossimo arbitrato. Lazio e Fiorentina sono state gratificate passando dalla B alla A con penalizzazioni e il Milan ha avuto un forte sconto che ha permesso alla società di disputare i preliminari di Champion League e intascare i milioni delle TV che trasmettono il campionato europeo, oltre a quelli dovuti alla semplice partecipazione. Moggi e Giraudo, i principali artefici dello scandalo calcistico, se la sono cavata con soli cinque anni di inibizione anziché la radiazione e, tra gli arbitri, i soli De Santis e Rodomonti hanno ricevuto un buffetto. Siamo finiti a tarallucci e vino, e poco c’è mancato che dessero pure i premi di punti in classifica, anziché le penalizzazioni. Altro che ridimensionamento del mondo del calcio!
Quest’estate, leggendo un interessante articolo che si riferiva al celeberrimo Indro Montanelli e ad un suo racconto scritto nel 1952, non mi sono meravigliato più di tanto del fatto che già allora il padre dei giornalisti italiani avesse previsto lo scandalo attuale.
Evidentemente sin da quei remoti anni la Juventus era accusata di “comperare” le partite; sin da allora distinti signori si accapigliavano nel tentativo di difendere la propria fede calcistica, dimostrando ancora una volta che il tifo obnubilisce le menti facendo perdere ogni razionalità.
Quella razionalità che non hanno mai avuto i dirigenti coinvolti in moggiopoli, altrimenti non avrebbero avuto il coraggio di fare ciò che hanno fatto e, soprattutto, di difendere a spada tratta il proprio comportamento giustificandosi con la difesa dei propri diritti esercitati per tutelare la società.
Come se le altre squadre non avessero subito danni dall’influenza dell’accoppiata torinese!
Tutti questi signori, anziché ostentare l’assurda arroganza di pretendere sconti e risarcimenti pecuniari per compensare i mancati introiti dovuti alle penalizzazioni, dovrebbero risarcire la Federazione per la figuraccia e lo scherno subito a livello internazionale. Per non parlare di tutti quei tifosi che per anni hanno pagato il biglietto e hanno giocato le schedine convinti di avere a che fare con uno sport e non con un sistema truffaldino che falsava i risultati.
Loro si, avrebbero diritto ad un sostanziale risarcimento per danni morali e pecuniari. A meno che non si decida di modificare i regolamenti del calcio e trasformarlo in una farsa sul modello del Wresling. Almeno lì sanno a priori chi è il vincitore perché ciò che conta non è chi vince, ma la capacità di generare spettacolo.
Il coraggio di Moggi
Certamente ci vuole una buona dose di coraggio (o, meglio, di incoscienza) per presentarsi in una TV pubblica e raccontare a ruota libera per più di mezz’ora la propria versione dei fatti senza consentire la benché minima replica.
Per la verità un giornalista ha tentato di introdursi, facendo notare che la sentenza, seppur annacquata, dimostrava ben altri fatti, ma è stato zittito brutalmente dal geometra.
Non contento di essersi proclamato super eroe su Rai2, ha insistito sulla propria innocenza anche su Antenna3, sostenendo pure che la gente era dalla sua parte. Ci mancava solo la beatificazione in diretta! Del resto, se Moggi non possedesse tale arroganza, non avrebbe agito per anni in modo da avvantaggiare la Juve e, ancor peggio, non si sarebbe auto convinto della propria innocenza.
Il delirio dovuto al potere porta anche a tali aberrazioni! Lo sanno bene gli psicologi! «Ricchezza e potere sono una droga: più ne hai, più ne vorresti.
A forza di vincere, chi ha successo può regredire ad uno stadio di delirio di onnipotenza perdendo il senso del limite e le capacità di distinguere il lecito dall’illecito». A tal punto da proclamarsi paladino in difesa dei diritti del popolo.
Ma quale popolo?
Tutt’al più di quel ristretto numero di super tifosi juventini che non riescono ad utilizzare la parte razionale del cervello, ma si affidano a quella più antica ereditata dai dinosauri dove i sentimenti prevaricano sulla ragione.
Oppure di quel numero ancor più limitato di individui che, avendo investito nelle azioni di borsa, vedono diminuire i propri investimenti a causa del crac economico legato alla retrocessione.
Tra l’altro, a ben guardare, la penalizzazione inflitta ai bianco-neri dovrebbe essere sfruttata in senso positivo perché potrebbe contribuire a risanare le casse della società apparse in deficit di oltre 20 milioni di euro.
Costretti a cedere i giocatori di spicco, hanno ottenuto il doppio vantaggio di ricevere notevoli indennizzi (rescissione del contratto) e di risparmiare sugli ingenti stipendi. O avrebbero preferito continuare in serie A con il rischio della bancarotta che li avrebbe spediti direttamente tra i dilettanti?
Una nota positiva
L’unico aspetto positivo della complicata faccenda è il fatto che nessuna delle società penalizzate sia ricorsa al TAR. O meglio, la Juve ha minacciato di farlo, ma solamente per ottenere un ulteriore sconto sulla penalizzazione. Se non altro questa rinuncia ha consentito di far partire il campionato nei tempi previsti. In caso contrario l’iter della giustizia ordinaria li avrebbe sospesi in attesa dei giudizi definitivi. Vale a dire campionato annullato!
A dire il vero, se non fosse per le altre società “virtuose” che avrebbero ricevuto un notevole danno, il pasticcio generato dagli stessi protagonisti del calcio avrebbe meritato di lasciarli a piedi per un anno. E non sarebbe stata una novità visto che in anni precedenti i campionati professionistici americani di Baseball e di Hokey (dove si concentrano interessi enormi ben superiori a quelli del calcio italiano) hanno subito un anno di stop per conflitti interni senza che i tifosi si strappassero i capelli. Tantomeno i giocatori che hanno approfittato della situazione per emigrare momentaneamente in Europa e mantenere i loro stipendi.
Si parte da un calcio ripulito?
Sarà difficile perché la vocazione degli italiani è predisposta alla corruzione. In ogni campo difficilmente si fa carriera senza raccomandazioni.
Se la gente avesse più stima di sé non si farebbe corrompere per un orologio, abbonamenti per lo stadio, sconti sulle automobili, possibilità di carriera e così via.
Altre persone, invece, pensano di essere intoccabili e approfittano delle debolezze umane per dettare legge ed ottenere illeciti vantaggi. Infatti tutti sapevano, ma nessuno ha avuto il coraggio di denunciare per paura di ritorsioni, per ottenere, a sua volta, favori illegali, per evitare le lungaggini della burocrazia e dei tribunali o, semplicemente, per non rischiare una condanna per diffamazione ad opera di abili avvocati assoldati dai potenti.
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