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Sono arrivati i nodi della Riforma Berliguer

Appello agli insegnanti universitari!

Non abbassate i livelli dell’istruzione, ma prendete per mano i ragazzi e portateli fin dove devono arrivare...

Di Annamaria Gengaro

Mi vien da ridere…

Stavo lavandomi i denti dopo aver mangiato, quando ho alzato gli occhi incrociando il mio stesso sguardo nello specchio, ed ho visto quella particolare espressione da “gatto che s’è magnato er canarino” (espressione gergale che ben descrive la particolare soddisfazione per qualcosa che non sempre è colpevolizzante).

Erano i miei pensieri a mettermi quella strana allegria nella mente.
Avevo appena sentito che in alcune Università stavano facendo corsi speciali alle matricole, per insegnar loro a scrivere in italiano, senza quegli strani simboli che ormai viaggiano a valanghe nell’etere con gli sms, invadendo anche gli spazi da sempre territorio della corretta grammatica italiana, cioè la scuola.

La soddisfazione maggiore, però, mi derivava dal fatto che, dopo anni di lotte contro i x’ (perché) o i nn (non) o le k al posto delle ch, o del 7x8=48, o della mera ignoranza di termini come “malleoli” (identificati con le gonadi), o con definizioni tipo le “società oculente” o addirittura con l’ignoranza di parole come “consorte”, sono in pensione, e passo la mia frustrazione alle Università, che si troveranno a sbattere, sempre più forte, le corna contro un vero e proprio muro di superficialità, di arroganza, di anti-cultura.

Mille mie relazioni scolastiche hanno evidenziato “difficoltà di rielaborazione autonoma”, concetto espresso più esplicitamente con le parole “nella maggioranza degli allievi albergava l’idea che i compiti a casa fossero un “incidente” da risolvere nel più breve tempo possibile”, seguite da valanghe di altre parole a descrizione delle strategie utilizzate per “coinvolgere” gli studenti, in cui il termine “demotivazione” viene espresso sia nei confronti dei ragazzi che in quello di me stessa.

Chi dobbiamo ringraziare per questo stato di cose?
Sicuramente quella massa di cervelloni che ha trattato, a partire dagli anni ’70, la scuola come un’azienda improduttiva, che, quindi, doveva essere riorganizzata e rinnovata, come un abito fuori moda, con un fiocchetto qui ed uno lì, ed una accorciatina delle maniche, spingendo all’esaltazione di metodi didattici valorizzanti “la personalità”, senza tener conto che il cervello ha bisogno di costruire percorsi biochimici, chiamati memoria, tramite i quali poi sviluppare il processo logico.

Accidenti! E’ bellissimo dire “valorizziamo la personalità”, mettendo i bambini in condizioni di massima creatività, con cartelloni, pennelli, colori, strumenti ed ammennicoli vari, conducendoli solo verso l’ignoranza, estremamente creativa, ma priva di quelle capacità di lettura e riassunto che sono alla base dell’apprendimento.

Non voglio dire che la tortura delle pagine di quaderno piene di alfabeto ed i riassuntini quotidiani, oppure i sillabari colorati con l’A come Asino o la E come Elefante, fossero indispensabili a tutti, ma che sono stati certamente la vera salvezza per tutti coloro che, come me, avevano una piccola forma di dislessia, e che mi hanno sicuramente facilitato il metodo di apprendimento, addestrandomi a comprendere la parola scritta.

Il pensiero logico-matematico poi, è la vera vittima delle riforme. Infatti si pretende di far imparare ad un bambino, per prima cosa, le serie numeriche (2,4,6,8…) e, poi, farle sostituire dalle tabelline. Ma mica ci sono i files nel cervello umano! Non puoi chiudere un foglio di calcolo ed aprirne un altro utilizzandolo poi sempre al posto del primo! Così si spiega il famoso 7x8 = 48, che viene corretto dopo una manciata di secondi, il tempo per la serie fatta a mente sulle dita.

La scuola dei miei anni, in stretta collaborazione con la famiglia, abituava i ragazzi a lottare per ottenere dei risultati, a rialzare la testa dopo le sconfitte, a tirar su le maniche e pedalare duro.

La scuola di oggi, in stretta collaborazione con la famiglia, garantisce ai figlioli la mollezza e l’impunità, tanto da farmi leggere, su di un articolo di “Repubblica-on line”, in merito ad un diario volgare in vendita quest’anno: “I genitori soccombono di fronte alle insistenze dei figli e comprano diari come questo, ma si lamentano: ne denunciano la volgarità, si rivolgono alla Procura della Repubblica e scrivono ai giornali (lo ha fatto una mamma la cui lettera è stata pubblicata ieri - 19-09-06 - su Repubblica) per raccontare la loro resa di fronte ai figli, che senza quel diario si sentirebbero "diversi".

…LA LORO RESA?!? … Mio padre mi avrebbe rivoltata “come un calzino”, altroché!

L’errore parte da questo! Come può un genitore arrendersi alle richieste del figlio “per non farlo sentire diverso”? Dovrebbe, invece, fare una crociata per fargli capire che la diversità è un dono e che i pirla sono gli altri, che sono un branco di pecore belanti e che il non farne parte è un onore!

Ma poiché, quando i figli erano piccoli, per farli stare zitti concedevano loro tutto, (leggasi situazioni comuni nei supermercati) ora non sanno più tornare indietro! Le giovani Bestie, capita l’antifona, prevaricano i genitori con ricatti, urla o strepiti, ed i genitori si colpevolizzano anche perché “piove”, si calano le braghe e poi... ricorrono alla Procura della Repubblica...

E la scuola? La scuola si arrangia!
Le private, se hanno sufficienti richieste d’iscrizione, scelgono i migliori nel mazzo e, poi, verificata la situazione contingente, si tolgono dalle scatole i “rompi” promuovendoli purché se ne vadano in una pubblica. Le altre, invece, vivono con il metodo “pagando s’impara”, che conduce dritto dritto ai diplomifici di recente memoria, fregandosene di quel che succede.

E le pubbliche? Applicano tutte le strategie che riescono ad inventare, con risorse limitatissime e “volontariato” a gogò, lottando strenuamente contro dirigenti che non sarebbero capaci neppure di dirigere il loro indice sinistro alla narice destra, oppure al fianco di dirigenti che sputano sangue pur di ottenere quello che è loro dovuto, con docenti distrutti psicologicamente da anni di frustrazioni, contro famiglie che pretendono “il cambio dei pannolini al loro pupillo quindicenne”, contro adolescenti abituati a navigare in mari di petali di rose, che, alla prima onda, rischiano d’affogare, contro quell’analfabetismo di ritorno dovuto alle cause prima specificate.

Ora tocca all’Università! E’ in arrivo la generazione della riforma Berlinguer, se non erro, più colta di sicuro della prossima, quella della riforma Moratti, ma questo io non lo saprò mai, visto che mi godo il meritato riposo, curandomi la depressione, nata da anni di frustrazioni ed insulti alla mia intelligenza, e mi permetto di offrire un consiglio ai colleghi docenti universitari e non: non abbassate i livelli dell’istruzione, ma prendete per mano i ragazzi e portateli dove devono arrivare, senza pietà per le loro lacrime, ma trasmettendo loro la forza dell’amore per la disciplina che insegnate, e, se non ne siete capaci, andate a fare un altro mestiere!

Argomenti:   #cultura ,        #opinione ,        #scuola ,        #società ,        #università



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