In questi giorni i giornali si sono occupati del caso del ragazzino down che ha subito violenze dai suoi compagni di classe. Il fatto raccapricciante è stato filmato e messo a disposizione su google (tra i “video divertenti”), motore di ricerca più avanzato e più utilizzato dagli utenti di internet. Il caso di per sé conduce ad un’attenta riflessione sul fenomeno del bullismo, di cui ci siamo occupati spesso e di recente nelle pagine di questo giornale. Oggi, invece vorremmo cercare di analizzare un altro aspetto della questione, che è emersa oggi ma si presenta ogni volta con gli stessi problemi. Quando la rete è veicolo di trasmissione di video ed immagini crudeli, violente, indecenti e perverse, il problema esiste e non si può continuare ad ignorarlo. Non si vuole con questo demonizzare internet, ma è evidente che esistono lacune e problemi nella fruizione del mezzo, quali l’anarchia che lo governa, i danni provocati da una scarsa e lacunosa disciplina del settore, la difficoltà di identificare e punire i trasgressori del diritto.
Internet, si sa, è fenomeno globale, è un sistema di comunicazione innovativo: rompe gli schemi tradizionali di interazione, diviene il grande luogo della discussione, perché scompaiono le gerarchie esclusive e chiunque ha il diritto di parola e di intervento. Il cyberspazio, come lo chiamano gli esperti, si regge sull’indipendenza e sulla libertà. La parola d’ordine è creatività senza imposizione di limiti. Non solo parole e pensieri, ma anche video, immagini e suoni sono a disposizione di adulti e bambini. Chiunque può usare la rete per indagare o per conoscere, per curiosare o per studiare, per giocare o per informare. Gli aspetti positivi sono tanti e vanno riconosciuti. La mole di dati, di informazioni che Internet mette a disposizione per gli utenti del globo è ricca, smisurata, vasta e spesso purtroppo fuori controllo. È proprio qui che nascono le complicazioni. I problemi determinati da un sistema libero e incontrollato possono costituire un danno grave per gli individui e in generale per la società. E Internet da mezzo tecnologico di un’utilità irrinunciabile diventa strumento di tecnologia sporco e pericoloso.
Tutto quello che è tecnologia e progresso non è eticamente buono, né sempre legittimo, né indistintamente condivisibile. Navigando si può inciampare facilmente in siti pornografici, immagini e giochi violenti, siti on-line razzisti e intolleranti. La degenerazione di questo sistema è sotto gli occhi di tutti. Il problema è venuto fuori in tutta la sua gravità con il fenomeno della pedofilia. Anche oggi però si riflette con il caso spaventoso del video del bambino down, picchiato e deriso, diffuso on-line. Ma come è possibile che ciò accada? Perché in rete è consentito ed è lecito tutto? Forse perché in rete è più complicato identificare i colpevoli o i trasgressori o forse perché è più facile sfuggire a sanzioni e controlli? Sembra proprio di sì.
Internet necessita di una disciplina giuridica uniforme ed efficace, perché è troppo imponente il ruolo che esercita nella vita di tutti i giorni. Internet va governato quando si superano i limiti della decenza e del buon senso. Giovanni Sartori, politologo e studioso dei cambiamenti della società e del diritto, sostiene che sono numerose le preoccupazioni che riguardano una disciplina giuridica della rete. «Si tratta di voci provenienti dai governi interessati a controllare la rete a fini di polizia (prevenzione del crimine e in particolare del terrorismo), a censurare alcuni tipi di informazioni (materiali attinenti alla pedofilia, alla pornografia, all'incitazione all'odio etnico o razziale, alla propaganda nazista, ecc.), a controllare il dissenso politico e sociale. Altre voci, ancor più forti, sono giunte dalla comunità degli affari, e hanno richiesto (e ottenuto) facilitazioni per il commercio elettronico, la protezione di marchi e segni distintivi, l'energica tutela della proprietà intellettuale. Infine, voci motivate dalla preoccupazione per i diritti di libertà hanno richiesto la protezione della privacy on-line, la conservazione delle utilizzazioni libere (fair use) dei prodotti culturali (la conservazione dei CD cultural commons), e più in generale la garanzia che Internet rimanga un ambiente nel quale esercitare in sicurezza diritti civili, sociali e culturali». (tratto da Giovanni Sartori, Il Diritto della rete Globale, Introduzione
