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Letto per voi L’Eretico – romanzo di Alan D. Altieri - ed. Corbaccio Una trilogia catapultata nel 1600. Nessuna pietà, nessuno sconto. E oggi? Di Serena Bertogliatti
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La guerra è eterna.
La guerra non finirà mai. Terre della Germania, 1630 d.C. Inizio della fase svedese della Guerra dei Trent’Anni. Da dodici anni la guerra si perpetua, da quando nel 1618 i Protestanti si ribellarono di nuovo ai Cattolici con la Defenestrazione di Praga. Tutto sarebbe dovuto finire da tempo, quando Dio Cattolico e Dio Protestante avevano trovato un accordo: il sangue era stato versato, ma per sancire una pace. Ma oggi, 1630 nella Germania del Palatinato, gli eserciti continuano a marciare sui villaggi, le coltivazioni marciscono, la peste dilaga assieme alla povertà, i soldati alleati morsi dalla fame mordono la carne delle donne e bruciano quella degli uomini. Eretici. Ogni giorno che passa conia nuovi sinonimi per una sola realtà: devastazione. Bruciare, in nome di Dio. Gott mit uns. Forse anche Dio è morto, ma non la guerra, la guerra no, la guerra è eterna. L’Eretico, primo romanzo della Saga di Magdeburg, oscilla tra romanzo storico, trilogia fantasy e contemporaneo duro e crudo. Oscilla e si stabilizza, si ancora, e il pubblico acquista. Prosa attuale, veloce, cadenzata come tamburi di guerra – o come un esercito che incede - inarrestabile, privo di compassione, ingloba ogni avvenimento narrando tutto con la stessa, distaccata, atrocità. Dell’epoca romanzata di romanzato c’è ben poco, e gli unici Intoccabili a cui l’autore concede una certa integrità sono gli antieroi. Il nemico, insomma, sviscerato ed esposto rivelando che è umano quanto l’alleato, forse persino di più. Molto di attuale, se si vuole attualizzare, affiora da L’Eretico. Una guerra detta di religione, che fa sospettare che il Dio nel cui nome si uccide altro non sia che il potere. E il caso, a volte. La Fede si rivela essere una passione, totalizzante e accecante, disposta a divorare ogni cosa pur di saziarsi, una passione più folle di quelle punite sui roghi, e i roghi che l’autore ci presenta sono tanti. Folli e ingiustificati. La pira viene accesa con lo stesso entusiasmo con cui si cura il fuoco di un banchetto in un giorno di festa, in cui cucinare carne. Tanta carne, mentre pochi metri più in là si brucia l’eretico, sua moglie e i suoi figli. E il suo cane sventrato. Le urla dei peccatori si mescolano alle risa degli ubriachi punitori e ci sono momenti in cui, birra alla mano deglutendo esaltazione, occhi annebbiati dal vino e dalla cenere, confondendo nei canti il nome di Dio con quelli del Diavolo, è difficile capire cosa sia esattamente quel grosso animale infilzato, ben oliato e speziato, che sfrigola sulle braci. Non è né un maiale né una vacca, troppo grande per essere selvaggina, troppo piccolo per essere un bue. Forse è... Si distolgono gli occhi, ci si fa il segno della croce, e si evita di capire se veramente, come per un attimo era sembrato, quella era la carcassa di un uomo. C’è molto di attuale, ne L’eretico, e si riversa nel punto di vista. Distaccato, da cronaca, e spietato. Telegiornale in presa diretta sui massacri perpetuati nel mondo; senza filtro e senza censura. Il popolo descritto assiste alle pubbliche punizioni con la curiosità a sbarrare gli occhi, formicolante sulla punta delle dita. Il popolo, infine, partecipa in prima persona. Follia di massa. O forse no, non è follia, è solo guerra. Dall’alto, dai vertici del potere temporale e spirituale, arrivano parole e ideali. La Chiesa, sommo potere spirituale, invoca la giustizia dell’unico vero Dio. Piazza San Pietro, regno in terra del regno dei cieli, è un cimitero di volatili le cui guardie, vestite dalle arlecchinesche uniformi, puntano i fucili in direzione del cielo, e sparano. Tutto il giorno. Hanno l’ordine di abbattere ogni volatile che osi porre piuma sopra alla Santa Sede. Gli spagnoli ci spiano. Ci sono spie spagnole ovunque, ovunque! Carcasse di volatili cadono sfracellandosi a terra mentre le guardie le raccolgono e le accatastano. Ecco il luogo in cui vengono mosse le pedine. Le pedine, intanto, sono nei campi di sterminio a cielo aperto in Germania, schierate in due fazioni che allo stesso modo si dicono dalla parte di Dio, dalla parte della Giustizia, e allo stesso modo uccidono e muoiono. Il filo conduttore è un uomo. Somigliante a un demone, detto eretico. Cavaliere dell’Apocalisse che conosce la Terra delle Lacrime, l’Oriente. Quello delle daikatana e dell’assoluzione dei sensi, dell’assoluzione dello stesso concetto di peccato. L’Eretico. Un personaggio decisamente atipico rispetto all’ambientazione. Un inno zen in piena controriforma, che livella ogni religione a una placida orientale visione del mondo. Un elemento estraneo, in ogni senso, dall’arma letale che non lascia testimoni, indescrivibile moralmente: né buono né cattivo. Forse, semplicemente, in qualche modo giusto in un mondo in cui la giustizia è poco più che un vessillo stracciato dal vento. I suoi comprimari sono mastini del potere secolare e spirituale. Reinhardt Heinrich, magravio della casata dei Dekken: nemesi dell’eroe, nemesi anche dell’antieroe orientaleggiante. Reinhardt è follia spirituale arroccata in una terra intoccabile, i cui confini nessuno osa oltrepassare. I Dekken non fanno prigionieri. Reinhardt si erge come primo paladino di Dio – un Dio spietato la cui misericordia è sulla punta delle spade e nella polvere da sparo. Nessuna carne verrà risparmiata. Jan van der Kaal, comandante della Falange di Arnhem. Il loro stemma è un teschio, le orbite attraversate da una serpe. Non solo morte, ma ciò che si annida là dove la morte trionfa. Sono mercenari, i reiter della Falange, adoratori del dio denaro, della virtù della crapula, della madonna dei bordelli. Pochi ideali, tanti fatti, e nulla rimane di ciò che incrocia il loro cammino. C’è il tenente Caleb Stark, tra di loro, ed è lì perché non gli è rimasto null’altro. La falange ha falciato via la sua famiglia: violentato le donne, depredati i corpi – come da norma. E Caleb, per rimanere in vita, si è unito ai carnefici; è stata questa l’unica scelta che l’epoca gli ha concesso, anche se... Non ha alcun senso. Nulla ha senso di ciò che i suoi occhi vedono, né di ciò che le sue mani fanno. Non avrà senso neanche seguire una strega scampata dal rogo, Mikla, salvata da un eretico dal cranio rasato e dal corpo coperto di tatuaggi e cicatrici. Nulla ha un senso, ora che Dio è morto, ma si continua a procedere lungo la Lutherweg, la strada di Lutero, mentre si fugge o si rincorre qualcuno. Non c’è tempo per pensare, per capire, e chi muove le regole della guerra è troppo distante dai campi di battaglia per capire. Molto di attuale, ne L’Eretico. Della Saga di Magdeburg è ora in commercio il secondo libro, La Furia. Argomenti: #libro , #recensione , #turner Leggi tutti gli articoli di Serena Bertogliatti (n° articoli 43) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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