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Anno II n° 16 del 21/09/2006 TERZA PAGINA |
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Per conoscere Venezia bisogna perdersi nelle calli
Di Cricio
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“Per conoscere Venezia bisogna perdersi nelle calli”. Può sembrare un’assurdità, ma invece è vero. Qualunque turista va a vedere Piazza San Marco, il Palazzo Ducale, il ponte di Rialto... ma è questa Venezia? Sì, certo: sono i gioielli di Venezia, ma se ci si lascia portare dal caso, girando al primo cantone che incontri, in una calle stretta e poco frequentata, puoi trovare un’altra città. Se si cammina nelle calli invase dai turisti non si riesce neanche a vedere quello che ti sta attorno. Le calli sono piene di negozi, con vetrine piene di oggetti-ricordo più o meno preziosi, ma sempre oggetti-ricordo. Prova a lasciarti smarrire ed entra in un mondo diverso; le calli sono vuote, strette che ci si passa appena appena o larghe che si può stare affiancati, mai più larghe di così. Ma sono silenziose, solo lo sciabordio dell’acqua fa rumore accarezzando i muri di mattoni rossi, con gli intonaci scrostati o qualche volta il ciacolare di qualche veneziano, una parlata che sembra un canto, senza suoni gutturali, senza doppie, senza rotanti “r”. Girando così, puoi vedere molte cose della vera Venezia, quella dei veneziani. Tra muri scrostati di mattoni corrosi puoi trovare vasi di terracotta con piante rigogliose, o cespugli che spuntano tra le fessure delle pietre o ancora balconi fioriti con lanterne e porte d’ingresso contornate di pietra saggiamente lavorata. I fiori li trovi dovunque, se esci dalle zone invase dai turisti. Se la terra strappata alla laguna è poca e le case sono così vicine da far pensare che l’intimità delle famiglie sia compromessa, i veneziani si riapproprino della natura mettendo vasi di fiori ovunque, non c’è spazio senza fiori. Le calli si modificano di continuo, passi un sottoportego e ti ritrovi un uno spazio completamente diverso, dallo stretto sulla pelle a campielli da cui puoi vedere il cielo. Ma non devi guardare troppo il cielo perché spesso le calli finiscono in un canale, senza possibilità di sbocco. Sul canale si aprono gli ingressi “principali” delle case, porte decorate da rilievi in marmo, ferri battuti e portoni possenti in legno resistente all’acqua.
Venezia è laica, ma questo non impedisce che si trovino frequentemente, nei campielli, sull’angolo delle case o sopra le porte delle case, segni di devozione: piccole statue in pietra corrose ormai dal tempo, bassorilievi su lastre di marmo o edicole con immagini della madonna o di santi, sempre con fiori freschi che indicano una religiosità ancora viva nella gente. Per trovare la Venezia vera, quella che ancora vive sulla laguna, devi lasciarti trascinare fuori dalle zone vissute dai turisti, lì ci puoi andare alla mattina o alla sera, quando la maggior parte dei vacanzieri è rientrata ai propri alberghi nell’entroterra a Mestre o a Padova. Quelli che si possono sobbarcare la spesa di camere sulla laguna sono pochi, e generalmente non chiassosi; riservati, direi. Venezia è come una bella amante, sfianca chi la vuole penetrare. Saranno i continui saliscendi dei ponti, sarà la luce che ti colpisce gli occhi quando esci dalle calli buie, sarà che cammini in continuazione, ma a sera ti senti sfinito, e speri solo di poterti buttare in un accogliente letto, senza zanzare che turbino il tuo sonno Le foto sono di Giovanni Gelmini - ©Vietata riproduzione Vedi anche: anno II numero 18 / NOVEMBRE 2006 I ferri di Venezia di Cricio Argomenti: foto , fotografia , racconto , turismo , venezia anno III numero 1 / GENNAIO 2007 I turisti e Venezia di Cricio Argomenti: racconto , società , turismo , venezia |
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