Ma non è così facile trovare consensi su una regolamentazione della rete. Infatti molti sono coloro che si oppongono perché ritengono che Internet debba conservare la libertà che lo contraddistingue, perché garantisce l’anonimato, perchè è il mezzo più vicino ad una concezione ampia di libertà d’espressione e di democrazia. Inoltre la sua intrinseca caratteristica [è la] mutevolezza e la sua dimensione estesa rende difficile prevenire e limitare. È anche per le peculiarità del mezzo che diviene estremamente difficile l’applicazione della normativa riferita ai mass-media tradizionali. Come si potrebbero identificare i soggetti attraverso la delocalizzazione? E a quale giurisdizione fare riferimento? Allo stesso tempo però non si può nemmeno considerare la rete come una sorta di zona franca lontana da qualsiasi controllo giuridico. Soprattutto quando a scamparla sono i responsabili di crimini informatici, di violenze e di truffe. È opportuno avere una maggiore chiarezza circa la responsabilità degli operatori Internet o Provider cioè i fornitori dell’accesso a Internet. Per questi soggetti si pongono oggi diverse questioni di responsabilità rispetto a violazioni compiute sulla Rete in prima persona o da parte d’utenti che fanno uso delle loro piattaforme tecnologiche e dei loro servizi. Il problema sorge in merito alla responsabilità penale piuttosto che a quella civile. Ma la responsabilità penale è personale. Questo principio normativo sancito dalla nostra costituzione si scontra, come sopra menzionato, con la difficoltà e quasi impossibilità di identificare il soggetto, al quale viene garantito tramite internet l’anonimato e la possibilità di agire a distanza non importa dove si trovi. Esiste in ogni caso il problema della veridicità dei dati che l’utente ha dato al momento della registrazione. Come è possibile individuare l’autore dell’illecito se questo non ha alcuna intenzione di farsi riconoscere? L’ISP (Internet Service Provider) in questo caso ha responsabilità differenti a seconda che sia esso il responsabile dell’illecito, e qui l’individuazione e la sanzione è certa. Ma esiste anche una responsabilità concorsuale all’illecito, in quanto presuppone che l’ISP sia a conoscenza del fatto che qualcuno compie illeciti attraverso la propria infrastruttura tecnologica ed abbia consapevolmente fornito l’accesso a dati illeciti immessi da altri. Il giurista Gianluigi Zarantonello, sul sito www.comunitazione.it [qui è in corsivo e non so se va messo codice], dice che «anche ammettendo che il Provider sia a conoscenza di tali illeciti, quali sono i suoi margini di intervento? Parte della dottrina sostiene che se l'ISP è a conoscenza del contenuto illecito delle pagine ospitate è un suo preciso dovere l'eliminazione dei contenuti illeciti attraverso l'oscuramento e la cancellazione delle pagine incriminate. Questa ipotesi però non pare attuabile in virtù del fatto che il Provider stesso non ha l'autorità di eliminare qualcosa che, dal punto di vista del diritto di proprietà, non gli appartiene, visto che il contratto di hosting (o di altro tipo di servizio) tutela la proprietà intellettuale dell’utente finale». In Italia la legge 70/03, di attuazione della direttiva 2000/31/CE fornisce un'unica certezza: resta l’obbligo di denuncia all’autorità competente previsto dall’articolo 17, comma 2, lettera a), che ha il potere di ordinarne la rimozione.
Una disciplina adeguata deve partire quindi anche dalla collaborazione degli stessi operatori. Solo così si può arrivare a formulare una disciplina chiara e trasparente circa gli obblighi in capo a operatori di rete riguardanti la divulgazione di contenuti illeciti e la verifica di materiale pubblicato dai propri clienti/utenti. In questo modo si potrebbe garantire la collaborazione con l’autorità giudiziaria per combattere i responsabili dei siti con contenuti illegali dalla pedo-pornografia al gioco d'azzardo passando per la violazione della proprietà intellettuale.
Il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie ha messo a disposizione sul portale Italia.Gov.it, un filtro gratuito per tutelare i minori che utilizzano Internet e contribuire così ad un uso consapevole della rete. Questo è un buon punto di partenza.
Ma come al solito tutto dipende da dove si vuole realmente arrivare e con quale impegno…
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