L’autore di questo mito è Platone, filosofo greco del IV secolo a.C. Il mito esprime la realtà sociale dell’Antico Egitto, dove i potenti ostacolarono la diffusione dell’alfabeto. Infatti, la scrittura alfabetica è semplice: se tutti l’avessero imparata, non sarebbe più rimasta una conoscenza riservata ai sacerdoti e agli scribi, come al tempo dei geroglifici.
Udii che presso Naucrati, in Egitto, visse un tempo uno dei loro vecchi dei, a cui è sacro l’uccello che chiamano ibis; questo dio aveva nome Thot. E aggiungono che egli inventò i numeri, il calcolo, la geometria, l’astronomia e anche i giochi del tavoliere e dei dadi e per di più la scrittura. Faraone dell’Egitto era allora Thamus. Thot venne a trovare costui, gli mostrò le arti e disse che conveniva farne dono agli altri Egiziani. Il sovrano s’informò sull’utilità di ciascuna arte, e mentre l’altro gliene faceva l’esposizione, egli approvava ciò che gli pareva ben detto e disapprovava ciò che gli pareva negativo. Così Thamus fece a Thot, per quel che si narra, pro e contro ciascun’arte molte osservazioni che ci sarebbe voluto troppo tempo per ripetere.
Il dio Thot fu anche un dio creatore. La leggenda dice che, sotto forma di babbuino, stava originariamente seduto su uno sperone di roccia che emergeva dalle acque primordiali. Le lacrime che scendevano dai suoi occhi caddero ai quattro angoli del mondo e formarono quattro coppie di divinità che aiutarono a popolare la Terra.
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